di Gianni Paternò
Claudio Tipa, ingegnere nel ramo delle telecomunicazioni, e la sorella Maria Iris nel 1998 riescono a realizzare quello che era un loro desiderio: dedicarsi alla campagna ed al vino in particolare.
Acquistano una prima tenuta il Castello di Collemassari alle pendici dell’Amiata con 1200 ettari di cui 110 a vigneto ricadenti nella Doc Montecucco e 60 ad uliveto. Ma non basta, nel 2002 è la volta del Podere Grattamacco, un’azienda degli anni 70 a Castagneto Carducci, il cuore italiano del Cabernet Sauvignon che si esprime nella Doc Bolgheri, infine la Fattoria Poggio di Sotto nel 1989 nella collina di Montalcino, 16 ettari nella Docg, declinazione aulica del Sangiovese.
Tre poderi, tre cantine, tre diverse espressioni elitarie del territorio Toscano, ognuna con i suoi vini, il suo olio, la sua grappa, Ognuna in un contesto bucolico fatto non di sole colture ma in gran parte di boschi, una salvaguardia dell’ambiente che si conferma nella coltivazione biologica di tutta l’azienda. In totale sono 400.000 bottiglie in varie referenze. Ci occupiamo del Bolgheri rosso di Grattamacco, tenuta da 50 ettari di cui 25 a vigne di circa 25 anni di età media poste nella sommità di una collina ventilata a 100 metri di quota, clima di tipo mediterraneo temperato, una produzione di 150.000 bottiglie.
(Podere Grattamacco)
Vino prodotto da una vigna di 10 ettari di circa 15 anni i cui terreni sono costituiti da arenarie, argille miste a flysch calcareo marnoso e argille calcaree. La densità di impianto varia da 4500 a 5400 ceppi per ettaro con una resa di circa 70 quintali. La potatura viene effettuata a cordone speronato e guyot, la raccolta delle uve è manuale. Cabernet Sauvignon 60%, Franc 20%, Merlot 10% e se non fosse per il 10% di Sangiovese sarebbe un classico bordolese. La vinificazione inizia con la fermentazione alcolica in tini di legno tronco conici aperti e in tini di acciaio. La fermentazione malolattica prosegue in barrique, dove il vino affina per 10 mesi per proseguire altri 6 mesi in bottiglia. Enologo della casa Luca Marrone.
Versato nel calice il colore è rubino. Al naso, pulitissimo, complessi ed intensi sentori di mirtillo, prugna, fieno secco, erba di prato, spezie, tabacco. Al palato è ancora giovanile, vispo, ma già avvolgente e di bel corpo, di dosato equilibrio acido-tannico, un retrogusto fruttato che dura a lungo.
Un vino che onora la tavola con piatti della cucina toscana: pappardelle alla lepre, una fiorentina, salame finocchiona, pecorino di media stagionatura. Ne sono state tappate 70.000 bottiglie che allo scaffale trovate a 17 euro.
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