L’EDITORIALE
Aziende impreparate alla partita con il tempo. Fretta di vendere, pochi spazi in cantina. Eppure …
Vini longevi
in Sicilia:
la prossima sfida
di Fabrizio Carrera
L’altra sera con un gruppo di appassionati abbiamo bevuto una Ribolla triestina. L’annata era il 2003, il colore era giallo ambrato: era buonissimo. Sei anni dopo il vino riusciva ad essere vivissimo, intrigante e profumato nonostante il tempo passato. In una parola: emozionante.
Ed era un bianco. Non è facile. Tuttavia noi di cronachedigusto.it ci interroghiamo sempre di più sul fatto che i vini buoni devono dimostrare di essere anche longevi. Riteniamo che la Sicilia del vino – perché questa per noi è la regione di riferimento – debba oggi fare uno sforzo complessivo per dimostrare che nell’Isola i vini non solo si fanno bene ma possono sfidare anche il tempo, caratteristica da non trascurare. E le potenzialità ci sono tutte. Il territorio ci aiuta a poter raggiungere l’obiettivo. Il clima, la terra, le conoscenze enologiche, ci possono essere di grande aiuto. D’altra parte basta volgere lo sguardo ad alcune regioni vitivinicole del mondo, quelle importanti, per comprendere che lì la longevità è un dato di fatto. Non è un mistero che certi rossi piemontesi o certi Chablis francesi possano essere bevuti dopo molto tempo. Il prestigio di tali zone dipende anche dalla capacità dei vini di sfidare il passare degli anni. In Sicilia invece siamo ancora agli inizi. Ci sono soprattutto esigenze commerciali, il desiderio cioè di produrre e vendere il più presto possibile per incassare qualche soldino. Il che è naturale e comprensibile. Tuttavia se si vuol dare smalto alla propria produzione bisogna osare, bisogna fare qualche sforzo in più e provare a concepire i vini per durare nel tempo e a venderli senza fretta lasciandoli affinare in cantina. Impossibile? Pensiamo proprio di no. Poi, diciamolo con franchezza, talvolta certe cantine vorrebbero pure far affinare i propri vini ma non hanno spazi disponibili. Cantine anguste o piene di botti, progettate senza spazi adeguati. Errore da matita blu. Che fa il paio con il fatto che molte aziende non hanno conservato negli anni un buon quantitativo delle proprie bottiglie prodotte, quello che qualche amico enologo chiama “lo storico”. Ovvero l’accantonamento di 200-300 bottiglie per etichetta (ma anche di più) per studiarne anno dopo anno l’evoluzione che può avere su alcuni vini risultati sorprendenti. Ma se il vino non si conserva come si fa a capirne l’evoluzione? Il nostro giornale in alcuni eventi ha chiesto il coinvolgimento di alcune aziende siciliane, anche prestigiose, nelle degustazioni di annate per così dire “antiche”. Ma molte cantine hanno declinato l’invito. O perché non hanno vino all’altezza o perché hanno esaurito le bottiglie. Peccato. Siamo certi che per il prossimo futuro sapranno difendere il proprio passato enologico. Noi, nel nostro piccolo, insistiamo. Tanto che il 12 settembre a Milo, in provincia di Catania, sulle falde dell’Etna, nell’ambito di ViniMilo, organizziamo una nuova degustazione che vedrà per protagonisti dieci vini del ’99, tutti siciliani tra rossi e bianchi. E siamo sicuri che già queste aziende fanno già un lavoro importante affinché i propri vini sappiano sfidare il tempo e offrire al pubblico esperienze sensoriali uniche che un bianco o un rosso giovane non potrà mai offrire. Ne parliamo in un altro articolo di Cronache di gusto. E’ un invito per gli appassionati a partecipare, ma soprattutto un consiglio – scusate se non richiesto – affinché le aziende siciliane lavorino sempre più per garantire longevità ai propri vini. È la nostra prossima sfida. La possiamo vincere.