Il mercato del vino pesa per il 17% sulle vendite complessive del settore “beverage” nel nostro Paese.
L’emergenza sanitaria da Covid-19, il distanziamento sociale, il tendenziale calo dei consumi interni, parallelamente al deciso aumento della domanda statunitense, ha fatto scivolare l’Italia al terzo posto tra i Paesi consumatori. Si beve meno e con maggiore qualità – con un vero e proprio boom dei vini biologici e la leadership salda nelle mani della Sicilia, che, con 36mila ettari rappresenta il 34% della superficie vitata più estesa d’Italia – ma il tasso di penetrazione resta pari all’84% degli italiani. E’ quanto emerge da una ricerca della Rome Business School, la business school a maggior presenza internazionale in Italia con studenti provenienti da 150 Paesi e parte del network Formación y Universidades creato nel 2003 da De Agostini e dal Gruppo Planeta.
Il Lambrusco si conferma il vino più popolare d’Italia, primo in termini di volumi, seguito a ruota dal Chianti, che però detiene il primo posto per vendite in valore. In merito a bianchi e bollicine: Franciacorta, Pinot, Chardonnay e Vermentino Sardo. Tra i vini emergenti, invece, spopola il Lugana, piazzandosi saldamente in prima posizione, seguito dal Primitivo Pugliese e a cascata dalla Passerina Marchigiana, dalla Ribolla Gialla Friulana e dal Negroamaro della Puglia. Dal punto di vista regionale, lo studio evidenzia nel 2019 il forte progresso di Sicilia (+2.4% al 45.5%) e Sardegna (+1.4% al 49.4%), che sono comunque in fondo alla lista per penetrazione di consumo. Tra le regioni invece con i consumi più importanti, si nota un calo dell’Emilia-Romagna (-1.4% rispetto al 2018, al 61.1%), che comunque resta la prima regione italiana in questa classifica. Secondo una stima su dati Istat è emerso come nel 2020 le regioni italiane con il più alto tasso di consumo di vino siano Valle D’Aosta, Toscana ed Umbria, mentre il tasso più basso di consumo di vino (e birra) è relativo a Toscana ed Umbria.
C.d.G.