di Gianni Paternò
La storia inizia nel 1934 quando la famiglia Sciortino, forte di 4 figli maschi, compra un feudo diventando non più mezzadri bensì coltivatori diretti.
Di questi Vincenzo fu il più attivo aumentando nei 130 ettari i vigneti che si accompagnavano agli uliveti e ai seminativi. La figlia Grazia nel 1950 sposò Rosario, detto Sasà, Triolo ed essi portarono avanti con sudore ed impegno l’attività agricola che negli anni di fine 900 fu intrapresa dai nipoti Gaspare e Rosario, entrambi agronomi, anche se ancor oggi Sasà alla veneranda età di 96 anni, guidando l’auto, si reca ogni giorno in campagna.
(Rosario e Gaspare Triolo)
I fratelli Triolo, forti degli studi intrapresi, rivoltano l’azienda: estirpano e reimpiantano i vigneti, introducono gli ortaggi, specialmente la zucca rossa, i melograni, che tanto successo stanno ottenendo, realizzano finalmente la cantina che ha vinificato come prima annata il 2016, vantandosi di avere realizzato tutto con le proprie forze senza attingere a finanziamenti pubblici. Tutta l’azienda è certificata biologica, molta dell’energia proviene da fonti rinnovabili e per il packaging si usano solo materiali naturali. Sono 19 ha di vigneti tra i 200 e 380 metri, nell’ordine: Nero d’Avola, Catarratto, Perricone, Syrah, Grillo, poco Merlot e Cabernet.
Rosariosi occupa principalmente della campagna e della cantina, Gaspare della commercializzazione, ma in pratica sono intercambiabili. Fin quando vinificavano presso terzi l’enologo era Vincenzo Bambina, successivamente la cugina Roberta Triolo, ma si tratta principalmente di consulenze.
Degustiamo il Perricone che in etichetta riporta 170, il numero della particella, un IGP Terre Siciliane. Il Perricone è l’autoctono a bacca rossa tipico delle provincie di Palermo e Trapani, che la fillossera del secolo scorso sterminò. E’ un vitigno difficile, spigoloso, tendente a tannini duri, che pretende particolari cure nella vinificazione tanto da essere stato poi trascurato in favore di altre varietà più redditizie. Per fortuna il ritorno agli autoctoni e specialmente la sua capacità di dare vini particolari e godibili lo stanno rivalutando e diffondendo.
I Triolo per il Perricone hanno molto studiato e sperimentato, tanto che la prima annata in commercio è la 2015, arrivando alla conclusione che bisogna raccoglierlo a maturazione fenolica completa e totale; per ottenere ciò a giugno si tolgono tutte le foglie che impediscono al sole di raggiungere i grappoli e visto che tende a produrre molto si diradano i grappoli per arrivare a rese di 80 q/ha e si irriga poco ma spesso. Così la vendemmia inizia ad ottobre, a mano, in cassette; si cerca di eliminare i vinaccioli per ridurne l’apporto tannico, vinificazione con lieviti selezionati, particolare attenzione nel trattare il cappello e poi affinamento sempre in acciaio per circa 6 mesi. Stabilizzazione a freddo, filtrazione e poco prima dell’imbottigliamento una ridottissima aggiunta di solfiti tanto da trovarne in bottiglia solamente 35 mg/litro.
Nel calice colore rubino intenso con vivaci sfumature viola. All’olfatto si fondono note di frutti rossi, anche di bosco, a robusti toni terziari di liquirizia, spezie, cioccolato e un pò di cuoio, naso che incuriosisce e che fa credere che il vino sia invecchiato in legno, anche tanto, che invece non fa. Al palato si distingue per la rotonda armonia fatta di tannini vellutati, corretta acidità e una notevole struttura; è di piacevolissima beva e nonostante un grado alcolico non eccessivo è prorompente e persistente, insomma un vino giovane che si è già fatto grande. Dimostra che il Perricone, saputo trattare, è un vitigno capace di dare eccellenti vini tanto da non sfigurare, anzi, al cospetto di altri più blasonati.
Il Perricone di Terre di Gratia affronta al meglio piatti di carne stufata o alla griglia, provato con una zuppa di fagioli badda, una frittata con patate, salame sant’Angelo di Brolo, formaggio Maiorchino e si è rivelato perfetto. Sono solamente 2.000 bottiglie che potete trovare anche online, in enoteca a 22 euro.
Terre di Gratia
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