di Luciano Bertello
Alla Trattoria Italia di Serralunga d’Alba, è Maria Grazia Anselma a custodire un luogo che è parte della scenografica bellezza del paese, nonché un fortino della più autentica tradizione della tavola di Langa.
Maria Grazia ha il tratto accogliente e il piglio fabbrile della vera ostessa, eredità di una storia famigliare avviata nel 1920 in locali di affitto, prima adibiti a farmacia e, con ogni probabilità, appartenuti ai Cappellano. I suoi piatti dialogano con Vigna Rionda e hanno il sapore del mito: fondato dai nonni Felicìn e Franchina, soprannominata Franchina di tajarìn, e rafforzato dai genitori Rosina e Giaculìn. Vigneron, oste, mediatore di uve e di cascine, il papà figura tra i patriarchi della Langa del barolo, di cui conosce ogni singola zolla. Non a caso, è proprio alla Trattoria Italia che il 5 novembre 1967 si tiene il “1° Capitolo dei Cavalieri Fondatori” dell’”Ordine dei Cavalieri del Tartufo e dei Vini d’Alba”, con un menù di assoluta purezza gastronomica langhetta: carne cruda, tajarìn dI Langa, fritto misto, toma, bonèt. Qui, i tajarìn sono un topos culturale. Anzi, sono la Langa: impastati, tirati e tagliati a mano. Autentici.
Maria Grazia rifugge la retorica ed è restia nel dare rigide ricette: “I nostri ingredienti sono farina, uova, e un pochino di semola. Il rapporto tra tuorli e albumi cambia con le stagioni. Nel periodo invernale non servono albumi. Forse, non ho mai usato le stesse dosi: giacché tutto dipende dal “tempo” e dalla sensibilità personale nel creare e cogliere l’armonia dell’impasto. Da mio papà ho capito l’importanza dell’acqua di cottura. Della mamma ho ancora il mattarello, che tengo di ricordo. E’ un elogio a quelle che sono le due doti principali per chi sta in cucina: la manualità e la passione. E per nulla al mondo rinuncerei al mio vecchio coltello: è la firma dei miei tajarìn”. Nata, cresciuta e vissuta in osteria, Maria Grazia ha anche i tempi e i modi del racconto che sanno di osteria di Langa. Le parole sono sobrie ma evocative: la locanda dei nonni e le cure dell’uva a base di dolcetto (“arrivavano da Alba in calesse e si fermavano una settimana”); le pesche ripiene che richiamano un paesaggio agrario antico; la tradizione dei ravioli quadri (“quelli del plìn qui non si facevano, sono arrivati dall’Alta Langa”) che da piccolina può solo mettere a posto; Gino Veronelli che è di casa; l’ospitalità genuinamente famigliare; la cucina e il barolo che, di fronte alle luci della ribalta, devono fare attenzione a non perdere l’anima.
I 100 anni della Trattoria Italia sono la storia della civiltà della tavola di Langa nel passaggio dalla malora al mondo. Ma, per Maria Grazia, la tradizione è un dogma e i sapori tipici della Langa del barolo ci sono ancora tutti: dal vitello tonnato ai peperoni con la bagna caoda, dai tajarìn ai ravioli, dal brasato al barolo al fritto misto, dal bonèt (ancora cotto a bagno Maria) allo zabaglione (“che, qui da noi, un tempo si faceva perlopiù al barolo, raramente al moscato, al massimo con marsala”). Inarrivabile è il semolino dolce, mentre il coniglio con peperoni e verdure è un modello di cucina casalinga. Poi, Maria Grazia presenta l’orgoglio e l’emblema della storia secolare dell’osteria: i tajarìn. Biondi come il grano maturo, raccolti “a nido”, architetture arcane e modernissime. Gli occhi di Maria Grazia, prima veloci come il suo pensiero, si acquietano. Permettendo di assaporare il fascino antico della trattoria e della locanda. Dove, da sempre, i turisti sono ospiti ed entrano nelle fotografie della famiglia. Un patrimonio culturale di cui la Langa deve andare fiera, rendendo onore alla famiglia Anselma.
Trattoria Italia
Piazza Maria Cappellano, 3/A – Serralunga d’Alba (CN)
T. 0173 613114
Chiuso: lunedì
Ferie: variabili
Carte di credito: Tutte
Parcheggio: sì