Gualtiero Marchesi intervistato da Fabrizio Carrera per il Giornale di Sicilia e Cronache di Gusto nel novembre del 2015. Ripubblichiamo il testo in cui il Maestro scomparso ieri (leggi qui) parla del suo amore sbocciato per la pizza, il rapporto degli italiani col cibo, di Expo e Milano e tanto altro.
La pizza è il nuovo amore di uno dei grandi chef italiani. Una sorta di folgorazione per Gualtiero Marchesi, l'uomo che ha cambiato la cucina italiana qualche lustro fa e continua a sfornare progetti dall'alto dei suoi 85 anni. “Me ne sono infatuato. Ho conosciuto un pizzaiolo, ho approfondito la tecnica per farle, l'importanza dell'impasto, la farina. Mi piace sottile, leggera, con un filo d'olio extravergine. Un grande prodotto. E pensare che avrei avuto tante occasioni per conoscerla. In tutto la mia vita l'avrò assaggiata un paio di volte. E invece adesso…il colpo di fulmine”.
Dire se la pizza diventerà un nuovo progetto per Marchesi è ancora un po' prematuro. Di certo non passerebbe inosservato. Lui, milanese doc con una moglie di origini siciliane e uno stuolo di musicisti tra figlie e nipoti abituato ad alleggerire e ammodernare i piatti della tradizione meneghina che mette le mani in pasta per una margherita o una quattrogusti. “Però – ammette – ci sto pensando. Vedremo”. Il maestro Marchesi parla a un tavolo del suo Marchesino, la caffetteria un po' bistrot che da pochi giorni è diventato anche semplicemente “Marchesi”. Ovvero un ristorante, il suo ristorante, aperto solo a cena nei locali attigui alla Scala dopo la parentesi durata venti anni del ristorante stellato all'Albereta, in Franciacorta, il locale di proprietà della famiglia Moretti. Con Marchesi si parla di Expo, nel giorno della chiusura. Sarà presente anche alla cerimonia di chiusura. E le sue sono parole di soddisfazione. “Ci sarò andato sei, forse sette volte. Bella vetrina per l'Italia, bella occasione per tutti. Per me il bilancio è soddisfacente. Anche mia figlia che vive in Alsazia ci è andata quattro giorni di fila. Ne è rimasta entusiasta”.
E allora viva Expo?
“Sì. E basta con i criticoni. Rifletteteci: critica solo chi non fa. Troppo facile. Expo è stata una bella occasione. Peccato invece che Milano nel suo complesso la vedo peggiorata. Troppo disordine, troppo spregio delle regole, dalla pulizia alla viabilità andiamo male. Expo in questo è servito poco”.
Maestro, ma oggi come mangiano gli italiani?
“Mangiano nelle proprie abitudini. Cioè in modo abbastanza tradizionale. L'Italia è un Paese pieno di locali tradizionali, sono quelli del successo, ovvero le trattorie. Con questo non voglio dire che mangiano male. Ma avremmo bisogno di ammodernare un po' la cucina. Bisogna alleggerire tutto. Non facciamo i lavori faticosi di una volta. Non abbiamo bisogno di tante calorie. E allora meno grassi, meno condimenti, più rispetto per la materia prima…”.
Allora: cucina salutistica, avanti tutta?
“Sa cosa diceva Ippocrate? Fai che il cibo sia la tua medicina. Più chiaro di così…E invece oggi esageriamo. Mia madre ricordava sempre che il condimento non deve condire il piatto ma la pasta. E invece spesso abusiamo. Ci sono certe pietanze che navigano nelle salse. E poi bisogna aver rispetto della materia prima. Come fanno i giapponesi”.
Cioè?
“Io li adoro. Rispettano la materia prima, non la strapazzano, ne esaltano la bellezza anche nella presentazione. Dovremmo prendere esempio da loro”.
Slow Food e Mc Donald's sulla stessa barca. Le è sembrata una convivenza possibile?
“Da una parte se vogliamo sfamare il mondo anche Mc Donald's serve. Ma penso anche che con Expo Slow Food ha avuto una grande occasione per portare avanti le proprie idee. Il tema di avere cibo per tutti è vecchio di millenni. E l'industria alimentare puó svolgere un ruolo contro la fame. Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, non me ne abbia. Anche io so cosa significa vivere in campagna, vengo da San Zenone al Po, conosco quel mondo. Proprio per questo credo che l'industria può servire. E poi il vero problema di oggi è che sprechiamo moltissimo. E sarà molto difficile che la gente cambi abitudini”.
E a liberarci dal dramma della fame nel mondo?
“Forse si potrà far qualcosa. Ma ricordo una frase dello storico Arnaldo Momigliano: “A causa del mutamento la nostra conoscenza del mutamento non sarà mai definitiva. La misura dell'inatteso è infinita””.
Oscar Farinetti, il patron di Eataly, sostiene che tutto il mondo ci invidia per la cucina, le opere d'arte e i monumenti. Ma noi non facciamo nulla per soddisfare questa domanda. Lei è d'accordo?
“Diciamo che non siamo bravi comunicatori. Ma tutto questo accade quando si ha tanta roba. Gli altri non hanno niente e si fanno notare di più. Pazienza. Ma ricordiamoci sempre che il nostro è un Paese straordinario. Ma non l'abbiamo fatto tutto noi. Siamo il frutto di tante culture. Però alla fine cosa fa l'italiano? Va per conto proprio”.
Il food non conosce crisi. Cosa sta accadendo?
“È una moda. Non se ne può più. Perchè le mode vanno e vengono. Le idee non muoiono mai, ma lo stile puó cadere in disuso. Nelle tv imperversano programmi e programmi. Ora c'è anche la moda dei vegetariani, dei vegani…una moda, appunto. Ma la cucina è un'altra cosa”.