(ph Corriere.it)
di Fabrizio Carrera
Subito una certezza. L'arrivo di Angelo Gaja sull'Etna (leggi qui), notizia che diamo ai nostri lettori in esclusiva, acquisendo vigneti sul Vulcano più alto d'Europa, provocherà uno scossone benefico.
Intanto perché l'investimento di uno dei più grandi produttori di vino al mondo suggella, qualora ve ne fosse ancora bisogno, l'importanza dell'Etna come terroir di prim'ordine nello scacchiere internazionale. Riflettiamoci: Gaja viene da Barbaresco, capitale assieme a Barolo di quelle Langhe che sono percepite come l'olimpo dell'enologia nazionale e non solo. E poi ha investito negli anni passati a Montalcino e a Bolgheri. Le vette della Toscana del vino. Ora l'Etna. Un poker strepitoso dove anche questa parte di Sicilia ha un ruolo. Bellissimo ed impensabile fino a qualche tempo fa. Un onore per la Sicilia. E poi spariglia le carte e punta con Alberto Graci al versante sud-ovest, quello fino ad oggi più snobbato e ritenuto meno importante dal punto di vista vitivinicolo. Un errore sottovalutare questo scorcio di Etna perché lì c'è probabilmente il vero serbatoio di uve di tutto il vulcano. Storicamente forse la parte di territorio che per primo, secoli e secoli fa, ha cominciato ad ospitare vigneti. Anche perché è il versante più esposto al sole e quindi ritenuta la zona migliore per consentire la giusta maturazione dei vitigni autoctoni. Fino ad oggi il luogo, dove, per esempio, i terreni costano meno, quasi la metà rispetto al versante nord più gettonato, 60 mila euro ad ettaro contro i 100/120 mila di un ottimo vigneto in zona nord. Bravo anche Alberto Graci ad aver offerto affidabilità e visione a Gaja.
Adesso cambierà tutto. Perché, altro effetto di questa joint venture tra Passopisciaro e Barbaresco, l'Etna subirà una sorta di verticalizzazione: il costo dei terreni, l'attenzione mediatica, già peraltro molto alta, i prezzi delle uve, tutto schizzerà verso l'alto. E ci auguriamo che anche il versante sud-ovest cominci ad avere la giusta attenzione (è prevedibile che sorgeranno altre cantine) e una ricettività fatta di ristoranti ed alberghi di qualità, come è già successo a Linguaglossa e dintorni. Ed ancora, azzardiamo una previsione: altri grandi produttori sbarcheranno sull'Etna. Altri nomi scintillanti. Dove tutti contribuiranno ad alzare ancora di più l'asticella. E dove tutti faranno a gara, come è giusto che sia, per produrre vini sempre più buoni, unici, eleganti ed irripetibili. Ancora una considerazione: meglio non tentare confronti tra Etna e resto di Sicilia. In questo momento è schiacciante a favore del vulcano ed imbarazzante per il resto dell'Isola. Però tutto può rivelarsi un volano a favore della Sicilia se sarà gestito con sagacia e lungimiranza, virtù non del tutto scontate dalle nostre parti.
Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile alle ore 8,15