(Gianfranco Fino – ph Vincenzo Ganci)
Continuiamo la pubblicazione di articoli dedicati ai vitigni d'Italia e raccontati da enologi e/o agronomi di fama.
Dopo che Mario Ronco ci ha parlato del Grignolino (leggi qui), Lorenzo Landi, toscano, ci ha raccontato il Sangiovese in questo articolo, Salvo Foti il Carricante (in questo articolo) e Lorenza Scollo della Glera (leggi questo articolo), oggi ospitiamo un articolo scritto da Gianfranco Fino, pugliese, il “re” del Primitivo che con il suo Es ha ottenuto riconoscimenti importantissimi ed è stato, fino ad oggi, l'unico produttore del Sud Italia a ricevere il premio “Viticoltore dell'anno”.
di Gianfranco Fino
Tra i vitigni a bacca rossa, il Primitivo è sicuramente tra i più noti del Sud Italia. Il Primitivo è quello che ha appassionato maggiormente gli ampelografi al fine di stabilire le origini e la diffusione che ha avuto nei secoli nei diversi areali di coltivazione. Alcuni studiosi pensarono addirittura che il Primitivo potesse derivare dal Pinot nero della Borgogna. Solo da pochi anni, i diversi studi hanno messo in evidenza la strettissima parentela del primitivo come identità genetica allo Zinfandel californiano ed al crljenak kastelanskj delle isole dalmate.
L’interesse per il Primitivo e le sue origini, deriva da un incontro avvenuto in terra di bari nel 1967, quando Austin Goheen, noto fitopatologo dell’Università della California, di ritorno dalla Germania dove partecipò ad un convegno sulle virosi delle piante, incontrò il collega Giovanni Martelli. Durante una cena lo studioso statunitense assaggiò del primitivo e notò un’incredibile somiglianza al vino Zinfandel. Il giorno successivo Goheen chiese al collega italiano di poter visitare in quel di Gioia del Colle i vigneti di primitivo e fu lì che osservando le piante di Primitivo notò e confermò che anche da un punto di vista ampelografico il Primitivo somigliava allo Zinfandel. L’anno successivo a quell’incontro vide il Primitivo oggetto di grande interesse da parte dell’Università di Devis che creò un campo sperimentale dove le viti di primitivo crescevano accanto alle viti di Zinfadel, fu solo nel 1975 che si potè studiare le prime vinificazioni di Primitivo che confermarono le somiglianze con lo Zinfandel.
Dovremo aspettare gli anni ’90 per attendere che metodi scientifici allora non disponibili consentissero di andare alla radice del problema. Studi sequenziali su basi molecolari consentirono di dare un preciso identikit dei vitigni e di ricostruire per tanto l’albero genealogico. Nel 1994 la scienziata Karol Mereditt dell’Università di Devis attraverso l’analisi genetica dello Zinfandel e del Primitivo confermò le intuizioni di Goheen affermando che il Primitivo e lo Zinfandel sono due cloni della stessa varietà. Chiarito l’arcano si apriva un nuovo scenario ossia capire le origine dei due vitigni e da dove fossero approdati.
(Uva Primitivo)
Indagini condotte da Charles Sullivan dell’Università di Devis risalenti al 2003 rintracciarono la presenza dello Zinfandel in un vivaio di Long Island, New York, tra il 1820 e il 1829, lo storico statunitense ipotizzava che l’arrivo dello Zinfandel a New York fosse avvenuto attraverso la collezione imperiale del Castello Schonbrunn, ipotesi plausibile considerato che all’epoca l’Austria e la Dalmazia facevano entrambe parti dell’impero Austro ungarico. Una volta giunto negli Stati Uniti fu il vivaista Gibbs che diffuse lo Zinfandel cedendolo a un vivaista di Boston che lo propose come uva da tavola a maturazione precoce. Solo nel 1850 la partecipazione alla corsa all’oro da parte di alcuni vivaisti consentì l’arrivò dello Zinfandel in California. A metà dell’800, ci fù una diffusione del vitigno tale da farlo diventare la varietà più comune. Per molto tempo alcuni autori statunitensi descrissero lo Zinfandel come un’uva originaria della California e non coltivata in nessun altra zona. Anche il Primitivo pugliese trae origine da vitigni originari della Penisola balcanica, analisi del Dna svolte dal gruppo di Conegliano, hanno evidenziato che il Primitivo è legato sia a Plavac che a Plavinia, molto diffusi nella ex Jugoslavia da un legame di parentela genitore- figli.
E’ impossibile datare l’arrivo del primitivo in Puglia ma possiamo risalire alle origini del suo nome. Don Francesco Indellicati, Primicerio di Gioia del Colle isolò alla metà del’700 un vitigno che chiamò appunto Primitivo per la precocità di maturazione delle sue uve e ne fece un primo impianto. Per tanti anni Il Primitivo è stato considerato un vino da taglio. E’ stato il contributo di produttori ed enologi avveduti che ha permesso a questo vino di sedere alla tavola dei grandi vini italiani. Con le moderne tecniche di vinificazione si è scoperto che il Primitivo si presta, grazie alla sua versatilità, a essere vinificato in diversi modi dando origine a vini rosati, a rossi secchi di corpo e struttura e a super Primitivi. La valorizzazione delle uve di vecchi alberelli ha permesso di ottenere dei vini eccezionali con gradazioni alcoliche importanti senza mai mostrare sensazioni brucianti date dalla presenza dell’alcool, sempre pronti a regalare forti emozioni. La tendenza attuale è quella di legare alle diverse aeree geografiche e pedoclimatiche, diversi vini, per tanto vediamo come dalla storica zona di Manduria nel Salento è stata riscoperta l’area geografica di Gioia del Colle in provincia di Bari.