La Commissione dell'Unione europea è impegnata dall’inizio del 2016 a rivedere il sistema delle attuali regole che governano il comparto vitivinicolo, con lo scopo di adeguarle al Trattato di Lisbona ed alla disciplina del comparto agroalimentare.
Una riforma che si sta attuando mediante la discussione sulle Denominazioni di Origine ed Indicazioni Geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione dei vini. Nell’ambito della riforma di questo regolamento la Federdoc, che ha già ottenuto nel febbraio dello scorso anno un importante risultato con un arresto dei lavori in merito alla liberalizzazione dell’uso dei nomi dei vitigni in etichetta che avrebbe inevitabilmente comportato una banalizzazione del concetto di vino legato al territorio (leggi qui), sta di nuovo valutando se le proposte di modifica della Commissione Europea possano o meno ledere gli interessi del settore dei vini a Denominazioni di origine.
In questo contesto, va tuttavia evidenziato come siano state accolte positivamente da parte della Federazione tutte le proposte di modifica che innalzano il livello di protezione delle Denominazioni di Origine. Attualmente dunque Il Consiglio di Amministrazione Federdoc ha proposto di colmare il vuoto legislativo del Regolamento sull’utilizzo dei termini enologici che possono evocare nomi di Denominazioni di Origine, inducendo in confusione il consumatore sul tipo di prodotto che ha di fronte. La proposta della Federazione è volta ad introdurre dei limiti dimensionali ai caratteri con cui si riportano in etichetta i termini enologici: le dimensioni non dovrebbero superare la metà delle dimensioni dei caratteri utilizzati per le denominazione di origine.
“La sovrapposizione terminologica – sottolinea Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc – inevitabilmente induce in confusione. Una possibile soluzione potrebbe essere affidata appunto alla potenzialità di comunicazione dell’etichetta che, attraverso una gerarchia studiata nelle dimensioni dei caratteri, consentirebbe al consumatore di comprendere alcune sostanziali differenze, minimizzando quella confusione che, giocoforza, crea un danno al concetto stesso di vini a Denominazione di origine. Si tratta di un escamotage o forse semplicemente dell’applicazione della vecchia formula “il minore dei mali”; ma, vista la difficoltà di uscire da questa impasse, forse l’unica strada percorribile”.
Sulla necessità di disciplinare l’utilizzo di termini enologici che possono indurre il consumatore in confusione si sono espressi anche Stefano Zanette, Presidente Consorzio Prosecco Doc e Giorgio Bosticco, Direttore Consorzio dell'Asti. “Si tratta di una proposta fondamentale e di buon senso – aggiunge Stefano Zanette – sulla base della medesima ratio che, a Regolamento vigente, limita, in etichetta, l'uso dei nomi o degli indirizzi che contengono o sono costituiti da una Do o da una Ig. Con questo provvedimento – qualora approvato – potremmo disporre di elementi oggettivi capaci di mettere all'indice almeno parte dei fenomeni evocativi che già da tempo segnaliamo alle autorità competenti e rispetto ai quali – in assenza di una precisa indicazione normativa – ci troviamo, molto spesso, a discutere in sede giudiziaria, con esiti rimessi alla cultura del paese e alla sensibilità del singolo giudice”.
“Sulla questione – sottolinea Giorgio Bosticco – esprimo il mio apprezzamento trattandosi di una ulteriore proposta che ha come finalità quella di fornire al consumatore informazioni chiare e di corretta comunicazione. Al riguardo, in materia di etichettatura, siamo stati tra i primi ad inserire nel nostro disciplinare norme che stabiliscono precisi rapporti di dimensioni tra i caratteri della denominazione Asti e i marchi privati proprio per assicurare e garantire l'indispensabile legame con il territorio di provenienza”.
C.d.G.