(Lo chef Santino Corso)
di Clara Minissale, Palermo
Compiere un viaggio restando seduti al proprio tavolo, andare e poi tornare per apprezzare, con occhio rinnovato, i luoghi del cuore.
È questo che fa Santino Corso, lo chef del ristorante Charleston a Palermo, quando mescola ingredienti che arrivano da molto lontano con materie prime locali: dà ai suoi ospiti la possibilità di apprezzare nuove sfumature di gusto. Una ricerca continua di “qualcosa di nuovo” che lo spinge a compiere esplorazioni nella cucina orientale, a studiare le tecniche della fermentazione, a miscelare alghe, spezie, brodi con gamberi locali, tonno, capperi e mandorle, emblema della cucina siciliana.
(Mariella Glorioso e Gipi De Bartoli)
Le lunghe fermentazioni, in particolare, sono oggi alla base della nuova cucina del Charleston, forse più sperimentale e di ricerca che mai, con risultati apprezzati e richiesti dai clienti. “All’inizio qualcuno, come era inevitabile, storceva un po’ il naso perché era abituato alla tradizione ma oggi – spiega Corso – i nostri clienti ci chiedono questi piatti, si aspettano sempre qualcosa di diverso. In fondo provo qualche ingrediente nuovo, ma con i miei piatti resto sempre in Sicilia”.
(Cannolicchi di mare e dashi – Corso)
E così a gambero rosso e cannolicchi di mare, ad esempio, abbina un dashi con mela verde e menta, un brodo giapponese ottenuto facendo bollire del katsuobushi (fiocchi di filetti di tonnetto striato essiccato, fermentato e affumicato) a cui affida il compito di spazzare via la forte sapidità del piatto.
(Cannellone con gamberi rosa – Corso)
Oppure al cannellone con gamberi rosa del Mediterraneo affianca aglio nero fermentato insieme con limone e bottarga e gel di tenerumi.
(Ventresca di tonno – Corso)
Alla ventresca di tonno abbina erbe marine e alghe, angostura e cedro candito.
(Gelato al Kurozu – Corso)
O, ancora, serve come pre-dessert l’insolito gelato al kurozu (aceto di riso nero fermentato) con meringa, prugne secche e soia su crumble ai fichi.
Piatti composti da “piccole anime”, come le chiama lo chef, ingredienti che hanno già una loro vita in origine e che, attraverso le fermentazioni, crescono assumendone una nuova. Piatti che sono stati al centro della serata che il ristorante di Mondello ha voluto dedicare alla “Sicilia dei sognatori” e nel corso della quale, ad affiancare ed esaltare i piatti dello chef, ci sono stati i vini di Marco De Bartoli. Tutte le declinazioni del Grillo dell’azienda di Marsala – Terzavia metodo Classico 2016, Terza via Cuvée riserva VS, Grappoli del Grillo 2017, Integer Grillo 2017 – splendidamente raccontate da Gipi De Bartoli, figlia di Marco, che dal padre ha ereditato passione e competenza.
Il sogno di uno chef che, attraverso le materie prime scelte con cura, vuol varcare i confini della sua cucina e il sogno di un produttore di vino che è stato sempre molto in controtendenza nelle scelte per la sua azienda e il suo territorio, comprendendo, ad esempio, le potenzialità di un vitigno, il Grillo, quando gli altri lo estirpavano. Come diceva Oscar Wilde, “Un sognatore è colui che può trovare la sua strada al chiaro di luna e vedere l'alba prima del resto del mondo”.