di Roberto Chifari
A Messina, il lago salato di Ganzirri è un luogo da tutelare e salvaguardare. Tanto che è stato inserito dal Fai (Fondo ambiente italiano) tra i siti di maggiore interesse nel messinese.
Il toponimo Ganzirri deriva probabilmente dall’arabo Gadir, ovvero stagno o palude. Ed è tutta la zona che nell’antichità era paludosa, una situazione che cambia solo con l’avvento dei primi nuclei abitativi. Con l’arrivo degli inglesi nell’Ottocento il lago è stato parzialmente bonificato. A Ganzirri in realtà, i laghi sono due: il Grande e il Piccolo. Le acque del lago sono in comunicazione con il mare adiacente per mezzo di canali, alcuni fatti costruire dagli Inglesi intorno al 1830. Il più importante è il canale Catuso. Ma i due laghi oggi sono stati rivalutati grazie al lavoro degli acquacoltori che qui hanno deciso di allevare cozze e vongole, che poi vengono esportate nel resto dell’Isola e d’Italia. Un lavoro incessante di pulizia del lago dalle alghe, un mestiere però che col tempo si sta perdendo perché il ricambio generazionale non c’è e a custodire il lavoro sono rimasti in pochi.
Intanto alcune associazioni promuovono il territorio attraverso la riqualificazione di entrambe le aree, tramite percorsi naturalistici (bird watching ed escursioni intorno ai laghi). A Ganzirri abbiamo voluto conoscere di persona chi ogni giorno lavora per coltivare le vongole, ma soprattutto chi cerca di tutelare un bene ambientale dall’incuria e dal degrado, perché il pericolo più grande per questo lago sono proprio le alghe che soffocano la vita marina del lago. L’incessante lavoro degli acquacoltori oggi permette, da un lato di avere un lago perfettamente pulito e vivo e dall’altro di proseguire su un mestiere che si sta lentamente perdendo e che coraggiosi acquacoltori cercano di mantenere vivo. Ma non c’è soltanto il lago a rendere la zona interessante, perché ad una manciata di chilometri, nell’area della Riserva Naturale Orientata della Laguna di Capo Peloro, c’è il punto più vicino tra Sicilia e Calabria, appena 3 chilometri e 300 metri. In questo punto dovrebbe sorgere il Ponte sullo Stretto. La sua eventuale costruzione prevederebbe l’abbattimento di tutto il borgo e una nuova bretella autostradale per collegare Capo Peloro a Messina e all’autostrada A20 e A18.
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