(Viviana Varese e Oscar Farinetti)
di Stefania Petrotta
Eataly è il Paese delle Meraviglie. Al suo interno moltissime eccellenze italiane del settore enogastronomico.
Da Torino a Bari, a New York come a Seul, gironzolare tra i suoi reparti è uno dei percorsi anti-stress migliori per qualsiasi gourmand. E sfidiamo chiunque ad uscirne senza aver acquistato almeno un prodotto. Al suo interno, non solo scaffali e vetrine ricolme di ogni leccornia, ma anche diversi punti dove poter mangiare: pizza, pasta, pesce e carne, non c’è nulla che non si possa far preparare per essere consumato sul posto. Quello che però non ci si aspetterebbe è di trovarci addirittura un ristorante stellato. Eataly ne ha ben due, uno nella sede di Torino al Lingotto e uno in quella di Milano all’ex Teatro Smeraldo ed è di quest’ultimo che vogliamo narrarvi. “Alice” è il nome e, come nel libro di Lewis Carrol, vi si accede attraverso una porta che potrebbe, ad un primo sguardo frettoloso, passare inosservata. Ma oltrepassato l’ingresso, come in qualsiasi Paese delle Meraviglie che si rispetti, ci si ritrova nel mondo che non ti aspetti: ampie vetrate su Porta Garibaldi fanno da scenografia ad una sala luminosa ed elegante con cucina a vista, all’interno della quale lavora senza soste la brigata guidata da quel portento di donna che è Viviana Varese. In sala Sandra Cicirello, un nome, un destino. Sandra è la scintilla che ha fatto scoccare la già fiammante Viviana verso la sua cucina odierna. Grande conoscitrice del mondo ittico, è insieme alla chef salernitana da una decina di anni, da quando il ristorate si trovava in via Adige. Oggi sommelier Ais, è suo il primo sorriso che accoglie i clienti al ristorante. Anche se dopo 15 anni ha deciso di proseguire il suo lavoro altrove.
La cucina di Viviana è una cucina prevalentemente di mare, caratteristica che ha voluto rimarcare nel nome del ristorante, passando dal logo su menù e tovaglioli e arrivando ai pesci che troneggiano al centro di ogni tavolo. A base di pesce, dunque, ma non solo, è una cucina che esplicita la propria origine campana ma che accoglie con gioia le influenze delle altre regioni che la chef ha avuto modo di conoscere nel suo percorso professionale in giro per l’Italia, una cucina in continua evoluzione sempre al servizio della materia prima, con prodotti di nicchia e di grande qualità.
Il nostro percorso inizia dagli amuse bouche: patata baby al forno con pancetta e burro su salsa di rosmarino e terra di olive, polpettina di salsiccia di Bra in brodo caldo di manzo,
coni Won Ton fritti ripieni di baccalà mantecato e limone candito e, per finire,
un magnifico bouquet di insalatine ed erbette con crema e granella di pistacchio salato che netta il palato e lo prepara ad accogliere gli antipasti.
Segue dunque “Senza via di scampo”, scampi marinati allo yuzu, tapioca, gel di scampi su brodo di cinque mele e granita di yuzu, fresco e gradevole nei suoi contrasti agrodolci.
Ma è la “Spugna” che ci ha stregato: cozze al burro nocciola acidulo su soffice crema di mandorla ed estratto di dragoncello. Tutti gli ingredienti in perfetto equilibrio ne fanno un piatto dal gusto “morbido”, pieno e avvolgente, di quelli che vorresti non finissero mai.
Ad accompagnare gli antipasti il pane, a cui la chef tiene in maniera particolare, un pane di grano arso che arriva direttamente dalla Puglia preparato per Alice dal Forno Sammarco.
Lo ritroviamo in “Maritati: il pane che sposò la minestra”, rivisitazione di un classico campano quale la minestra maritata versione “Vivianesca” con brodo di 4 carni, verdure di primavera, pane al grano arso, stracciatella e profumo di agrumi. Ottimo.
Segue “Pis&Love”, la classica zuppa di fagioli con la pasta arricchita da polpo e cozze. Piatto che ci era stato caldamente sponsorizzato da Oscar Farinetti e a cui non possiamo che dare ragione: ci manda letteralmente in visibilio.
Ultimo piatto salato il “Black code”, merluzzo nero su estrazione concentrata di zuppa di pesce, plancton, limone ed erbe. Una piccola opera d’arte alla vista che trova il suo corrispettivo al gusto. Insomma, bello e buono.
Chiudiamo con un tripudio di dolci. La “Già rotta”, meringa con spuma di zabaglione, vellutata di mandorla, mandorle croccanti di Noto (Presidio Slow Food),
brioche calda con gelato alla vaniglia e cannella,
“Omaggio ai “Fruttini di Don Matteo”, un misto di frutta in forma di sorbetti e gelati.
Per finire, un circo di cartone che viene aperto sotto i nostri occhi. Da un lato Viviana con mannaia e mestolo, dall’altro Sandra in equilibrio su un filo con un bicchiere di vino a mo’ di contrappeso. Tutt’intorno la piccola pasticceria: cannolicchio di barbabietola rossa e caprino dolce alla vaniglia; pompelmo candito; finanziera di mandorla e lime con panna cotta allo zabaione; frolla ricotta e pere; pepita d'oro di cioccolato, granella di nocciole e frizzi pazzi; chicca di cioccolato fondente balsamico e lampone; mini-Sacher.
Un percorso che segue il filo coerente di una cucina raffinata, al contempo semplice e solare, che fa della riconoscibilità immediata di ogni suo ingrediente il proprio punto di forza, con un’attenzione all’estetica sempre evidente ma mai predominante. Servizio cordiale, disponibile e “alla mano” ma sempre altamente professionale. Circa 400 le etichette nella carta dei vini. Menù degustazione da 125 a 150 euro, vini esclusi.
Alice Ristorante
c/o Eataly Milano Smeraldo, piazza XXV aprile, 10 – Milano
t. 02 49497340
Chiuso: domenica
Ferie: mai
Carte di credito: tutte
Parcheggio: no