di Mauro Ricci, Palermo
Ieri sera è partito, a Palermo, per la sua nuova promettente navigazione Ballarak Magione, il secondo locale dedicato all’estate del noto brew pub di Ballarò.
Il luogo, l’ambiente in cui il pub è immerso è la piazza Magione che ha il fascino delle mille storie che lì si intrecciano dai Punici antichi, agli Arabi eccelsi, ai Normanni forti e astuti per arrivare su un’onda di popolo e di provenienze fino ad oggi passando per il Medioevo, il Barocco e l’Ottocento e che i ragazzi offrono in godimento con le loro trenta spine, il loro entusiasmo, la loro forza giovane per un’evento unico. Piazza Magione, si configura ”urbanisticamente come spazio libero limitato da costruzioni“ (L. Benevolo ) che consente di leggere tutta la sua storia nei resti di acciotolato e prato che oggi, dopo le demolizioni degli anni passati, mettono in evidenza le tracce della sua ampia e variegata storia dai giardini della cittadella “Fatimide “della Kalsa ancora presenti nella bella, austera chiesa della ”Santissima Trinita”, detta popolarmente “della Magione”, agli insediamenti avvenuti nel tempo che avevano cancellato le tracce di tutte le storie. La scelta strategica dei quattro soci Alessio, Eugenio, Marco e Michele è quella di potere contare su una continuità operativa e produttiva, avendo a disposizione un locale che possa essere attivo anche nella calura estiva. Le birre presenti nella “tap list” oltre alle 12 prodotte da Ballarak, sono di un seguito di ospiti che si alterneranno nei prossimi mesi; ci sarà anche una selezione di sidri.
Fra le presenze note mi piace ancora ricordare la “belle de jour“ per la sua caratteristica di essere stata creata ed eseguita con chiarezza e decisione ottenendo il risultato voluto alla prima prova, in qualche modo premessa e filo conduttore a quanto perseguito e realizzato con gli allievi della scuola “Ballarak Homebrewer Accademy“. Eugenio, il birraio, è molto soddisfatto dei risultati raggiunti, si è creato un gruppo di appassionati, competenti che hanno studiato ricette di assoluto rilievo con una esecuzione ancora, molto ”assistita”, ma seguita con attenzione dai più esperti, scopo di questo primo anno. I primi obiettivi seguono una linea di attenzione a muoversi su temi della tradiazione, classici o “sperimentali“, come spinta a una personale lettura dei temi per potere esercitare fin da subito un senso critico in un confronto con i prototipi scelti e di riuscire quindi a realizzare il più possibile ricette di cui immaginare con buona precisione il risultato finale.
BHA03, Boemian Pils è la prima delle birre realizzate dalla scuola presentate ieri. E' quella che segue più da vicino i canoni dello stile. E'stato impiegato un malto boemo tipo Pils, così per il luppolo, boemo, sia per l’amaro che per l’aroma, sia per il lievito,un “boemian lager”. Il risultato è quasi calligrafico, una bella schiuma chiara di grana fine, aromi e profumi leggeri, precisi di fiori e di erba fresca in un garbato bouquet in cui il dolce del malto supporta bene alcool e luppolo. La bevuta comincia con una sensazione morbida, aggiustata con garbo da un amaro leggero, il corpo è esile e molto scorrevole, così si possono passare allegri pomeriggi a chiacchierare sul bel prato che chiama fuori dal pub, è la birra che più si può desiderare in questi casi. Mi viene di annotare che se questa è la prima prova, c’è ben più che di essere contenti: fare al primo colpo una “sessione beer“ così convincente, piacevole, garbata, è sicuramente un ottimo risultato per la scuola e per il maestro.
BHA02, questa seconda realizzazione della scuola, è molto più complicata (e complessa ) che si rifà ad una recente tipologia emersa nell’ambiente statunitense, ancora sperimentale, quasi provocatoria, che viene definita “juicy”, succosa per connotati che vengono perseguiti nell’abbondanza esagerata dei componenti di base. Il malto, un pregevole e denso prodotto inglese, il “maris otter”, fiocchi di frumento, fiocchi di avena in buona quantità, malto, caramello, luppoli in dosi doppie del consueto con una selezione soprattutto di neozelandesi e australiani ed una aggiunta all’acqua di sali per addolcirla. L’ipotesi è di una ricetta in cui aromi, profumi siano intensi (esagerati), cosi i sapori, giocando molto sull’evitare il più possibile l’amaro del luppolo esaltandone al massimo l’aroma. La schiuma densa di grana media, abbastanza persistente nel bicchere, sormonta un liquido torbido, giallo opaco, così voluto per abbondanza di proteine e non di lieviti, gli aromi e i prufumi sono intensi non sempre così facilmente individuabili, in un melange in cui sopravanza il sentore di frutta esotica e una sfuggente acidità. La bevuda è densa, comincia con i malti in un corpo piuttosto consistente e gli aromi dei luppoli sopravanzano nel finale con sentori quasi metallici in una coda fortemente aromatica, lunga, persistente e un retrogusto etereo, balsamico piuttosto marcato. La realizzazione appare ben dominata nei tratti essenziali, anche se con una maturazione un poco più lunga potrebbe ancora crescere in qualità e gradevolezza. Maestro e allievi al di là di essere soddisfatti per i prodotti, concretizzano una realizzazione, dopo questo primo anno, nella struttura BHA, piuttosto rara in Italia e che indica una strada per crescere, sperimentare, superarsi nella ricerca, utilissima per chi insegna, ma ancora più per chi impara. L’augurio che tutto possa proseguire con passo sicuro, vivace, allegro e in ampia crescita.
Ballarak
via Castrofilippo – Palermo