L’ESPERTO
L’enologo Donato Lanati: “Il fenomeno ha riflessi sulla viticoltura. Bisogna puntare di più sulla ricerca e sull’utilizzo di vitigni autoctoni”
Desertificazione,
Sos dai vigneti
Il problema della desertificazione è ormai divenuto un fenomeno di portata mondiale che riguarda più di 100 Paesi. Come dichiarato dal Consiglio delle Nazioni Unite sulla lotta alla siccità e la desertificazione, in Europa il Paese a maggior rischio di siccità è la Spagna, mentre per quanto riguarda l’Italia la Sicilia è la regione maggiormente esposta.
Da un po’ di tempo si registrano piogge più brevi e intense, si allungano i periodi secchi all’interno dello stesso anno; si riscontrano con maggiore frequenza anomalie di temperatura: ma quali saranno i risvolti per l’agricoltura ed in particolare per la viticoltura? Secondo Donato Lanati, uno dei più importanti enologi nel panorama vitivinicolo internazionale, il problema sarà quello di capire “dove andare a realizzare i nuovi vigneti e dove eventualmente spostare quelli attuali” e poi, altra questione, “come cercare di ottenere vini che non superino i 14° di alcool”.
A tal proposito Lanati è del parere che la ricerca possa fare molto. “Occorre – dice – cercare di studiare delle membrane gassose in grado di realizzare una sorta di dealcolizzazione dei vini o comunque trovare delle soluzioni affinché si possa effettuare una sottrazione degli zuccheri dai mosti in modo da ottenere dei vini più bevibili, con un grado alcolico accettabile e in tal senso la stessa Organizzazione Mondiale della Vite e del Vino ha stimolato tutti gli Stati membri a portare avanti questi studi per la riduzione dell’alcool. L’attività di ricerca – prosegue Donato Lanati – dovrà ovviamente riguardare anche la viticoltura cercando di trovare delle soluzioni che ad esempio possano permettere di ottenere meno zuccheri negli acini: zuccheri che, come si sa, vengono prodotti dalle foglie, e pertanto bisognerebbe cercare di far riflettere parte dei raggi solari che favoriscono la fotosintesi clorofilliana e dunque la formazione di zuccheri”.
Da qui dunque l’importanza della ricerca da un lato ma anche la necessità di una maggiore attenzione da parte dei viticultori che devono, secondo il noto wine maker, cercare di fare di più, puntando sulla coltivazione dei vitigni tradizionali, non solo perché più adatti alle condizioni ambientali isolane ma anche perchè espressione del proprio terroir, in grado di far esportare il made in Siciliy. Donato Lanati esalta da sempre i vini del territorio: l’enologia deve permettere l’affermarsi di vini che rispecchiano la loro originalità e pertanto siano legati in modo autorevole al proprio territorio ed è per questo che suggerisce ai viticoltori siciliani di “credere di più nei propri vitigni, che racchiudono in sé il territorio, la tradizione, la forza di una gente che è risuscita a portare avanti la viticoltura nell’Isola”.
“Occorre – dice ancora Lanati – vincere la globalizzazione con la biodiversità ed è per questo che gli enologi devono cercare di evitare l’introduzione di varietà internazionali e cercare di studiare maggiormente le cultivar locali e renderle appetibili al mondo”. Fra i vitigni da valorizzare vi è il Frappato, varietà che in genere entra nella produzione del Cerasuolo di Vittoria insieme al Nero D’Avola, dandogli un certo valore aggiunto, ma che da solo riesce, secondo Lanati, a dare origine ad un vino rosato elegante dalle molteplici possibilità interpretative, ricco di profumi e aromi fragranti di ribes rosso e di ciliegia selvatica. “Questo è un vino – spiega Lanati – che risente molto del territorio del sud-est siciliano e che riesce a variare a secondo l’area di produzione: i suoi profumi sono legati sempre alle stesse molecole odorose, ma queste variano in quantità a seconda la zona di produzione. È un vino unico che non ha concorrente eguale al mondo: servito a tavola sa esprimere tutta l’eleganza della Sicilia”.
Gianna Bozzali