IL VERDETTO
Tra 4 e 5 stelle, questo il giudizio arrivato da Sicilia en primeur per i vini dell’Isola. L’enologo Cotarella: bisogna puntare sui tanti territori che questa regione può esprimere
Sicilia, una vendemmia stellata
Tra quattro e cinque stelle per la vendemmia siciliana 2008. Un giudizio che ricalca quello dello scorso anno, arrivato dalla giornata conclusiva della sesta edizione di Sicilia en primeur, da Noto dove l’enologo Riccardo Cotarella ha dato il rating sull’ultima vendemmia siciliana.
Cotarella ha parlato anzitutto di territorio: “La zona dell’Etna – ha detto – è più particolare di certe zone francesi, i vini fatti sul vulcano sono ancora meno imitabili di quelli francesi. Altra zona siciliana che amo è quella del Parco delle Madonie dove si può ammirare uno spettacolo quasi dolomitico. Ma non parlo solo di paesaggio ma dei risultati enologici che questi territori possono dare. E ancora l’Agrigentino, la massima espressione della riconoscibilità del suo Nero d’Avola”. Poi un parere sulla discussa Doc Sicilia: “Non voglio addentrarmi in un campo minato – ha commentato nel suo intervento – ma credo che chiamare un vino col nome della Sicilia non dà al consumatore gli strumenti sufficienti per giudicare o caratterizzare un vino. A Bordeaux c’è una denominazione che riguarda un’azienda sola”.
Ma al centro dell’attenzione c’è ovviamente il vino: “In Sicilia si nota il passaggio da vini opulenti, di impatto, ‘masticabili’ a vini che tendono più all’eleganza. I bianchi degustati – è il giudizio di Cotarella – hanno dimostrato una mineralità che fino a qualche anno fa non si poteva attribuire ai bianchi di Sicilia. Bisogna vedere adesso quale sarà l’approccio con il legno. Sui rossi mi sono accorto di una sofferenza climatica per il Merlot. Il Nero d’Avola mi ha un po’ sorpreso, ho notato un certo cambiamento di stile. Bello anche il matrimonio Frappato-Nero d’Avola mentre mi aspettavo di più dai vitigni internazionali”.
A far gli onori di casa, quest’anno, è stato per la prima volta Diego Planeta, successore di Lucio Tasca d’Almerita alla guida di Assovini: “Quest’anno abbiamo puntato sulla varietà della nostra produzione che rende i vini siciliani unici. Qui la vendemmia dura oltre tre mesi, da inizio agosto nella parte occidentale e si conclude a ottobre, sull’Etna. Le differenze tra terroir, i tanti micro-climi e la vicinanza del mare danno ai vini un’originalità difficilmente raggiungibile in altri luoghi”.
Parla di “viticoltura di avanguardia”, invece, Attilio Scienza, ordinario alla facoltà di Agraria dell’Università di Milano: “Perché come il jazz americano, essa non può essere ripetuta, clonata come invece californiani o australiani hanno fatto con la viticoltura europea, francese in particolare. Ma è necessario comunicarlo al consumatore”. La comunicazione è stata al centro dell’intervento di Scienza: “Un consumatore anche informato – ha aggiunto -, ha della Sicilia viticola una visione unitaria: a stento distingue un vino prodotto nel Marsalese da un altro che proviene dall’Agrigentino. Identifica la Sicilia più dai suoi vitigni che non dai suoi territori, si ricorda dei suoi marchi famosi, non riesce ad elencare a memoria tre Denominazioni d’Origine. Eppure poche regioni viticole presentano un panorama così variegato di terroir come la Sicilia”.
Di comunicare il vino ha parlato anche l’assessore regionale all’Agricoltura, Giovanni La Via: “Rendere il vino, foriero dell’immagine della Sicilia nel mondo, esige l’avvio di una rivoluzione che sia tecnologica e culturale, al contempo, per potenziare l’assetto produttivo delle aziende rendendole sempre più orientate al mercato, rafforzare l’identità del vino siciliano sui mercati globali e soddisfare in maniera mirata i desideri di un consumatore sempre più attento”.
Marco Volpe