di Gianni Paternò
Oggi non parliamo di un semplice vino, bensì di un pezzo di storia millenaria, di un nettare espressione di una tradizione antica ripresa con passione, amore e competenza, di qualcosa di unico perchè fatto da vitigni particolari, autoctoni della Calabria, alcuni quasi relitti, con tecnica di altri tempi e con risultati a dir poco strepitosi.
Si tratta del Moscato Passito di Saracena, piccolo comune abbarbicato a quasi 700 metri in mezzo ai boschi della provincia di Cosenza, spopolato dall’emigrazione cominciata negli anni '50. Questo vino dolce per la sua rarità e bontà è presidio Slow Food. E alcuni documenti rivelano che già nel '500 deliziava i Papi.
La famiglia di Luigi Viola, insegnante elementare, come molte delle famiglie saracene, faceva un particolare Moscato Passito. Era così buono che veniva offerto agli amici di riguardo oltre ad essere consumato per le occasioni. Luigi nel 1998 va in pensione e pensa di realizzare un suo sogno: commercializzare per primo questo Moscato unico, ma continuando a farlo come si è sempre fatto. Ha poco più di 2 ettari, che per fortuna sta ampliando, con le uve di Guarnaccia, Malvasia, Moscatello e Odoacra, quelle storiche per questo particolare Moscato Passito che viene fatto nel seguente modo ancestrale.
(Grappolo ad appassire)
Si comincia a settembre vendemmiando il Moscatello, una particolare varietà che cresce bene solo lì, addirittura nemmeno censito e l’Odoacra in dialetto Adduroca che significa odorosa perchè è un’uva particolarmente aromatica. Questi grappoli sono portati in locali ventilati, appesi uno ad uno con lo spago per appassire, arieggiati nel miglior modo e non posti in canestri.
(Appassimento di grappoli)
Nei primi di ottobre si vendemmia la Guarnaccia e la Malvasia, si diraspa e si pressa dolcemente. Il mosto ancor prima di fermentare viene messo il caldaie, grossi pentoloni in acciaio una volta in rame stagnato e sottoposto a bollitura a fuoco diretto per parecchie ore.
Nel frattempo mani femminili, come da tradizione, cominciano a diraspare l’uva appassita, chicco per chicco, scartando quelli non perfetti e schiacciandoli con le dita delicatamente per non rompere i vinaccioli che darebbero l’amaro.
(Si diraspano i chicchi appassiti)
I chicchi appassiti e schiacciati si aggiungono al mosto che comincia a fermentare spontaneamente ed in modo lento, tanto che la fermentazione dura oltre un mese. Sempre in acciaio, vino, chicchi e lieviti macerano per 6 mesi. Dopo si svina e le pregiatissime vinacce sono portate all’artigianale distilleria Giovi di Giovanni La Fauci che ne ricava una splendida grappa. Altro affinamento in acciaio, vari travasi, filtrazione a cartoni e in bottiglia dove riposa per 18 mesi. Quasi irrisori i solfiti. Si comprende la difficoltà, la manualità e il costo nel produrre questo vino.
Luigi è affiancato dai figli Roberto, Claudio, Luigi (da sinistra nella foto) e dalla moglie Margherita che hanno entusiasticamente condiviso gli intenti e la passione di Luigi.
Oltre al Moscato Passito il Rossoviola, un magliocco dolce e il Bianco Margherita di guarnaccia e mantonico, il tutto coltivato e certificato biologico. In totale, con i 3 vini, 20 mila bottiglie.
Lo versiamo nel calice: il colore è ambra, intenso e abbastanza carico. Al naso si rimane subito inebriati da profumi esplosivi e complessi: miele, scorza d’arance, tanta frutta candita; fichi, albicocche, datteri, affatto stucchevoli in quanto accompagnati da sentori speziati e da tamarindo. Il sorso è denso, quasi viscoso ed i sentori olfattivi si ritrovano tutti, ma accompagnati e compensati da una buona vena acida che dà freschezza e un’inaspettata leggera sapidità; l’armonia è ai più alti valori e la sensazione di piacevolezza è infinita come quasi infinita è la sua persistenza carezzevole. Un vino dolce come ce ne sono pochi. Ecco perché ha ricevuto tantissimi premi.
Perchè abbinarlo? Godiamolo in silenzio, da vero vino da meditazione. Ma se proprio volete accompagnarlo, non avete che l’imbarazzo della scelta: frutta secca, dolci al cioccolato, alla mandorla, panettone e per osare un formaggio molto stagionato, anche al limite della gessosità. Le bottiglie sono 5.000 e allo scaffale le trovate a 40 euro.
Rubrica a cura di Salvo Giusino
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