IL PERSONAGGIO
Paolo Vodopivec, produttore di Sgonico, nel Carso, racconta la filosofia della sua azienda. E il suo amore per l’uva Vitovska
“Il mio segreto
racchiuso
in un’anfora”
Non solo un vino naturale, ma anche un vino che non conosca quasi del tutto la mano dell’uomo. È questa la filosofia in vigna di Paolo Vodopivec, dell’azienda Vodopivec di Sgonico in provincia di Trieste, in pieno Carso. Con una scelta di utilizzare le anfore durante la fermentazione del vino, una caratteristica che permette ai suoi vini di evolversi in totale naturalità senza l’intervento dell’uomo.
Come ha cominciato a produrre vino?
“Nel 1994, terminati gli studi, ho preso le redini dell’azienda familiare cercando di migliorare la qualità dei nostri prodotti. Il primo intervento che ho fatto è stato quello di lavorare un solo vitigno autoctono dal nome sloveno, il Vitovska. Questo ha comportato l’espianto di tutte le varietà diverse per produrre solo quest’uva ricreando l’intera vigna ad alberello. Oggi contiamo circa quattro ettari e mezzo con una media di 10.000 piante per ettaro, per un totale di circa 12.000 bottiglie”.
Com’è il terroir del Carso?
“È un altipiano stretto e lungo sopra Trieste che si estende fino a Gorizia,. La principale difficoltà è il terreno roccioso che ci costringe a lavorare solo piccole porzioni di terra. La maggior parte dei produttori della zona infatti, non riesce ad arrivare ad un ettaro. Il secondo problema è la Bora, un vento gelido e fortissimo che spesso ci rende difficile il lavoro, ma io credo che faccia parte del terroir e quindi in parte contribuisce ai vini stessi”.
Quali sono le caratteristiche dell’uva Vitovska?
“È un vitigno a bacca bianca molto resistente, sia al caldo estivo che alla Bora. In passato non si produceva mai in purezza perché è caratterizzato da una grande acidità. A livello organolettico ha un accentuato retrogusto amarognolo di mandorla e sentori di miele e frutti tropicali”.
Come è giunto alla scelta delle anfore?
“Ho effettuato molte ricerche con l’intento di produrre il vino più naturale che ci possa essere. Lo scopo è quello di non intaccare il vino ma di farlo evolvere in modo autonomo, senza influenzare gusti e profumi. Ecco perché quella dell’anfora è stata una scelta quasi obbligata. L’uva viene riposta in anfore di terracotta georgiane sotto terra e rimane a macerare per circa sei mesi. È l’uva a fare tutto e sul fondo dell’anfora di terracotta vi è già il vino prodotto secondo natura. Si affida poi alle botti per due anni di affinamento”.
Quali sono i vini che ama più spesso bere?
“Vini naturali ovviamente, di produttori che conosco personalmente e che mostrano un’identità in bottiglia”.
Laura Di Trapani