L’INTERVISTA
Il ministro per le Politiche agricole parla a Cronache di Gusto della produzione di vino dell’Isola: “Ha raggiunto posizioni di prestigio. Ma c’è un gap strutturale da superare quanto prima. Bisognerà darsi da fare”
Doc Sicilia, Zaia:
“Giusto aggregare
ma il problema
è nazionale”
La Doc Sicilia, la produzione di vino nell’Isola, la crisi e i mercati esteri. Luca Zaia, ministro per le Politiche agricole, parla di eccellenza nella qualità ma anche di “un gap strutturale da superare quanto prima” per cui è assolutamente necessario “darsi da fare”.
Ministro Zaia, cosa pensa della proposta di una Doc regionale per la Sicilia?
“Il nostro Paese ha 41 Docg, 316 Doc e 120 Igt, segno dell’alta vocazione vitivinicola dei nostri territori e della straordinaria diversità e tipicità delle regioni italiane. In questo contesto, la dimensione produttiva è di per sé un valore, soprattutto in relazione alle esigenze commerciali delle imprese. Il ministero e il Comitato vini Do (raggruppa tutte le denominazioni d’origine, siano esse Doc o Docg, ndr) e Igt valuteranno attentamente e in modo positivo le soluzioni condivise che la filiera produttiva vorrà proporre, per aggregare le Do o Igt limitrofe. Si tratta di un problema squisitamente nazionale e dovremo risolverlo insieme, nell’interesse di un settore essenziale per il nostro agroalimentare”.
Cosa pensa della produzione del vino in Sicilia?
“La Sicilia è una regione da sempre vocata alla vitivinicoltura e si conferma il primo produttore a livello nazionale con circa 115.000 ettari e con una produzione stimata per la vendemmia 2009 di circa 6.300.000 ettolitri. La produzione dei vini di qualità è in aumento e il vino confezionato si attesta attualmente a circa il 25% della produzione totale. Un risultato di eccellenza”.
Quali influenze l’attuale crisi economica sta avendo nei confronti della produzione di vino?
“In una situazione di stagnazione del commercio mondiale, anche il vino ne risente negativamente. I prezzi delle uve hanno subìto una sensibile contrazione dovuta anche alle notevoli giacenze di vino in cantina. Ma la produzione di questa vendemmia si preannuncia molto buona e la ripresa economica ci rende ottimisti. Nel 2009 la Sicilia ha usufruito di oltre 52 milioni, come previsto dalle misure per il settore vino contenute nel Programma Nazionale di Sostegno. Altrettanti ne sono stati stanziati per il 2010, proprio perché il vino è il fiore all’occhiello della terra sicula. Inoltre, per il miglioramento della qualità, in attuazione del regime di estirpazione vigneti, la Sicilia ha estirpato circa 3500 ettari usufruendo di fondi comunitari di oltre 19 milioni”.
A tal proposito, crede che il meridione d’Italia sia più svantaggiato del nord?
“Il comparto enologico italiano non ha rivali. Sommando la quantità alla qualità che i nostri operatori sanno produrre, abbiamo ottenuto il primato mondiale. In questi ultimi anni la Sicilia, in particolare, ha raggiunto posizioni di prestigio nel comparto vitivinicolo. Che esista però un gap strutturale da superare quanto prima, è sotto gli occhi di tutti. Bisognerà darsi da fare”.
Quali sono i mercati che guardate con più interesse?
“La produzione siciliana, come del resto quella nazionale, dovrà sempre più essere orientata all’esportazione per allargare quanto più possibile il mercato. Ecco perché i Piani nazionali di sostegno prevedono fondi destinati alla promozione sui mercati dei Paesi terzi. Seguiamo con attenzione l’evoluzione dei consumi dei mercati Asiatici, in particolare quelli dell’estremo oriente come Giappone, Corea, India e Cina. E lavoriamo per consolidare le nostre posizioni nel mercato statunitense e nei mercati europei”.
Qual è l’ultimo vino che ha bevuto?
“Il Prosecco, eccellenza della terra da cui provengo. Ma apprezzo tantissimo i vini siciliani, dal sapore forte e intenso, conosciuti e amati in tutto il mondo, simbolo della migliore arte enologica della vostra Isola. A fine settembre ho partecipato alla vendemmia delle viti ‘eroiche’ di Pantelleria. Lì ho ribadito quanto siano importanti per noi le realtà locali, le coltivazioni tradizionali, le produzioni che caratterizzano la nostra agricoltura e l’agroalimentare italiano. Oltre a un importante settore dell’economia nazionale, esse costituiscono un patrimonio insostituibile: la nostra memoria”.
Marco Volpe