IL SEMINARIO
Dalla pianta alla produzione. Tutti i segreti che si nascondono dietro al cioccolato raccontati in un incontro alla pasticceria Cappello di Palermo
Cacao
“meravigliao”
Il cacao come pianta, come merce di scambio, come bevanda proteica. Forse qualcuno conosce già le peculiarità di questo alimento, come i molteplici usi che ne sono stati fatti nel corso del tempo, eppure sembra che del cacao non se ne sappia mai abbastanza.
Per gli appassionati del tema, domenica 13 dicembre, presso la pasticceria Cappello, si è svolto uno speciale seminario sul cacao, organizzato dall’Università del Caffé di Trieste nell’ambito della manifestazione “Festival della scienza”, organizzata dal Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) in collaborazione con l’Università di Palermo. Si è parlato dell’affascinante mondo del cacao attraverso un percorso che è cominciato dalla storia della pianta, fino alle odierne tecniche di degustazione, passando per tutti i processi produttivi. Consumare il cioccolato con più consapevolezza, imparando a riconoscerne le proprietà organolettiche, così come le varietà è stata la finalità di questo piacevole corso.
Il cacao è una pianta buffa e curiosa. È una sorta di arbusto con rami non molto spessi e dei frutti grossi come una palla da rugby, le cabosse. Teobroma invece, è il nome della pianta e ne esistono di tre varietà, il Criollo, la più pregiata e rintracciabile esclusivamente nei mercati di nicchia, il Forastero, il più comune e di medio- bassa qualità, infine il Trinitario, che è il risultato di un innesto tra le due precedenti specie. La Theobroma non trasmette necessariamente i geni tra pianta padre e semi, anzi spesso non hanno quasi nulla in comune, per questo motivo la coltivazione di theobroma avviene per clonazione. Nella fattispecie si clona senza alterare le proprietà della pianta per garantire una certa quantità di prodotto ed evitare anche le malattie di cui spesso soffre la pianta.
La Theobroma inoltre, viene prodotta tutto l’anno poiché non ha stagionalità. Le fave di cacao vengono raccolte dalla cabossa e lasciate fermentare in casse di legno a temperatura controllata, è qui che si producono i precursori degli aromi. Vengono successivamente essiccate e riposte i sacchi di juta per essere spedite nei paesi che affinano il cacao. Il procedimento fin qui descritto viene infatti svolto nei paesi produttori (Africa, centro e sud America) che non consumano cioccolato. Le fasi di lavorazione seguenti sono la tostatura controllata (le fave non devono essere eccessivamente cotte perché rischiano di risultare amare), la macinatura ed il concaggio, che consiste nel mescolare il cacao a 60-80° per amalgamare gli aromi cercando di arrotondare i difetti attraverso l’aggiunta di una percentuale variabile di burro di cacao, la parte più grassa delle stesse fave. L’ultimo passaggio è il temperaggio, ovvero un processo di stabilizzazione del cioccolato che consiste nell’innalzamento e successivo abbassamento della temperatura per rafforzare i legami tra il cacao ed il burro di cacao.
Qualcuno si stupirà o forse storcerà un po’ il naso pensando che il cacao, come il vino, è soggetto ad un’analisi organolettica che coinvolge i cinque sensi. Proprio così, si comincia dalla vista, sottolineando che il cioccolato buono non deve essere per forza nero, anzi vi sono diverse varietà eccellenti anche di color rossastro. Il buon cioccolato non deve avere aloni o polverine bianche in superficie, la presenza delle quali sarebbe un indicatore di cattiva conservazione o uno sbalzo termico durante la lavorazione. La parte bianca è infatti il burro di cacao.L’udito è coinvolto in degustazione. Risulta infatti fondamentale all’analisi, il rumore prodotto dalla tavoletta di cioccolato che si spezza. Tale prova inconfutabile è detta snap.
Il tatto è importante per verificare se il cioccolato in questione è liscio e per testare la scioglievolezza al calore delle mani. Andiamo all’olfatto, dove il cacao ripropone sentori ben precisi che vengono associati ad elementi presenti in natura. Infine il gusto, dove oltre a riproporsi le note precedentemente sentite all’olfatto, è importante analizzare caratteristiche come l’amaro, il dolce, l’acidità e l’astringenza. Anche nel cacao vi sono infatti i tannini.
Come per il vino, anche per il cioccolato è importante saper leggere l’etichetta. La percentuale di cacao comprende se non specificato anche una percentuale di burro di cacao naturale. Se invece sull’etichetta si dichiara tra gli ingredienti la presenza di burro di cacao significa che questo è stato aggiunto in un secondo momento. In Italia non è infatti obbligatorio indicare se il burro di cacao è naturale o aggiunto dopo. Bisogna tenere presente che questo ingrediente è la parte grassa del cacao che ammorbidisce il gusto e copre i difetti. Infine, si sorprenderanno gli appassionati, il cioccolato bianco non è prodotto con il cacao, ma con solo burro di cacao, quindi è molto molto grasso.
L.D.T.