(Franco Marasco)
di Michele Pizzillo
La prima impressione è quella di parlare con un professionista preparato, sicuro di quello che fa, fedele ad un concetto racchiuso in quattro parole: “cultore della filosofia mediterranea”.
L’esperienza, a tavola, con Franco Marasco, chef e patron de “Il Clandestino” – un ristorante intimo e accogliente, ubicato in un quartiere molto caratteristico della vecchia Stresa e comunque a due passi dalla passeggiata lungo la riva del Lago Maggiore -, è tutto un piacevole approfondimento della cultura gastronomica mediterranea anche perché il nome completo è “Il Clandestino. Ristorante di pesce”. Dopo, in treno, ripensi ai piatti che Marasco proporrà nelle prossime settimane e, così, provi a mettere ordine a fogli volanti e appunti vari. Cosa scopri? Che “la scuola non faceva per me, ritenendomi una persona motivata e dinamica, avevo voglia di uscire dagli schemi”, scrive il nostro chef nel sintetico depliant che abbiamo preso nel suo locale. E, così, ti viene spontaneo commentare che scuola formidabile le esperienze – che vedremo dopo – messe insieme dal 50 enne Marasco prima di fermarsi a Stresa, esattamente dieci anni fa.
(Piatto Tonnarello)
Intanto parliamo di piatti, una sintesi di quell’esplosione di Vog (vista, olfatto, gusto) che Marasco – nato sul lago, a Baveno, ma da padre calabrese e mamma di San Vito lo Capo) – assicura ai suoi ospiti. Così, noi, da “fortunate cavie”, abbiamo degustato, in anteprima, una sintesi del menù estivo e, ovviamente, una conferma che vista-olfatto-gusto rappresentano una sorta di religione in questo locale. Con piatti come: “Piatto triglia”: triglia, fegato di triglia, burro di malga che arriva dalla piemontese Val Formazza, alici cantabrico di Cetara e un croccantissimo pane di 5 cereali preparato con lievito naturale. Ad accompagnarlo, lo zibibbo secco Jasmin 2016 di Firriato.
O “Piatto tonnarello”: tonno mediterraneo, mango, friggitelli, finocchietto selvatico, pomodoro semi dry (per metà lavorato con disitratore e olio extra vergine di oliva), colatura di alici di Cetara e pane casarau con farina impastata con nero di seppia abbinato sempre all zibibbo secco Jasmin 2016 di Firriato. Oppre “Spaghettone di grano duro”, è il monograno prodotto da Verrini) con calamaretto spillo, capesante e mazzancolle di Sicilia, tutto cucinato insieme che con la sua bravura, Marasco trasforma in piatto da non perdere quando si ha la voglia di una gita culinaria dalle parti del Lago Maggiore. E, da qui, inizia anche la presenza di un altro vino siciliano, Nero d’Avola Lu Patri 2013 di Baglio del Cristo di Campobello.
(Piatto Triglia)
“Piatto tortello”: è fatto con una specie di ricotta da queste parti conosciuta come mascarpa, scremata con il ginepro e lavorata con il latte, pasta fresca, riccio di mare che arriva dalla Sicilia, olio extra vergine ottenuto da olive siciliane coltivate vicino ad un giardino di limoni. Un amalgama perfetto, pur con prodotti dai profumi e sapori abbastanza accentuati. “Piatto zuppa”: gallinelle, scorfani, gamberi bianchi e rosa, coste, patate, piselli, fave, erbette raccolte in diverse contrade delle Marche. Il procedimento di cottura prevede i pesci interi, con scorfano e gallinella messi in pentola prima delle verdure utili per assicurare la croccantezza e poi tutto concluso con la cottura insieme alle patate.
Nel menù estivo de “Il Clandestino” ci sono, anche: “Tufoli di Mancini”, pasta corta che Marasco utilizza con la trippa di scorfano, fumo di faggio, palamita e la sua bottarga; “Ravioli di gambero gobbo all’olio di Menfi e riduzione di scampi e limone; “Risotto riserva San Massimo, carciofo spinoso, seppioline e granita di riccio “. Tra i secondi: trancio di spigola cotta a bassa temperatura, riduzione di agrumi e verdure di stagione; scampi di Sicilia spaccati, marinati e infornati; crostacei di Sicilia in padella, olio crudo e limoni di Menfi. E, poi, c’è l’estro dello chef che assicura un’esperienza veramente unica in un posto per certi versi intimo e quasi “clandestino”, visto che gran parte del quartiere è abitato da immigrati.
(Spaghettone)
Riprendiamo il filo del discorso sulle esperienze di Marasco che dopo aver capito che la scuola non era proprio il suo posto ideale, nel 1982 comincia a fare il garzone di cucina in vari locali della zona del lago. Dopo sette anni di questa vita precaria, decide di lasciare l’Italia e approda in alcuni locali che, dice, “hanno particolarmente contribuito alla mia formazione professionale”. Il primo è lo stellato “Lo Spago” di Walter Sacchetti a Schawabing e, dopo, a Monaco di Baviera da Giancarlo Pezzei prima di arrivare al tristellato “L’Aubergine” con Eckart Witzigmann, sempre a Monaco. Ci sono, anche, esperienze in Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Francia, Svizzera, Svezia, Finlandia, Lituania, Lettonia, Cipro, Israele e Marocco. Infine, il ritorno a casa, con l’obiettivo di fondere la cucina italiana classica con nuovi sapori e di arricchirla con piccole contaminazioni etniche e contemporanee. Missione compiuta, è il caso di sottolinearlo, dopo un’esperienza a “Il Clandestino”, locale intimo, accogliente e “proponitore” di piatti a base di prodotti a “chilometro giusto”, nel senso che ogni prodotto è l’espressione di un territorio, anche per il pesce (magari parlando di mare). Marasco fa di più, perché agli ospiti mette a disposizione l’elenco dei suoi fornitori, con nome e luogo di residenza dell’azienda. Più trasparenza di questa.
Abbiamo notato, inoltre, che Marasco è molto attento alla sala, perché vuole che chi entra nel suo locale, a prescindere dal nome scelto per l’insegna, sia prima di tutto ospite invece che cliente o, magari, “clandestino”. Quindi, servizio pronto ed efficiente così come avviene in cucina. Ultimo consiglio: lasciate perdere la carta e affidatevi allo chef-patron.
Il Clandestino. Ristorante di pesce
Via Rosmini, 5 – Stresa
Tel. 0323.30399
Aperto solo la sera, escluso venerdì, sabato e domenica
Ferie: variabili
Carte di credito: tutte
Parcheggio: no