IL PRODOTTO
Il fungo basilisco è in via di estinzione ma per salvarlo c’è chi prova a coltivarlo nelle serre. Lo studioso: è ricco di vitamine e sali minerali. Nei ristoranti viene servito sia cotto che crudo
L’oro delle Madonie
La caccia all’oro delle Madonie inizia ad aprile. Si conclude il mese dopo. Un lasso di tempo molto ristretto per raccogliere il fungo basilisco. Quello originale, che secondo gli studiosi cresce spontaneamente solo in Sicilia, è un prodotto tanto raro quanto pregiato.
Dal gusto e dal profumo raffinati, dice Giuseppe Venturella, docente di Botanica forestale e Micologia presso la facoltà di Agraria dell’università di Palermo. Il fungo basilisco è un prodotto ricco di vitamine (soprattutto quella D) e di sali minerali, adatto alle diete, anche quelle ipocaloriche.
“Studiamo questa specie dal 1995 – racconta il professore Venturella -. E la necessità di farne oggetto di esame nasce sia dal valore naturale del fungo, sia dal fatto che fa parte della lista rossa delle specie minacciate di estinzione”. È un fungo raro che, come spiega Venturella, cresce solo sulle Madonie, solo in alta montagna (sopra i 1.400 metri), soprattutto in ambienti impervi. “In questi anni – spiega il docente – abbiamo realizzato un dossier sul fungo basilisco e grazie al nostro studio l’Iucn, unione mondiale per la conservazione della natura, lo ha inserito tra le specie da proteggere, perché in via di estinzione. Oggi è dunque costantemente monitorato. Anche il parco delle Madonie ha istituito un regolamento che limita la sua raccolta”.
Il fungo basilisco è comunque utilizzato nei ristoranti, sia crudo che cotto. Ma non si trova nei supermercati. “Costa molto, circa 50 euro al chilo, proprio perché è raro e perché non è semplice scovarlo – aggiunge Giuseppe Venturella -. I ristoratori delle Madonie in genere si affidano a persone di fiducia che siano in grado di raccoglierlo, anche perché per trovarlo occorre camminare per ore in alta montagna. E poi cresce in un periodo molto ristretto, tra aprile e maggio. A differenza degli altri funghi, che crescono in autunno, il basilisco è un prodotto primaverile”.
Da oltre cent’anni si parla di fungo basilisco. È stato descritto per la prima volta nel 1863 da Giuseppe Inzenga, direttore dell’istituto agrario Castelnuovo di Palermo. Già allora era pregiato e ricercato, tanto che, come attestano i documenti dell’epoca, veniva venduto a due lire al chilo.
Un passato documentato di oltre cent’anni, ma un futuro apparentemente incerto. Eppure, Giuseppe Venturella è ottimista. “Credo che riusciremo a salvarlo dall’estinzione – dice – grazie al tentativo di coltivarlo così da limitare la pressione sugli ambienti di crescita. L’esperimento è in corso nei tunnel di coltivazione. Lì si ottengono grandi quantitativi non solo in primavera, mantenendo buona parte delle caratteristiche del fungo originale”. E aggiunge: “Attualmente viene coltivato, soprattutto sulle Madonie. Lì c’è la coop ‘Le due Sicilie’, che ha stipulato una convenzione col dipartimento di botanica per poterlo produrre”.
Gaetano La Mantia