Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Il personaggio

Riccardo Cotarella: fattore umano e genius loci indispensabili per fare un vino di successo

01 Marzo 2019
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(Riccardo Cotarella mentre legge la sua lectio magistralis)

Riccardo Cotarella, enologo di fama mondiale, presidente dell’Assoenologi e dell'Union Internationale des Oenologues, ha ricevuto oggi la laurea honoris causa in Economia e Management dall’Università del Sannio a Benevento. 

Il dottor Cotarella ha deciso di dedicare la sua lectio magistralis “a tutti coloro che operano fra zolle e vigneti – in quell’umile rapporto che salda l’uomo alla terra”. Qui di seguito un’ampia sintesi della sua “lezione”.

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Il ringiovanimento dell’impresa agricola italiana

In base a un recentissimo studio condotto da ismea-la nostra campagna sta diventando sempre più attiva – giovane e intelligente. Si tratta di un verdetto molto incoraggiante – a supporto del quale espongo i dati più significativi. In italia – nel giugno 2018 – sono state registrate 55.000 aziende agricole condotte da under 35 – meno del 10% delle aziende totali – ma in crescita del 14% rispetto ai tre anni precedenti e – soprattutto – molto più numerose che in altri paesi europei: 38.000 in francia – 34.000 in spagna – 20.500 in germania. Merita particolare considerazione – la circostanza che – nella giovane agricoltura italiana – è alta anche la percentuale delle donne – che guidano 3 aziende su 10. Va – poi – sottolineato che le aziende under 35 portano più valore aggiunto – grazie al giusto mix di know-how – innovazione e interconnessione. Infatti – i risultati economici sono più che doppi rispetto alla media – con valori di produzione vicini a 100.000 euro – contro i 45.000 del settore. Inoltre – i giovani lavorano 20 ettari – a fronte di una media nazionale di 11 ettari.

E ancora: la formazione è medio-alta con il 13% di laureati e il 54% di diplomati. Il 51% della sau (superficie agricola utilizzata) è in affitto – l’11% è gestito a titolo gratuito – il 38% è di proprietà. Le attività secondarie quali: agriturismo – produzione di energia rinnovabile – manutenzione parchi e giardini – etc. – delle aziende agricole italiane – nel decennio 2007-2017 – sono aumentate del 260%. In particolare – gli agriturismi – nel periodo 2005-2013 – sono aumentati del 75% in totale e del 120% con riguardo all’universo under 35. L’incremento del ritmo di avvicendamento generazionale ha comportato – anche – un maggior ricorso alle nuove tecnologie – alla digitalizzazione delle comunicazioni – al social network. E’ fin troppo immediato convenire che si tratta di dati incoraggianti che diffondono una luce più rassicurante sul nostro settore. Penso che ne abbiamo un gran bisogno specie in un momento in cui siamo assediati da notizie e proclami che – non sempre – sono altrettanto incoraggianti.

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L’evoluzione dell’impresa vitivinicola

Fin qui ho parlato del settore agricolo e di quello agroalimentare – l’analisi del cui contesto è indispensabile per inquadrare compiutamente e correttamente il variegato e dinamico comparto dell’impresa vitivinicola. Recentissime statistiche ismea lo reputano costituito da oltre 45.000 aziende vinificatrici italiane – nel più ampio bacino di oltre 300.000 aziende viticoltrici – che generano un fatturato complessivo di circa 13 mld/€, di cui circa 9,9 mld/€ relativi alla sola produzione di vino. Come si evince da questi dati – il nostro comparto è decisamente frammentato – tanto che non ha senso ragionare per valori medi del tipo: fatturato per azienda o fatturato per occupato. Infatti – esistono imprese fortemente automatizzate e capitalizzate che producono elevati volumi con ridotti valori di fatturato per prodotto – accanto a imprese – altrettanto automatizzate e capitalizzate – che producono più contenuti volumi – ma con maggior valore di fatturato per prodotto.

Come pure – esistono piccole imprese – in termini dimensionali – con brand rilevanti e immagine consolidata che realizzano vini d’élite – con elevati prezzi di vendita – proponendoli a mercati internazionali – accanto a imprese – altrettanto piccole che producono vino a più contenuto valore aggiunto – trovando apertura e apprezzamento nel mercato nazionale. Insomma – come avevo anticipato – siamo di fronte a un panorama articolato – variegato e complesso di imprese a mio avviso caratterizzate da comuni elementi di appartenenza a uno stesso comparto – come ho avuto modo di sostenere in sede di apertura dell’ultimo congresso assoenologi a trieste – proponendo ai miei colleghi una riflessione che ho piacere di richiamare in un così qualificato contesto accademico.

Un primo denominatore comune a tutte le nostre imprese è costituito dalla considerazione che esistono pochi altri mercati che possono vantare una storia millenaria – profonda e ampia quanto il mercato del vino. Questa consapevolezza rappresenta un patrimonio di grande valenza per tutte le imprese vitivinicole – che svolgono con grande passione la propria preziosa missione – in quanto conferisce autorevolezza e scientificità a regole – procedure e processi che hanno alle spalle secoli di sperimentazioni e di esperienze maturate non solo nei grandi paesi del vino come italia e francia – ma anche nei più diversi contesti del mondo: dalla Napa Valley al Kazakistan – dalla Norvegia al Sudafrica. Questo immenso “patrimonio di certezze” rischierebbe di rappresentare una barriera inerziale – se impedisse di cogliere con tempestività i segnali delle profonde trasformazioni che stanno interessando il mercato dei nostri clienti.

Da anni – le aziende vitivinicole italiane stanno affrontando – con coraggio e determinazione – uno scenario in continua evoluzione competitiva per una serie di fenomeni concomitanti: la globalizzazione dei mercati – il peso crescente della grande distribuzione organizzata – il ruolo della comunicazione attraverso web e social network – tanto per citarne alcuni – l’intensità dei quali è progressivamente alimentata dalla costante evoluzione dei consumatori. Pensiamoci un attimo: le nostre imprese vitivinicole devono confrontarsi con un consumatore sempre più esperto che – nella stragrande maggioranza dei casi – non ha competenze agronomiche – enologiche e tecnologiche – ma sa scegliere – tra diverse alternative – fino a individuare la soluzione più rispondente alla propria motivazione d’acquisto. E’ un consumatore intelligente – che può ricorrere alla rete web per acquisire il parere dei più grandi esperti e confrontarsi con tanti altri operatori – senza spendere un solo euro e può decidere a tavolino dove – come – quando – da chi e a quali condizioni comprare.

E’ un consumatore esigente e indisponibile a compensare pregi e difetti: per lui un difetto pesa quanto dieci pregi e – se è soddisfatto del vino che ha acquistato – ne parla con tre persone – ma se è insoddisfatto lo dice almeno a nove persone. Di tutto ciò non ha senso meravigliarsi perché – a ben pensarci – è proprio quello che accade a ognuno di noi quando deve valutare un ristorante o un albergo – pur non essendo ristoratore – né albergatore – o quando qualcuno ci vuol vendere qualcosa che non abbiamo alcuna intenzione di acquistare. In compenso lo stile di vita – le esperienze – le competenze che il consumatore ha maturato ne hanno accresciuto la disponibilità a nuove emozioni – la sensibilità per il benessere – la curiosità per una storia – l’attenzione per un territorio. Dunque – oggi l’impresa vitivinicola compete in un mercato sempre più severo e selettivo – dovendosi rivolgere a clienti sempre più intelligenti – preparati ed esigenti – oltretutto appartenenti a diverse generazioni – con diversi riferimenti e stili comportamentali: il gusto di un giovane millennial che adora il rito dell’apericena è ben diverso da quello del consumatore over 60 – che apprezza la liturgia del vino da meditazione da sorseggiare nel dopo cena.

Ma – la sempre più complessa varietà di gusti – tendenze e mode – non costituisce un vincolo – quanto un’opportunità di sperimentare nuove soluzioni – purché si abbia la forza e il coraggio di vedere il mondo con occhi diversi e quindi di reagire in maniera originale e proattiva al cambiamento. A tal proposito – mi piace richiamare un vecchio proverbio cinese: “quando soffia il vento del cambiamento – alcuni costruiscono muri – altri mulini a vento”. Purtroppo – è molto più facile erigere muri o alzare steccati – che progettare e installare mulini a vento per volgere in positivo le nuove energie sprigionate dal cambiamento. E – invece – ogni minaccia – rappresenta una grande opportunità per le nostre imprese – a patto di comprendere che produrre un vino eccellente è una condizione necessaria – ma non più sufficiente per il successo e lo sviluppo dell’azienda. E – in effetti – assistiamo – sempre più – a episodi di eccellenza da parte di imprese che riescono ad accogliere l’evoluzione del mercato – come grande occasione di ripensamento della catena del valore: dalla concezione – alla progettazione – alla produzione – alla distribuzione – alla comunicazione del vino. In questo senso – diventa importante comunicare al mercato – con sempre maggiore efficacia – la qualità del proprio vino – ma le nostre imprese hanno compreso che la comunicazione è solo l’ultimo anello: non basta comunicare efficacemente un prodotto per farlo apprezzare al cliente – sarebbe come applicare una vernice preziosa a un tavolo sghembo: al più sarà un tavolo sghembo ben verniciato!

Proprio perciò – esistono qualificate testimonianze – sull’intero territorio nazionale – di imprese vitivinicole che stanno sperimentando come “vivere” diversamente i loro clienti – ad esempio – iniziando ad accoglierli nelle loro cantine fisicamente o virtualmente – con tutti i mezzi che la tecnologia mette a disposizione. Oggi le nostre imprese stanno apprendendo – sempre più e sempre meglio – le modalità più efficaci di: far conoscere la propria storia e la specificità del proprio vino – individuare i propri clienti – impostare un sistema produttivo e organizzativo coerente con la strategia aziendale – monitorare i costi – dimensionare la propria offerta – posizionarla e distribuirla efficacemente – impostare un efficace sistema di comunicazione con il proprio target. Dunque – le indispensabili e primarie competenze enologiche e agronomiche sono progressivamente integrate con competenze di gestione aziendale. Il tutto a vantaggio di una sempre maggiore collaborazione e interrelazione tra il tecnico che progetta il vino – l’esperto di marketing e l’esperto di gestione. Qualora tale collaborazione venisse meno – quasi che il prodotto e il mercato non fossero elementi di una stessa formula imprenditoriale – ma fattori distinti e distanti – ne risentirebbe irreparabilmente l’impresa. Le considerazioni fin qui sviluppate ci fanno comprendere come le nostre imprese vitivinicole stiano imparando ad ampliare la propria cassetta degli strumenti manageriali per affrontare dinamiche sempre più nuove e incalzanti e problemi sempre più strutturati e complessi.

Insomma – aveva ragione uno psicologo americano del ‘900 – abraham maslow – il quale sosteneva: “se l’unico strumento che possiedi è un martello – ogni problema ti sembrerà un chiodo da battere”. Proprio così: per risolvere problemi sempre più complessi e affrontare situazioni sempre nuove – occorre disporre di strumenti sempre più aggiornati per: progettare un modello di business – posizionare un prodotto – dimensionare la struttura organizzativa – conoscere e gestire i costi aziendali. Le nostre imprese lo hanno capito e lo stanno facendo con significativi e incoraggianti risultati. A questo punto voglio dedicare l’ultima parte della mia relazione alle fasi che hanno contraddistinto l’evoluzione manageriale dell’impresa vitivinicola e alle aree che richiedono sempre maggiore attenzione gestionale.

Fasi di crescita e strumenti manageriali

Desidero sistematizzare le considerazioni che ho – fin qui – sviluppato discorsivamente – rappresentandovi l’evoluzione dell’impresa vitivinicola negli ultimi trenta anni – in base a quattro fattori: l’ampiezza del mercato – le aspettative del cliente – il valore competitivo del prodotto – le competenze manageriali dell’impresa. Ebbene – il processo evolutivo può essere schematizzato attraverso tre fasi storiche:

Prima fase: l’impresa si rivolge a un mercato circoscritto costituito da clienti che sanno apprezzare la qualità del vino. In questo contesto – il brand aziendale costituisce – per il mercato – un elemento di garanzia e un fattore rassicurante. Pertanto – la competenza principale che l’impresa deve possedere è quella di “saper fare” un vino di qualità attivando le proprie conoscenze ed esperienze agronomiche – enologiche e tecnologiche.

Seconda fase: l’impresa amplia il proprio mercato intensificando le attività commerciali – nel frattempo i clienti sono diventati più esigenti: la qualità del vino non basta più – vogliono acquistare anche emozioni e sensazioni nuove e diverse. In questo contesto – inizia ad assumere spessore e consistenza la denominazione del prodotto – ovviamente in aggiunta al brand. L’impresa comprende che il “saper fare” è condizione necessaria – ma non più sufficiente: per convincere i propri clienti occorre anche “far sapere” – ovvero comunicare nel modo e nei posti giusti.

Terza fase: l’impresa si rivolge a mercati sempre più vasti e internazionali – nei quali vivono clienti sempre più preparati e documentati che – con una bottiglia di vino – acquistano una storia – un’esperienza – finanche la conoscenza di un territorio. Dunque – l’appartenenza al territorio diventa un valore competitivo che integra e corrobora quelli connessi al brand e alla denominazione. Allo stesso modo l’impresa deve sviluppare capacità gestionali che le consentano di procedere al posizionamento strategico del prodotto – alla segmentazione del mercato – al controllo dei costi e dei flussi finanziari indotti da strategie più estensive e aggressive e – ancora – alla ottimizzazione delle risorse di cui dispone.

Sono ben consapevole di avervi proposto una schematizzazione – ma la rappresentazione della congerie di episodi e tendenze degli ultimi trenta anni richiede – necessariamente una semplificazione interpretativa e rappresentativa che – peraltro – ha il grande merito di evidenziare la sempre maggiore esigenza di un approccio manageriale alla gestione intelligente dell’impresa vitivinicola. E – allora – procediamo con calma nella disamina delle competenze manageriali delle quali l’impresa vitivinicola deve disporre a integrazione – come ho già detto – delle insostituibili competenze primarie di agronomia ed enologia. Il comune denominatore di tali competenze manageriali potrebbe essere riassunto dal termine “economia” – il cui significato autentico – come sappiamo – comprende tutte le conoscenze e le regole necessarie per la gestione del proprio ambiente: si tratti di una casa – di un’azienda o di una città. Ma – non voglio cavarmela con una sola parola – sarebbe comodo – ma non altrettanto rispettoso dell’attenzione che mi avete rivolto e dell’interesse che mi state manifestando.

Ebbene – oggi, la valorizzazione e lo sviluppo di un’impresa vitivinicola – oltre alla qualità dei processi e dei prodotti – richiede grande sensibilità verso le esigenze e le aspettative del consumatore e puntuale conoscenza delle diversità dei mercati per latitudine geografica e per generazione – al tempo stesso richiede capacità di valutazione dell’efficacia e dell’efficienza delle reti di vendita e degli strumenti di comunicazione.

Richiede anche entusiasmo nell’analisi e nello studio del proprio territorio – della propria famiglia – della propria azienda – fino a individuare il cosiddetto “genius loci” che connota e contraddistingue il proprio vino rendendolo strutturalmente diverso da ogni altro – pur prodotto – da un’impresa confinante. E – ancora – garantire lo sviluppo della propria impresa – richiede capacità di valorizzare il personale – punto cardine di ogni organizzazione di successo – come dicevo in apertura. Occorre – poi – conoscere i propri costi per valutare al meglio le strategie di prezzo e definire le più mirate politiche di marketing – al tempo stesso – occorre tenere sotto controllo le dinamiche finanziarie per dimensionare anticipatamente fabbisogni e fonti di copertura e – dunque – per gestire la propria azienda – prima di essere gestiti da banche o da altri operatori finanziari. Dovrei ancora aggiungere le competenze necessarie per gestire gli acquisti – valutare i rischi – assicurare la sicurezza dell’ambiente di lavoro e la qualità dei sistemi di produzione – e tanto altro.

Ma non era mia intenzione fare la lista degli adempimenti – quanto – e piuttosto – sottolineare l’importanza di integrare gli strumenti tecnici tradizionali dell’impresa vitivinicola con le competenze di “economia e management” – proprio quelle che vengono insegnate nel vostro prestigioso ateneo che – oggi – mi conferisce una delle più importanti onorificenze da me ricevute.
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C.d.G.