Abbiamo provato in anteprima le nuove proposte del Charleston di Palermo
(Santino Corso)
di Francesca Landolina, Palermo
Oltre cinquant’anni alle spalle e non sentirli: il Charleston di Palermo, che oggi ha la sua sede presso l’elegante villa dei conti De La Gatinais, edificata nei primi del ‘900 sul lungomare di Mondello, si conferma una certezza della tradizione gastronomica nazionale.
Abbiamo provato il nuovo menù dello chef Santino Corso, che non delude con la sua idea di cucina estrosa ma concreta, moderna ma in evoluzione, radicata alla materia prima territoriale e contaminata, con discrezione, da echi orientali. Il nuovo menù procede nel percorso di continua sperimentazione portato avanti dallo chef con una carta rivoluzionata, che vede l’ingresso di due nuovi menù degustazione che rispecchiano l’estro del giovane chef del ristorante. Il menù è “alla cieca”. Se si sceglie bisogna affidarsi e fidarsi della creatività dello chef senza conoscere il contenuto dei due menù simbolo della nuova stagione del Charleston: “Libera-mente” e “Tutto il mare di Sicilia”. “Libera-mente” è un percorso in otto soste attraverso la fantasia dello chef che “liberamente” conduce i clienti alla scoperta della sua cucina più creativa, fortemente legata al territorio ma ricca di contrasti e contaminazioni. “Tutto il mare di Sicilia”, invece, è un viaggio alla riscoperta del nostro mare, attraverso i suoi frutti e i suoi pesci: quelli più noti, i più rari e quelli che stanno scomparendo dalle nostre tavole. Per ridare vita, in chiave moderna, ad antiche tradizioni. Un percorso di sei soste attraverso alcuni di questi doni del mare, scelti quotidianamente secondo stagione e in funzione della disponibilità del mercato. Talvolta crudi, talaltra cotti, talvolta impiegati in purezza oppure oggetto di interpretazione.
A questi due menù degustazione più sperimentali si affianca un terzo menù degustazione “Per…Corso Charleston”, che rappresenta il modo migliore di iniziare a conoscere la cucina del Charleston attraverso sette soste. Questo menù comprende i piatti più richiesti nell’ultimo anno. Noi abbiamo provato il menù Tutto il mare di Sicilia. Sembra caratterizzato, non solo dalle primizie del mare, ma soprattutto dalla centralità del prodotto, scomposto, esaltato, spogliato, valorizzato. Ogni piatto è una piccola opera d’arte, dove esteticamente ricorre l’elemento sferico. Capita infatti che si trovino sul piatto piccole “biglie” di gusto, colorate e luminose, che attraggono la vista e stuzzicano, incuriosendo il palato.
(Pane cunzatu, Corso – Charlston)
Si comincia con l’amuse-Bouche. “Pane cunzato con gelatina al pomodoro, formaggio, acciuga e basilico”, “Cannolicchio con baccalà mantecato al cavolfiore”,
(Sarda a beccafico, Corso – Charleston)
“Pralina di sarda a beccafico con chips di arancia e infusione di alloro”,
(Calamaro, Corso – Charleston)
“Calamaro tosazu”,
(Cozza, Corso – Charleston)
“Cozza con dashi e capperi”. Sono piccoli “gioielli” che seguono un percorso estetico e sensoriale, dalla tradizione rivisitata passando per l’estetica del gusto con la scintillante pralina, per concludere con assaggi dal tocco esotico.
(Sua maestà il Gambero Rosso, Corso – Charleston)
L’antipasto è un omaggio al gambero rosso. “Sua maestà il Gambero Rosso” è infatti un piatto suddiviso in 4 differenti parti, tutte create a partire da un unico gambero rosso che creano una composizione che sembra un’opera d’arte contemporanea. Si parte con zucchero soffiato con gambero rosso e nocciole, spuma al nero di seppia, shiso e agrumi. Si prosegue con un “gioco” il sasso nero con bisque di gamberi, si arriva alla testa, che sdogana per la prima volta in un ristorante gourmet l’usanza palermitana di succhiare l’interno della testa di gambero, si termina con una tisana al gambero rosso con mela verde, menta e scorzetta di arancia, che pulisce e prepara il palato all’arrivo della portata successiva del menù degustazione.
(Spaghetto Kefi, Corso – Charleston)
Il primo è lo “spaghetto Kefir”. Il Kefir è un procedimento di fermentazione originario del Caucaso utilizzato anche in Turchia. Lo “Spaghetto Kefir” di Santino Corso mescola le tecniche dell’Asia minore alla materia prima della Sicilia, come la bottarga di ricciola pescata nei mari del palermitano e la mandorla di Avola. Per preparare lo Spaghetto Kefir, il latte viene lasciato fermentare per 12 giorni con mandorle di Avola non trattate. Completano il piatto il lime e la bottarga di ricciola. Un piatto che riequilibra il palato, per prepararlo ad una nuova ascesa di sapori, più decisi ed intensi.
(Zuppa di pesce, Corso – Charleston)
Il secondo è la “zuppa di pesce”, rivisitazione della più tradizionale zuppa, i cui ingredienti variano in base al pescato del giorno. In questo periodo dell’anno vengono utilizzate spesso la palamita, la mupa nera, la gallinella e le triglie. Accompagnano i tocchetti di pesce due “pomodorini”, uno rosso – creato con gambero rosso e glassato con gel al pomodoro – e uno giallo con lo scampo e gel allo zafferano. Due piccole sfere colorato che visivamente sembrano pomodori di pasta reale, lucidi e brillanti, ma succosi e ricchi di gusto marino al palato.
(Spring, Corso – Charleston)
Il predessert “Malvasia” è un crumble ai fichi secchi, meringa al limone, sorbetto di Malvasia delle Lipari. Si chiude con il sessert “spring”, due mousse di gelsomino dorate e due glassate nel cioccolato, gelato agli agrumi, crumble di mandorle salate, cialdine alla mandorla. Un dessert che con i suoi profumi è un inno alla primavera. A conclusione viene servita la piccola pasticceria, sette piccoli assaggi che chiudono il pasto lasciando un dolce ricordo della Sicilia più tradizionale. Si parte da una piccolissima sfincia alla ricotta, si continua con una mousse di pistacchio, un piccolo tiramisù, la testa di turco tipica di Castelbuono, le lingue di gatto, grissini ai ceci e cioccolato Valrhona e una mini cassata al forno con ricotta di capra. Sempre professionale e attento il servizio in sala, per un Charleston che si conferma un punto di riferimento, a Palermo, della ristorazione siciliana e non solo.