Questa settimana racconterò di due birre di un birrificio giovane, promettente in rapida crescita: Alveria di Canicattini Bagni in provincia di Siracusa che ho presentato ad aprile con la sua storia fatta di volontà e di passione (leggi questo articolo).
Il progetto iniziale aveva quattro birre in offerta, sviluppate in buona misura ancora prima di avviare l’attività, tutte giocate sulle varietà degli aromi dei luppoli, passione di Gabriele Siracusa birraio, di cui presentai la Imperial Ipa, la più rappresentativa e la sintesi di questa prima proposta. L’evoluzione ha avuto due direzioni. Una di ideale completamento della prima offerta, una Imperial Stout che mancava, dove ci si cimenta su un terreno in cui il gioco con i malti si sostituisce a quello dei luppoli e un passaggio in botte aggiunge note anche recuperate dal passato che ne arricchiscono la complesità. La seconda via si sviluppa su una strada parallela che apre una prospettiva di evoluzione continua nel tempo, lo stile “saison” che offre possibilità ampia di variazioni sul tema.
(Gabriele Siracusa)
Definire questi due stili è piuttosto complesso. Il nome Imperial Stout riporta a tempi lontani del mondo birrario britannico. Le Stout sono state per lungo tempo avvicinate alle Porter (la più diffusa birra britannica nel mondo), forse solo diverse per una maggiore gradazione alcoolica. Tempi più recenti vedono il termine Stout sempre più avvicinato ad aggettivi che esaltavano le caratteristiche alcooliche, di consistenza, complessità delle birre scure britanniche. Un esempio è la Imperial Double Brown Stout a significare sicuramente alcool elevato (nell’Ottocento si parlava in Inghilterra di sei gradi), corposità e densità della birra. Si racconta che una birra molto gradita in Russia dalla Zarina Caterina La Grande, importata dall’Inghilterra, era la Imperial Russian Stout. Qui si potrebbe ipotizzare che l’aggettivo Imperial sia anche un omaggio al destinatario. Queste birre, questo stile, viaggiano con successo insieme alla Porter e insieme declinano per arrivare al periodo fra le due guerre in cui il declino continua fino a vederle scomparire. E’ nel secondo dopoguerra che la imperial stout scompare definitivamente quando i pochissimi birrifici rimasti a produrla smettono la loro attività. Sono gli statunitensi a rivitalizzare e a definire meglio questo tipo di birra. Sapevamo dalla tradizione che erano birre con malti molto colorati e molto luppolate in opposizione alle porter e il termine Imperial era percepita come l’indicazione di un salto di qualità e rappresentavano una parte importante della proposta di ogni birreria. Dopo la rinascita dello stile negli Stati Uniti, l’Imperial Stout è ora una birra dei nostri giorni. E' molto frequente che gli attuali birrai propongano una birra di questo stile a completamento della propria offerta, spesso variamente reinterpretate.
La Imperial Stout di Alveria ha un poco questo significato, il completamento della propria prima linea. La birra è “imperial” per il suo grado alcolico, il colore scuro impenetrabile come la notte, di qui il nome Ciaula, il personaggio di una novella di Pirandello che aveva paura del buio della notte finchè, uscendo dalla miniera non scopre il chiarore della luna piena e resta incantato. Così dalla vista alla bevuta si scopre una luce dal sapore ineffabile che a un primo momento ti lascia incantato. Il complesso bouquet di aromi e profumi che il birraio ha composto con malti già ben dosati e luppoli che stemperano le note di cioccolato, liquirizia e vaniglia con un corpo che bene regge gli otto gradi di alcool e una bevuta appagante, ma che finisce asciutta con una coda ben composta fra amaricante dei luppoli e una vena di malti piacevole. Ora che le temperature scendono, resta una voglia di bere ancora con moderazione, ma con un gradevole senso di distensiva soddisfazione e di calore.
La scelta per l’altra via di evoluzione di percorrere la suggestiva linea delle “Saison”, con la quale aprire la porta a varianti stagionali, di occasione di fantasia e creatività del birraio, richiede di vedere meglio cosa sono le Saison. Questo stile non è facile da definire, sebbene le birre saison siano prodotte ovunque dal Belgio al resto del mondo, sfuggono a definizioni precise e vincolanti, essendo birre molto diverse fra loro. Alcune caratteristiche sensoriali le accomunano: molto secche, frasche, speziate con un finale amaro, dissetanti. Originariamente erano birre che, prodotte nel periodo invernale, dovevano essere bevute nella stagione estiva fino a quella dell’anno successivo. Fortemente luppolate, fatte fermentare anche con batteri lattici per la conservazione e la freschezza e un tenore di alcool elevato (per i tempi voleva dire 4 gradi). Queste birre erano prodotte in una regione agricola del belgio francofono, l’Hainaut in Vallonia, da cui originano i particolari lieviti che ancora oggi vengono utilizzati e che dai primi tempi si sono evoluti e sviluppati e hanno assunto caratteristiche così specifiche da renderli essenziali per produrre le saison. Le caratteristiche ambientali e il lavoro di coltivazione portato avanti dai birrai e dai birrifici del territorio hanno contribuito a creare un ceppo completamente originale. Le birre erano brassate spesso dagli stessi contadini che le producevano per poi utilizzarle quando il lavoro duro dei campi richiedeva sostegno e freschezza. Gli ingredienti erano i più vari: dall’orzo maltato al frumento, la segale, il farro, le spezie, tutto secondo le disponibilità di materie prime che il contadino birraio aveva a disposizione, che trovava nella campagna. Grande variabilità e libertà nella costruzione di queste birre con l’occhio solo alle caratteristiche necessarie per il suo uso.
Queste peculiarità di libertà creativa con poche linee guida sono entrate a fare da elemento ispiratore di Gabriele e perseguire una evoluzione della sua offerta. Il birraio ha cominciato subito con una versione base su cui costruire le varianti, sono la Saison Centobocche di Alveria e la Pacific Saison Centobocche, variante più luppolata della prima. Il progetto è stato chiamato Centobocche a volere significare che da esso scaturiranno birre che andranno bene per tutti i palati, per “cento bocche”. La versione base si presenta di un leggero colore paglierino, con note speziate leggere al naso, sapori e sentori freschi e intensi di agrumi, pompelmo, limone; la bevuta è garbata con una iniziale leggera piccantezza seguita da una nota citrica con corpo leggero che equilibra alcol e luppolo, tutti giocati su un fondo morbido che si chiude asciutto, secco. Lieve prevalere nella coda di un amaro aromatico. Se gli obiettivi erano quelli che abbiamo delineato per lo stile saison in precedenza, sono stati raggiunti con garbo e finezza. La bevuta è piacevole e dissetante per una “bocca” che ama le cose prive di grandi contrasti, poco ruvida.
La Pacific Saison Centobocche, la prima birra costruita su quella base, ha una variante significativa che riguarda i luppoli, nello specifico due: uno australiano e uno neozelandese (quindi Pacific) che, aggiunti in buona quantità, esprimono tutte le loro caratteristiche con sentori spiccati di frutta esotica, mango, papaya e un fondo di amaro aromatico bene in evidenza. La schiuma è abbondante, piacevole su un liquido giallo paglierino e porta felicemente gli aromi e i profumi al naso; la bevuta comincia con una leggera piccantezza, forse di pepe su un corpo scorrevole con note molto più intense di luppolo e malto che bilanciano l’alcol e si compongono in una coda secca in cui l’amaro e gli aromi si presentano in evidenza. La bevuta è accompagnata da una nota citrica rinfrescante. Questa è una saison che non teme di essere se stessa con una ruvidità piacevole che disseta e appaga chi cerca sensazioni più intense. L’obiettivo è stato raggiunto con toni, immaginiamo, più vicini alle versioni contadine dell’origine. Le birre sono in vendita a 5 euro la bottiglia da 0,33 e 8 euro per la bottiglia da 0,75.
Rubrica a cura di Andrea Camaschella e Mauro Ricci
Birrificio Alveria
Contrada Bosco di Sopra,11
Canicattini Bagni (SR)
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