di Giorgio Vaiana
Per uno sempre in giro per l’Italia e per il mondo la quarantena forzata (e doverosa) è stata un po’ uno choc.
Lo conferma lo stesso Marco Simonit che raggiungiamo telefonicamente mentre si trova nella sua casa di Cormons in provincia di Gorizia. “Questo fermo doveroso per le persone abituate a stare fuori per lavoro, anche parecchio tempo, come me, è stato davvero strano – racconta – L’aspetto positivo è quello di potersi vivere e godere la famiglia appieno”. Ma la quarantena è anche il periodo della riflessione: “Lo faccio tanto in questi giorni – dice Marco – Probabilmente fino a poco tempo non ci rendavamo conto di tante cose, ci sembrava tutto normale. Invece adesso siamo consapevoli del nostro approccio alla vita e di quanto contino i rapporti con gli altri”. Marco si trovava a Londra quando in Italia stava “scoppiando” l’epidemia. “All’inizio l’avevo presa un po’ alla leggera – dice – Poi ho compreso che la situazione era davvero drammatica e sono rientrato. Sono rimasto in quarantena per quindici giorni da solo, senza la mia famiglia, perché avevao paura avendo volato e avendo avuto contatti con tantissime persone. Poi mi sono chiuso in casa con loro”.
Lui ha interrotto la sua attività lavorativa quando è uscito il decreto del premier Giusepep Conte lo scorso 10 marzo. E la sua vita lavorativa è cambiata. “La vigna non si può fermare – dice – ma in generale il mondo dell’agricoltura non si può fermare. La terra ha sempre bisogno della presenza dell’uomo per andare avanti e produrre”. E quindi servono nuovi metodi: “Abbiamo clienti in tutto il mondo – dice Marco – ed è impossibile essere fisicamente presenti ovunque. Quindi già utilizzavamo delle piattaforme apposite, come whatsapp, facetime o skype, per avere contatti visivi e vedere come procedevano i lavori a migliaia di chilometri di distanza. Non sempre ci riusciamo perché spesso dove ci sono le vigne c’è poco segnale, ma quello che era diciamo per noi solo un check, solo un modo per scambiare una battuta con il cliente, adesso diventa fondamentale per il nostro lavoro”. Già, perché questa sorta di televavoro, opopure per dirla in maniera figa, questo “smart working” adesso per il team di Marco Simonit diventa fondamentale: “Uno strumento importantissimo – dice – Tanto che, e ve lo rivelo in anteprima, stiamo prediponendo le lezioni della scuola italiana di potatura online, sia per la parte teorica che per la parte pratica”.
La sessione invernale si è conclusa da qualche tempo. Sarà impossibile riprendere con la sessione primaverile. Ed ecco allora che viene in soccorso la tecnologia. Simonit sta predisponendo un portale iin cui ci saranno le leizioni che gli studenti potranno scaricare e vedere da casa. E anche le lezioni pratiche, in vigna, si svolgeranno con un cellulare. Da un lato ci sarà lo studente, dall’altro Simonit (o chi per lui) che assisterà e guiderà gli inteventi in vigna. “Questo stop forzato mi ha fatto riflettere anche sul nostro modo di lavorare – dice Simonit – sempre in viaggio, sempre su un aereo, sempre lontani da casa. Ecco, invece, che possiamo cambiare approccio”. La vigna, come diceva Simonit, proprio in questo periodo non si può abbandonare: “E nessuno parla di queste persone che ogni giorno con tanti sacrifici e le giuste precauzioni vanno in vigna per curarla – dice – E’ il periodo più delicato per chi produce vino. C’è stata una piccola coda di inverno con le piante prossime al germogliamento che a causa del freddo si sono un po’ fermate. Ma a breve, con il primo caldo, spunteranno i germogli. E di questi andrà fatta una selezione, i classici lavori verdi, dopo potatura e piegatura. Una scelta fondamentale per la continuità produttiva della pianta e l’equilibrio della vigna. Ma c’è un altro problema. Perché questi lavori, di solito, venivano fatti con tanta manodopera. Spesso di persone straniere. Che sono tornate nei loro paesi e che non possono più tornare. E allora dico a chi magari in questo momento è fermo perché ha perso il lavoro, o perché la sua attività è chiusa, di aiutare queste persone che stanno in campagna. Sono certo che con un po’ di formazione e la dovuta assistenza si possa trovare uno spazio interessante per lavorare in campagna in questo periodo”.
Un ritorno allanormalità, secondo Simonit, non sarà facile e immediato: “Non riesco nemmeno ad immaginarmelo in questo momento – dice – Anche perché metti che le cose riprenderanno, settori come quello del turismo che in Italia è importantissimo, non è che andranno subito bene. Penso che sarà difficile movimentare le persone dall’estero. Credo che ci sarà bisogno di molto tempo. Così come la ristorazione e il canale dell’Horeca in particolare. Anche qui temo che i tempi saranno lunghissimi, soprattutto per quel che riguarda i mercati internazionali. In questo periodo, di solito, i vignaioli erano in giro per il mondo a promuovere i loro vini. Eppure eventi importanti come il ProWein, il Vinitaly e le anteprime di Bordeaux sono “saltate”, e con loro tutte le occasioni di incontri tra giornalisti e venditori, tra chi firma un contratto e chi mette un vino in vendita. Non so quando si riprenderà e con quale ritmo e velocità. Anche in America la situazione è drammatica. Molti miei amici ristoratori mi hanno detto che probabilmente non riapriranno mai più. La cosa che mi fa paura è quella di non vedere uno scenario molto chiaro”.
Il vino che è stato stoccato per Simonit rimane un problema, “anche se credo che quello che è perso è perso e basta – dice – A breve inizierà la nuova vendemmia e non credo che alla ripresa ci saranno vendite esagerate. Ora più che mai, invece, deve essere l’occasione per una comunione di intenti fra i vari produttori di vino, andare tutti insieme nella stessa direzione, per tutelare e promuovere questo importante settore italiano”. E come ne usciremo dopo il coronavirus? “Credo che non saremo più gli stessi – conclude Simonit – Rivedremo il nosto modo di vivere in generale, i rapporti con le persone e anche con noi stessi. In questo periodo ci stiamo rendendo conto di quanto è importante viverci, di essere presenti. Abbiamo imparato che tutto può cambiare in un solo secondo. E non eravamo preparati”.