di Michele Pizzillo
Tra Veneto, Sardegna, Campania e Alto Adige, lo chef Borghese, nelle vesti di giudice unico del suo programma tv “Alessandro Borghese 4 Ristoranti”, preferisce la cucina veneta.
In particolare, la polpetta che, visto il verdetto finale, ha avuto modo di apprezzare nella sua ricetta più classica con carne e verdure, proposta dal Tàscaro che Sandra Tasca ha aperto a Milano l’8 febbraio del 2019, aggiudicandosi così la vittoria dell’ultima tappa del ciclo di episodi del format prodotto da Banijay Italia e andato in onda su Sky Uno e NOW TV e sempre disponibile on demand. L’ultimo episodio format era tutto dedicato alla cucina regionale, con l’autenticità di quella veneta a colpire il palato e il gusto di Borghese e, permettendo a Sandra Tasca di aggiudicarsi la vittoria e i 5mila euro da dedicare alla ristrutturazione del locale, che non sarà più dove è stato registrata la puntata della tappa milanese, visto che Sandra ha deciso di trasferirsi in un altro quartiere di Milano, dove riaprirà il suo locale che ripropone un autentico bacaro veneziano, un misto tra osteria e trattoria, dove si servono ombre e cichèti e si vive il clima familiare di quartiere, con la giovane imprenditrice che incarna le veci del vero e proprio “Oste”.
Eppure Sandra non nasce oste perché è laureata in storia e critica per il cinema e approdata a Milano dalla vicentina Marostica, nel 2007 per un master proprio in questo settore. E, inizia a lavorare in una società che organizza eventi musicali, dove comincia ad interessarsi pure del catering, cominciando così a provare la sua sfrenata passione per la cucina – eredita dal padre, che però è medico e custode di un prezioso ricettario di famiglia -, perfezionata con la conoscenza di tutti i segreti dei cibi visto che gli zii, proprietari di un negozio di alimentari, erano soliti portarla con loro quando andavano a fare acquisti direttamente dai produttori. Le proposte di Tàscaro sono estrapolate da questo prezioso ricettario di famiglia, come pure i quattro piatti presentati nel corso del programma tv che hanno “fulminato” Borghese: trippa in umido, baccalà mantecato, fegato alla veneziana e le tipiche sarde in saor. Piatti semplici e tradizionali, resi ancor più speciali proprio dal segretissimo ricettario della famiglia Tasca: ingredienti, procedimenti ed istruzioni con i quali Sandra custodisce la vera tradizione, con autenticità e fedeltà, aspetto molto molto apprezzato da Alessandro Borghese e determinante per la vittoria.
Il commento di Sandra è quello di “essere felice che il lavoro di questi anni sia stato premiato da Alessandro, uno chef molto preparato e sincero, che ha colto l’autenticità del locale e il suo legame con la vera tradizione Veneta. Tàscaro abbraccia le mie radici e in particolare la cucina veneziana della mia nonna Edera. Il locale, nato da un’idea portata avanti con e per mio padre è casa, passione, amore e ricordi e oggi più che mai sono fiera dei risultati e dei traguardi raggiunti, anche attraverso una azienda di consulenza per la ristorazione che ha costituito quando ha deciso di fare della passione una vera e propria attività professionale. Adesso che ha deciso di lasciare il quartiere milanese attorno a Porta Venezia, alla giovane imprenditrice (o, meglio, oste?) veneta si presenta un’altra sfida che è quella di ripartire in un’altra zona della città, che preferisce non rivelare per non sciupare il sapore della sorpresa; una sfida che non la spaventa perché è sicura di trascinarsi anche in questa nuova location, più grande e con la possibilità di allestire tavoli anche all’esterno, tutti quelli che frequentavano il primo Tàscaro perché amano l’anima del bacaro e apprezzano lo street food fatto di baccalà mantecato, sarde in saor, polenta e trippa come da migliore tradizione veneta, accompagnati dal vero spritz veneziano. E, poi, lei ha l’orecchio abituato ad ascoltare i commenti dei suoi ospiti, estrapolando tutte quelle idee che possono migliorare l’offerta e l’atmosfera del sua bacaro. Come, per esempio, la continua proposta delle novità che riguardano il vino e quindi, una carta molto mobile – tranne cinque vini che sono ormai dei classici -, con poco più di una ventina di etichette.