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Articoli sul Marsala

Ivano Antonini “Doc Marsala, servono più paletti”

04 Maggio 2010
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Ivano Antonini, premiato miglior sommelier d’Italia 2008, vede un futuro per la Doc ma solo con l’introduzione nel disciplinare di maggiori restrizioni, regole e paletti. E fa i nomi delle aziende ritenute migliori

“Doc Marsala,
servono più paletti”

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“Rimangano nella Doc solo i Marsala che rispecchiano determinate qualità, per tutte le altre tipologie, quelle che fanno numero, si faccia una Igp”. È la proposta di Ivano Antonini, sommelier del celebre ristorante e relais Il Sole a Ranco in provincia di Varese in riva al Lago Maggiore e premiato come miglior sommelier italiano nel 2008. Una rivisitazione del disciplinare sarebbe l’unica azione urgente da farsi per salvare una delle denominazioni più storiche d’Italia. Restrizioni più ferree quindi, paletti e rigorosi controlli sul rispetto delle regole da parte del consorzio di tutela stesso. Il sommelier piemontese reclama anche un intervento istituzionale da parte del ministero dell’Agricoltura. Come spiega in questa intervista, queste misure urgenti da sole però non basterebbero. Ci vuole un cambio di mentalità e di volontà da parte dei produttori, soprattutto da parte di chi fa milioni di bottiglie, ed azioni di comunicazione a 360 gradi per fare conoscere questo vino al consumatore finale.

Sulla Doc Marsala qual è il suo pensiero?
“E’ una delle tre doc più antiche d’Italia. Rappresenta la storia stessa d’Italia, al Marsala è legata la figura di Garibaldi. Non si può essere contrari, non la si può demolire. Non si possono cancellare due secoli di storia. Però…”

Però ammetterà che l’immagine del Marsala da qualche anno è un po’ offuscata…
“Esatto. Ma questo accade perché nel disciplinare coesistono tipologie che troviamo negli scaffali dei supermercati, che sono vendute come Marsala, ed altre che sulla carta sono al costo di 400 euro a bottiglia. Da un lato abbiamo le bottiglie con il tappo a vite e dall’altro eccellenze come quelle della Florio o di De Bartoli che fanno prestigio. Ecco, le prime devono uscire dalla Doc. Questa è una problematica che accomuna molte doc italiane. Per fare un esempio, la stessa cosa sta accadendo alla doc Soave, della Valpolicella o al Brunello di Montalcino. Quando ci sono produttori che fanno milioni di bottiglie che vanno a finire in tutto il mondo il peso che esercitano all’interno del disciplinare comunque condiziona e non porta ad auto restrizioni per il bene del vino stesso. Abbiamo solo un caso virtuoso, ed è quello della Franciacorta. Sarebbe un modello da seguire. I produttori sono arrivati al punto di autodisciplinarsi con ulteriori restrizioni per portare insieme questo brand nel mondo. Ora c’è solo confusione, e se non si adottano delle soluzioni la casalinga continuerà a considerare il Marsala quello per fare le scaloppine o per insaporire il gelato”.

Quindi secondo lei come si può salvare la Doc Marsala?
“Rimangano nella Doc solo i Marsala che rispecchiano determinate qualità, per tutte le altre tipologie, quelle che fanno numero, si faccia una Igp. E poi i produttori sia quelli piccoli che gli industriali devono trovare un punto d’incontro. Capire che devono darsi più regole necessarie per dare maggiore rivalutazione alla Doc. Anche se non credo molto che chi fa milioni di bottiglie si adopererà mai per cambiare il disciplinare, andrebbe contro i propri interessi. E poi concordo con il professore Scienza sul fatto che si debba lavorare sulla qualità del Marsala partendo dalla vigna. Anzi si deve ritornare a vendemmiare a settembre inoltrato, periodo in cui l’uva grillo raggiunge il grado zuccherino ideale. Ma questo comporta alti rischi e quindi un aumento di costi. Inoltre c’è anche una problematica dal punto di vista della comunicazione che va risolta. Il consorzio di tutela deve farsi carico di questo, comunicare a 360° questo vino, farlo conoscere al consumatore finale. Ancora sono troppo pochi i consumatori attenti che sanno distinguere quale sia il vero Marsala. Si devono veicolare le giuste informazioni. Soprattutto poi in questo periodo a causa dell’informazione approssimata che molti programmi in tv danno sul cibo e sul vino”.

Lo vede un futuro per questo vino?
“Può esserci un futuro ma solo se si parte dal prendere in considerazione queste soluzioni, con una partecipazione attiva da parte del consorzio di tutela. Deve agire con rigorosi controlli sul rispetto delle regole. Penso anche che ci voglia l’intervento delle istituzioni, del Ministero dell’Agricoltura, per potere meglio moderare il peso dei produttori. Forse chissà tra dieci anni le cose potranno cominciare a cambiare. Per ora non vedo nessuna volontà di rinnovamento”.

Manuela Laiacona