L’INTERVISTA
I gusti a tavola di Pietro Grasso, il procuratore nazionale Antimafia. “Mi piacciono i piatti tradizionali. Il vino? I giovani imprenditori fanno un buon lavoro”
Pasta assolta
Un amante della pasta, in particolare degli spaghetti. La carne? “Meglio lasciar perdere”. Il vino meglio se rosso. Ecco l’identikit gastronomico di Pietro Grasso, procuratore nazionale Antimafia, palermitano di adozione, perché è nato a Licata, e per gusti culinari.Osservatore ed amante della buona tavola, soprattutto dei piatti della tradizione siciliana.
Osservatore anche, negli Ottanta quando era sostituto procuratore, del fenomeno che interessò la zona di Partinico, la cittadina a una quarantina di chilometri dal capoluogo, che era diventata capitale del vino sofisticato e, fino ad alcuni anni fa, titolare del record di maggior consumo di zucchero d’Europa, materia prima necessaria per trasformare l’acqua in vino. Una via, quella del vino sofisticato, non considerata più redditizia, visti i controlli e i sequestri di stabilimenti enologici e delle navi cisterna, che hanno “costretto” in tanti ad abbandonare questa strada.
Procuratore, cosa le piace mangiare?
“La pasta, soprattutto gli spaghetti. Li mangio anche senza nulla”.
Nessuna preferenza? Suo moglie cosa le cucina quando vuole farla felice?
“Pasta con le sarde, con i broccoli ‘arriminati’. Minestre, quando la stagione è quella giusta”.
La pasta, si è capito, è il suo piatto forte. Ma ci sono anche i secondi.
“Pesce, verdura. Un po’ meno la carne, meglio lasciar perdere: sa con l’età preferisco non abusarne. Però le grigliate con gli amici, in compagnia, sono sempre stata una delle mie passioni”.
E il vino?
“Anche in questo caso il passare degli anni ha influito sulle mie scelte”
Perché?
“Tendenzialmente preferirei i rossi in inverno, con piatti più robusti, e in estate i bianchi, magari in abbinamento con pesce o piatti più leggeri. Adesso, però, sono stato costretto ad eliminare il vino bianco”.
Nel suo lavoro si è mai occupato di cibo o vino?
“Quando ero sostituto procuratore a Palermo mi è capitato, negli anni Ottanta, di occuparmi delle sofisticazioni di vino nella zona di Partinico, allora ce n’erano molte. Arrivavano queste navi-cisterna che venivano individuate e sequestrate all’ordine del giorno”.
Adesso il mondo del vino siciliano attraversa una fase completamente diversa.
“Sì, come è noto fino a qualche anno fa il nostro vino veniva utilizzato soprattutto per ‘tagliare’ quelli provenienti da altre regioni”.
Merito anche di tanti giovani imprenditori che hanno voglia di fare.
“Sono felice di questa nuova classe imprenditoriale. Tanti giovani hanno fatto strada portando in alto il nome dell’alta qualità siciliana”
Marco Volpe