di Fosca Tortorelli, San Michele di Serino (Av)
La viticultura in Irpinia ha una storia antica, è un territorio della Campania che si è sviluppato geograficamente, lungo il corso di due fiumi che nascono entrambi dal massiccio Tuoro–Terminio dell’appenino meridionale, ma che si snodano su due differenti versanti.
Alla fine degli anni '90 e l’inizio anni 2000, le prime volte che si parlava di Irpinia fuori dalla regione era sorprendente vedere lo stupore delle persone, quando si parlava delle caratteristiche climatiche con temperature fredde, che davano luogo a vini acidi. Poi con il tempo si è passati alla consapevolezza, soprattutto dei produttori, di quello che i vini di questa porzione di Campania hanno. Oggi parliamo di Villa Raiano. Nata nel 1996 quasi per divertimento, visto che non era l’attività principale, oggi, con la nuova generazione si è raggiunta la voglia di voler vivere l’attività in modo totale. Si è quindi passati da fare vino per divertimento ad avere un progetto ambizioso sui cru. I cugini Federico e Brunella Basso oggi proseguono quello che i loro padri avevano iniziato. La cantina nata nel 1996, si trovava in un vecchio opificio dell’oleificio di famiglia a Raiano, frazione di Serino, da cui l’azienda aveva appunto preso il nome. Nei primi anni 2000 si sono visti i primi risultati, ma la vera trasformazione è avvenuta nel 2009 con il cambio sede e con l’introduzione di Sebastiano Fortunato come guida enologica e con Raffaele Del Franco, responsabile marketing dell’azienda, con cui si è iniziato il progetto dei cru. Il progetto vuole appunto sottolineare ed entrare nel merito delle differenze degli areali irpini, di come clima, esposizione e suolo giocano ruoli determinanti nel risultato finale. La vera forza di questa terra è la differenza ed è questa caratteristica che i cugini Basso cercano di esaltare nelle loro produzioni.
L’azienda gestisce oggi circa 27 ettari di vigneti suddivisi tra fiano (circa 11 ettari), greco (7 ettari) e aglianico (9 ettari), quest’ultimo presente in un unico corpo all’interno del comune di Castelfranci, a forma di anfiteatro e con diverse esposizioni, che rendono il prodotto finito estremamente interessante. La nuova azienda, si trova a san Michele di Serino, in una posizione invidiabile, con un panorama che raccoglie tutta la valle del Sabato; costruita con accorgimenti e tecnologie contemporanee e con area di raccolta e un sistema per cadute, tale da non stressare le uve, con 28 cisterne che consentono di fare microvinificazione per identificare le differenze dei diversi vigneti. Sulle rive del fiume Sabato, che scorre sul versante Est, si trovano i comuni che compongono le due denominazioni a bacca bianca della provincia di Avellino: Il Fiano di Avellino Docg e il Greco di Tufo Docg; mentre lungo le sponde del fiume Calore, che scorre sul versante Ovest, troviamo le denominazioni rosse, legate tutte all’uva Aglianico, Taurasi Docg in primis. I vigneti di proprietà si trovano in tutte le denominazioni di origine della provincia di Avellino. La ricerca negli anni è stata accurata, puntando alle vigne che potessero dare risultati qualitativamente alti ma molto diversi tra di loro.
Ulteriore crescita e cambiamento si ha nel 2017. Dall’annata 2016 non verrà infatti più prodotto il Cru di Greco di Tufo Contrada Marotta. La serietà è stata cambiare nome, perché se non c’è vigna non c’è vino. Anche se una piccola parte del vigneto resterà comunque in contrada Marotta, si è preferito non acquistare più le uve che provenivano da questa contrada non di loro proprietà, ma sono stati acquistati altri 5 ettari di vigna destinati al nuovo cru di greco, il Ponte dei Santi, che verrà prodotto a partire dall’annata 2017. Rinnovamento anche nella veste grafica, che racchiude un significato profondo e legato al territorio, oltre al cambio bottiglia per la linea così detta classica, che strizza l’occhio alla sostenibilità ambientale e all’ecologia. Le nuove etichette evidenziano i concetti di famiglia, terra e il legame tra loro. La scelta è ricaduta sul lupo che rappresenta l’Irpinia, come animale guida scelto dagli irpini; poi il fiume, perché l’Irpinia è terra di acqua con il fiume Sabato e il Calore. Ad Alimata nel 2017 si affiancherà il terzo cru, prodotto da una vigna di poco meno di un ettaro Contrada Bosco Satrano, intorno ai 600 metri s.l.m., zona poco battuta perché è classica zona di nocciola. Un vigneto esposto a Sud/Est, che guarda il Monte Partenio, che oggi ha 9 anni e che è stata ritenuta pronta per essere messa in bottiglia; si tratta di una sorta di vigneto scuola con tutti i biotipi di Fiano.
Per il progetto dei cru sono quindi partiti dal voler distinguere il Fiano di Montefredane (Fiano Alimata) da quello di Lapio (Fiano Ventidue). Il vigneto situato in contrada Alimata, da cui prende il nome uno dei due cru, è infatti ubicato nel comune di Montefredane, sul versante della collina che guarda ad Est; ci troviamo a 350 metri sul livello del mare, una zona abbastanza bassa per l’irpinia, il suolo è argilloso estremamente tenace, qui l’uva Fiano esprime una freschezza che non troviamo in altre zone. Mentre la vigna di Lapio è posta a 450 metri sul livello del mare su terreni argillo-calcarei ricchi di arenarie gialle, qui nasce il Fiano Ventidue, il cui nome deriva dai 22 km che occorre fare per giungere a queste vigne partendo dalla cantina aziendale. Dunque una stessa azienda e due terreni molto diversi, che come vedremo possono dar luogo a vini ed evoluzioni molto differenti. Va ricordato che il Fiano, come lo Chardonnay è un vitigno precoce, ma è in Irpinia che si ha un imprinting diverso, con raccolte più tardive e di conseguenza con un processo vegetativo più lungo, con la risultante di un profilo organolettico molto singolare. L’idea è quella di sottolineare le differenze che il territorio irpino riesce ad esprimere, attraverso le uve, possibilità che si è realizzata attraverso una verticale comparativa del Fiano Alimata e del Fiano Ventidue, delle annate dalla 2013 alla 2016.
Le uve di Montefredane sono raccolte più tardi rispetto a Lapio, almeno generalmente, ma in alcune annate questo raccolto è stato invertito, come ad esempio nella 2016 e nella 2014, dove si è raccolto prima Montefredane e poi Lapio. In merito alla produzione del Fiano Alimata, la pressatura avviene a grappolo intero, successiva fermentazione in acciaio e affinamento sulle fecce fini per 12 mesi. Per il Fiano Ventidue, la vinificazione avviene in acciaio con una breve macerazione sulle bucce, poi anche qui 12 mesi sulle fecce fini e un ulteriore anno di affinamento in bottiglia. L’imbottigliamento avviene quasi sempre prima dell’estate e poi affina un anno in bottiglia prima di uscire sul mercato. Si tratta di una vinificazione che pensa già a un vino che deve esprimersi dopo i primi 3-4 anni; pensato come le grandi riserve dei rossi, quindi con la potenzialità di invecchiamento a lungo termine.
Un veloce accenno sulle annate. La 2013 è stata una delle annate più belle degli ultimi 20 anni in Irpinia, paragonabile alla 2010, con il calore di settembre e ottobre; la 2014 invece è stata un’annata molto piovosa, le scelte principali sono state fatte in cantina, lavorando sulla cernita di raccolta e su una vendemmia scalare; la 2015 è stata contraddistinta dal caldo e da una grandinata diffusa che ha provocato una diminuzione di carico di uve in vigna. Nella 2016 le gelate di aprile hanno rallentato il ciclo vegetativo con scelte di raccolta tardive e ciclo vegetativo molto lungo, con settembre con poca luce e malico più scalpitante. Tra le due referenze l’Alimata 2013 ha evidenti sfumature speziate e nuance di finocchietto e borragine, con un finale leggermente ammandorlato. Nel Fiano Ventidue, ritroviamo maggiore polposità di frutta gialla matura e succosa, anche qui tornato le tinte speziate ed erbe aromatiche tra cui spicca la salvia; intensità e complessità sia olfattive che gustative di grande coerenza, con una gradevole nota affumicata e accenni di camomilla; il sorso è avvolgente, con un finale lungo e sapido,. Tra le 2014, nell’Alimata troviamo una bella espressività, con note più dolci, quasi piccanti, cenni agrumati e un palato salino e fresco, anche se meno intenso e lungo. Mentre il Fiano Ventidue 2014, ha una evidente nota di tiglio, questa volta Lapio regala un vino decisamente complesso e carico di sfumature aromatiche. Riguardo l’annata 2015, nel Fiano di Avellino Alimata, si evincono note di frutta gialla, fiore di camomilla e maggiore ampiezza e grassezza gustativa, mentre convince meno il Ventidue, che ha un leggero squilibrio nel calore e nella persistenza gustativa. Acidità ed espressione lineare di questi vini 2016, l’Alimata, è ancora scalpitante, con un susseguirsi di frutto, spezia ed erbe aromatiche, vivace e dissetante al sorso; mentre il Ventidue di Lapio ha un bel ventaglio aromatico, profumi più dolci di pera e freschi di menta, snello e fresco al palato, anche questo ancora molto giovane.