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Birra della settimana

La Birra della Settimana – Pescolanciano ComunAle del birrificio La Fucina

27 Agosto 2017
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di Mauro Ricci

Il Molise, piccola regione di boschi, montagne, silenzi incantati fra Abruzzo e Puglia, sull’antico sentiero da Candela a Pescasseroli, percorso in passato dalle greggi in transumanza dalle pianure pugliesi ai monti molisani – abruzzesi, è patria di un estroso e singolare birraio di Pescolanciano, piccolissimo paese immerso con il suo castello in un paesaggio da fiaba.

Angelo Scacco vince una borsa di studio alla Bocconi laureandosi con il massimo dei voti, e inizia a girare il mondo per assistere le aziende in difficoltà esistenziali. Poi torna a Pescolanciano, abbandona tutto e apre un birrificio. L’illuminazione sulla strada di Damasco gli capita alla fine dell’ennesimo giro di consulenze, sballottato fra Nigeria, Kazakistan, Svezia e infine Bucarest, dove presa dimora in hotel, esce per cena e al rientro si dirige alla camera 237 dove la chiave di plastica anonima non apre. Gli aprirà dall’interno un garbato tedesco e non riesce a raccapezzarsi. In portineria si accorge che la 237 era la camera del giorno prima a Aktau ora aveva la 458 e mentre saliva alla 458 decideva che da grande avrebbe voluto fare il birraio (era anni che faceva birra in casa). La birra scelta questa settimana è la Pescolanciano ComunAle, prodotta dal birrificio la Fucina di Angelo.


(Angelo Scacco)

E’ una birra con una storia molto particolare e se volete assaggiarla dovete immergervi nella magia naturale di Pescolanciano, dove la troverete ovunque e solo li’. La vicenda della Pascolanciano ComunAle nasce dalla volontà di far conoscere il mondo della birra artigianale in questo piccolo sperduto paese: visti gli stili di bevuta dei pescolancianesi, del tutto orientati verso le birre industriali e le scarse disponibilità economiche presenti in una realtà di settecento persone, la maggior parte pensionati o con occupazioni saltuarie, si è deciso di creare una birra che tenessse conto delle aspettative di bevuta e delle disponibilità dei compaesani di Angelo. Sono stati distribuite nei quattro bar e nei tre ristoranti del paese cinquecento questionari dal titolo “come volete che sia la vostra birra”? I questionari compilati sono stati quattrocento. Le domande erano quattro: colore; carbonazione; livello della schiuma; grado alcolico. Il risultato è stato che i pescolancianesi gradiscono una birra di colore giallo chiaro, con poca schiuma, poco carbonata e massimo di cinque gradi alcolici. Prodotti i primi cinquecento litri tutta la popolazione è stata invitata a passare in birrificio per assistere a una cotta pubblica e perchè scegliesse quale bozza di etichetta potesse essere la migliore di quelle proposte per la loro birra.


(L'impianto)

Durante la maturazione della birra è stato chiesto agli esercenti quale formato di bottiglia preferissero e quale doveva essere il prezzo più confacente per il cliente finale. Il risultato è stato, bottiglia di cinquanta centilitri e che non costasse più di 3,5 euro al cliente finale. Angelo e il suo socio con sagacia e competenza professionale e non perdendo di vista le finalità del progetto hanno deciso per un prezzo imposto di 3 euro per la bottiglia di mezzo litro. I due soci erano molto poco convinti che questa iniziativa potesse avere tanto seguito in un paese così piccolo e invece dopo due anni di produzione, con circa seimila litri prodotti, la Pescolanciano ComunAle ha vinto la partita risultando altamente gradita da tutta la cominità. La vendita è ovviamente limitata al paese di Pescolanciano. Oggi questa birra la trovate non solo nei bar e nei ristoranti del paese, ma è anche presente presso l’unico forno del paese. Un intero paese che è andato appresso a due mattacchioni e un poco visionari consentendo loro di avvicinarsi alla realizzazione di uno dei sogni più belli che è quello di avere un paese che beve solo birre artigianali e del proprio birrificio.

Il birrificio “la Fucina Birrificio artigianale” nasce da una storia come tante altre, di tre soci che costituiscono una beer firm nel 2012. Tutti e tre erano da molto tempo “homebrewer”, ma davano le loro birre in bevuta a parenti ed amici di fatto nel ruolo di cavie, poiché nel tempo non si sono riscontrati né morti né feriti, i tre hanno deciso di iniziare anche loro questa avventura producendo le loro birre presso impianti di altri. Il sogno naturalmente era quello di avere alla fine un proprio birrificio con un signor impianto professionale. I piani erano a lungo termine, ma visto il successo delle prime produzioni tutto ha preso una accelerazione per cui nel settembre del 2014 è stato installato l’impianto ed è partita la produzione della Fucina. Oggi i soci sono Angelo Scacco sedicente birraio, instancabilmente proteso a toccare tutte le possibilità offerte da questa bevanda e tecnicamente agguerrito e Giovanni Di Salvo, amico d’infanzia che si occupa di gestire la produzione verso l’esterno, facendola arrivare ovunque.

Il nome la Fucina è stato scelto perché, come gli alchimisti un tempo, anche loro cercano di realizzare qualcosa che agli occhi della gente possa sembrare impossibile o quantomeno folle. Questo è il motivo per cui è stato scelto come simbolo dell’azienda una elle e una effe che richiamano graficamente i simboli alchemici e tutti i temi dell’alchimia si ritrovano nelle loro etichette (disegnate da un giovane molisano) e nei racconti ideati per descrivere le birre. Angelo dice: “Siamo sostanzialmente un birrificio “un poco fregnacciaro”, cerchiamo di affrontare l’impresa in maniera non troppo seriosa (siamo attentissimi al nostro processo produttivo comunque) e per questo a volte vediamo i nostri clienti in difficoltà a capire, ma questo era da sempre nello spirito degli alchimisti”. Oggi il gruppo operativo è formato di tre persone, Angelo in qualità di “sedicente birraio”, Giovanni Di Salvo socio e responsabile di amministrazione e logistica; Simone Del Matto assistente birraio e futuro birraio della Fucina, giovane di Pescolanciano che negli anni passati è stato preso dal germe incurabile della passione per la birra, facendo birre in casa con Angelo. Tutti e tre vivono a Pescolanciano e credono fermamente che sia importante che un birrificio artigianale, così come capita per quelli tedeschi, sia un’opportunità per il paese in cui si trova e quindi dovrebbe lavorare, oltre che per fare “birre bone bone”, anche per far crescere economicamente e socialmente il territorio  in cui si trova.


(Beer-shop La Fucina)

“Al momento produciamo 23 diverse tipologie di birre – dice Angelo – Abbiamo cercato di proporre quasi tutti gli stili che ci piacciono, a parte la Mon Amour,(Blanche belga da 5.5 gradi alcolici) che ancora non ho ben capito perché ci ostiniamo a produrre e vendere; ad ogni buon conto siamo molto felici dei risultati in termini di bontà e qualità, dalla C Side una session ipa, fresca da 4,8 gradi alcolici con profumi di cocco, ottenuti dal luppolo Sorachi Ace; alla Bevi e nun rumpe er c… che èe’ una pale ale con un solo luppolo (galaxy) e infine la Liberi Tutti, Ipa da 6 gradi alcolici, molto amara ma con sentori erbacei dati sempre da una mistura di luppoli. Se non si fosse ancora capito al sedicente birraio piacciono le birre amare. Abbiamo alcune collaborazioni con birrifici stranieri, l’Olandese Pampus (beer firm di Amstendarm ) e con i polacco Browar Twigg (da Cracovia). Le collaborazioni continueranno per tutto il 2017 ad esempio la Bloody Xmas, birra di Natale con il birrificio Minimo Cantaloop, anche lui molisano”.

Per Angelo il non prendersi sul serio “è fondamentale, direi, quasi vitale. Oltretutto mi piace che le persone mi percepiscano al primo impatto come un cacciabelle-fregnacciaro, a volte un po’ stupido, perché in questo modo riesco a spiazzare tutti quelli che hanno dei preconcetti. Il mio obiettivo non è piacere a tutti, il mio obiettivo è catturare l’attenzione e stupire. Per spingere l’interlocutore a partire con l’approccio giusto. Bere una birra, giudicarla per quello che è, e se gli piace berne un’altra, perché è buona non perché rispetta uno stile o perché quello che me l’ha data è stato tre ore a parlarmi di come la beta amilasi e l’alfa amilasi sono fondamentali. Io già alla parola beta mi sono perso nei ricordi del primo 4 preso a greco. E giunto alla parola lievito ho solo voglia di bere sta cavolo di birra. E alla fine per fare stare zitto l’interlocutore petulante basta che io gli dica “fra l’altro sono laureato alla Bocconi, ho girato tutto il mondo a mettere a posto aziende” per dargli la conferma che sono un fregnacciaro cacciaballe patentato e con tutti i titoli di studio”.

E ora finalmente parliamo di Pescolanciano ComunAle. Lo stile di riferimento è una Golden Ale, ma tutta studiata per il progetto specifico. La birra versata nel bicchiere, come richiesto nel sondaggio, ha poca schiuma, poco consistente e di colore bianco. Il liquido sottostante è un giallo chiaro; aromi e profumi, tutti abbastanza lievi, vanno da un erbaceo a sentori di agrumi, fiori di campo in fondo anche frutta gialla. La bevuta è veloce, facile aiutata da una frizzantezza moderata. L’alcool in buon equilibrio con malto e luppolo. U sapore vagamente dolce sfumato di fiori di campo equilibrato da un amaro, garbato aromatico di lunga durata, persistente. I pescolancianesi sono privilegiati di bere così bene e con tanta facilità e di ritrovare in questa birra un’ideale accompagnamento alla gradevolezza dell’aria che respirano e alla bellezza e semplicità dell’ambiente naturale in cui vivono. La bottiglia da 50 ml costa 3 euro.

Rubrica a cura di Andrea Camaschella e Mauro Ricci

Birrificio La Fucina
Via Cairoli 111A
Pescolanciano (IS)
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