DIARIO GOLOSO
Viaggio in Cina alla scoperta di cibi e sapori. Piatti speziati e dolci in un tour da sud a nord. Ecco le trovate italiane per “occidentalizzare” i sapori
Il gelato fritto? Invenzione
made in Italy
Ricordate il gelato fritto? O le nuvole di gamberoni soffiati (quelle simili a sfoglie di patatine bianche)? O ancora i toast di gamberi fritti che servono nei ristoranti cinesi italiani? Bene, dimenticate tutto perché non esistono.
Almeno non esistono nella cucina cinese. Sarebbe come ammettere l’esistenza dei “macaroni with ketchup” che si trovano nei menu di alcuni ristoranti del nord Europa.
È questa la lezione numero uno che abbiamo imparato a tavola in Cina. I piatti che ricordavamo di aver assaggiato, a dire il vero raramente, nei ristoranti italiani decorati con dragoni e ideogrammi alle pareti sono rimasti un ricordo lontanissimo, anche piuttosto sbiadito, lasciando posto ai sapori forti, molto speziati e ai profumi intensi della cucina del Sol Levante. Certo, la Cina è un Paese sconfinato, abitato da un miliardo e trecento milioni di persone e la cucina cinese assume infinite sfaccettature. Ma un paragone si può fare dopo aver trascorso sedici giorni in quella realtà, mangiando in una trentina di ristoranti diversi e viaggiando dall’estremo sud di Guilin, non distante dal Vietnam dove l’uso dello zenzero la fa da padrone in molte pietanze, fino a Pechino, 2.500 chilometri più a settentrione, in una striscia tra la Mongolia e la Corea del Nord, passando per i locali chic di Shangai e la sua concessione francese, e il cibo di strada del quartiere musulmano di Xi’An.
Il fatto è che la tendenza dei ristoratori cinesi che lavorano in Italia sembra essere quella di occidentalizzare la propria cucina. E così, oltre ai piatti che in realtà non esistono, c’è la trasformazione di quelli tradizionali. Il pollo alle mandorle, ad esempio, si trova in Cina molto più spesso nella variante con arachidi o anacardi che danno un sapore molto più intenso e lontano dai nostri gusti. Così come altri piatti tipici della cucina italo-cinese sperimentata dalle nostre parti: gli involtini primavera sono una vera eccezione, si trovano spesso nei ristoranti per turisti ma non in quelli frequentati dagli abitanti del luogo. Così come sono un piatto forte solo di Xi’An e dintorni i ravioli al vapore, con decine di ripieni, mentre nei ristoranti italiani li si considerano un pietanza imprescindibile da inserire in menu. Provate ad andare a Shangai e ordinarne una porzione, sarebbe come chiedere la bagna càuda in un ristorante di Catania.
E poi c’è un’altra cosa: in Cina non esistono primi, secondi, contorni o dessert, le portate piuttosto si susseguono sulla tavola secondo la regola dell’armonia dei sapori, dei colori e delle forme, e dell’alternanza di salato, dolce, amaro, agro e piccante. La regola è il rispetto di yin e yang: gli alimenti yin, femminili, umidi e teneri dunque rinfrescanti, sono i legumi ed i frutti; quelli yang, maschili, fritti, speziati o a base di carne hanno un effetto riscaldante. L’alternanza fra queste due realtà, tra l’altro, è una costante in ogni fase della vita cinese.
La cucina migliore? Noi abbiamo preferito quella del Nord. Sarà perché è caratterizzata dal grande uso della pasta?
Carla Fernandez
Marco Volpe
(la foto in home page è di Igor Petyx)