(Walter Massa – ph Marcello Clemenza)
di Giorgio Vaiana
Walter Massa è il solito. Nel senso positivo del termine. Dategli il “la” per parlare di vino e lui partirà a ruota libera.
Minuti su minuti, senza mai fermarsi. Con passione. E parla di tutto. Dal suo Piemonte poi scende giù alla Toscana, fino alla Sicilia. Manda delle stoccate quando servono. Apre parentesi (a volte infinite) e tocca duemila argomenti. Ma starlo a sentire parlare è davvero bello. Lui lo ripete sempre: “Venite a trovarmi nella mia cantina di Monleale. Anche in piena vendemmia. Berremo qualche calice di vino insieme e parleremo di quello che volete”. E ti accorgi che lo dice davvero col cuore. Non sono frasi fatte. Ieri Walter è stato gradito ospite di una serata organizzata a Terre di Himera, il relais che si trova sulle colline sopra Termini Imerese in provincia di Palermo. Walter ha portato i suoi vini-simbolo da abbinare alla carne selezionata per l'occasione da Emanuele Cottone, premiato come miglior macellaio con il Best in Sicily nel 2015. Massa ha portato il suo “Anarchia costituzionale”, il celebre Derthona, Monreale e Bigolla. Vere chicche della produzione del vignaiolo piemontese. Ma prima di degustare, non poteva mancare una piccola “lezione” firmata da Massa. Mezz'ora serrata. Con il suo stile. Chiaro e incisivo. Mai una parola fuori posto. Tutto pensato e ragionato. Ma anche per far ragionare.
“Fare vino – dice Walter – è roba per chi ha talento. E questo vuol dire che se sei figlio di uno che fa grandi vini, questo non vuol dire che farai necessariamente grandi vini”. Già, perché la questione “eredità”, inteso come mucchio di saperi da tramandare, è uno dei problemi che si pone Massa: “Lo dico da tempo e mi rivolgo soprattutto ai giovani – dice – Se pensate di avere talento, ma soprattutto se volete entrare a far parte di questo mondo, ma non avete né i vigneti, né i soldi, venite a trovarci. Il sapere del mondo del vino va coltivato, custodito e tramandato. I francesi sono più bravi di noi perché hanno 4 generazioni di vantaggio. Ecco, noi siamo sulla strada giusta, ma faremo grandi vini tra 4 generazioni. Sempre se avremo l'intelligenza di far entrare nel nostro mondo gente di talento e non pensare solo ai nostri figli, che magari hanno ambizioni diverse o voglia di fare cose diverse”.
Perché Massa dice: “Non è detto che chi verrà dopo di me avrà il talento giusto per fare il vino. E allora che si fa? Faccio perdere quanto conquistato con anni e anni di sacrifici? Assolutamente no. Sono disposto ad insegnare tutto a gente che vuole fare di questa vita un lavoro”. L'italia, secondo Massa, ha un ritardo di 30 anni rispetto ai cugini francesi: “Lo so che siete anche voi stanchi dei paragoni con i cugini – dice – ma non c'è altro da fare. Da noi fino a 30 anni fa si parlava solo di Chianti, Langhe, Valpolicella e poco altro. In Sicilia il Marsala con l'uovo era considerata una cosa divina, pensate un po'. Erano anni demenziali. Per fortuna oggi l'Italia, dal punto di vista enologico, è tutta fantastica. Ma i giovani devono entrare nel sistema”. E' un po' come quando in un ristorante cambia lo chef: “Se va via un grande chef, cambia magari anche la clientela – dice – Noi dobbiamo evitare questo nel mondo del vino. Far sempre riconoscere i nostri territori di appartenenza”. Ma non sarà facile: “I ragazzi devono capire che per fare grandi vini bisognerà attendere anche 30 anni, anzi 4 generazioni come dicevo prima – spiega – Oggi i vini fatti con metodo, tecnica, quelli che insomma definiamo “grandi”, li riconosci subito. E sono quasi tutti francesi. Invece ho la sensazione che stiamo continuando a fare un pochino di disastri. Ma sono fiducioso. Sono certo che il nostro futuro sarà roseo. Perché abbiamo una grande biodiversità che ci distingue da tutto il resto del mondo”.