Negroamaro
di Gianni Paternò
Angelo Maci pur essendo la terza generazione di una famiglia di viticultori, non si limitò alle vigne proprie, ma nel 1989 fondò una cooperativa a Cellino San Marco nel brindisino. Erano 15 soci e da subito sono stati ingenti gli investimenti che l’azienda ha operato nell’ottica della crescita, dello sviluppo, delle tecnologie, della produzione sostenibile e di qualità. L’azienda ha avuto il merito di operare una vera e propria “democratizzazione” del vino in Puglia e ha ridato dignità ai contadini del Salento che, da semplici produttori che riempivano le navi cisterna di vino destinato alla Toscana e alla Francia, hanno iniziato ad imbottigliare le proprie etichette investendo sul prodotto, sul marchio condiviso, sul brand Salento.
(Angelo Maci)
Non solo aumentavano i soci, ma venivano acquisite anche altre storiche cantine. Angelo Maci continua a concepire questa associazione come un’impresa privata che ha il compito primario di fare reddito e quindi remunerare coerentemente i soci per i loro sacrifici e per indirizzarli a produrre al meglio guidati da un’adeguata squadra di tecnici.
(Riccardo Cotarella e Angelo Maci con gli altri tecnici)
Angelo Maci ne è anche l’enologo e da qualche anno ha come consulente Riccardo Cotarella, i soci conferitori sono diventati oltre mille e gli ettari vitati 2.500 distribuiti non solo nel cuore del Salento. Numeri da capogiro: una capacità di stoccaggio di 30 milioni di litri, 12 mila quintali di uve mediamente lavorate al giorno, 30 etichette, 10 milioni di bottiglie all’anno che vanno all’estero per l’80%, 6 cantine di proprietà: 3 a Cellino di cui una trasformata in showroom per vendita ed eventi, una a San Pietro Vernotico, una a Lizzano per il Primitivo di Manduria Doc, una ad Arnesano Monteroni per la Doc Copertino.
Ma più dei numeri impressiona la ferrea volontà di lavorare al meglio con una serie di protocolli, tecnologie, sistemi che ad enumerarli non basta un’intera pagina e che potete approfondire nel sito web. Tutto in collaborazione con Enti, Istituzioni e Società per dare valore aggiunto alla ricerca e alla sperimentazione. Insomma un’azienda all’avanguardia che applica i metodi di coltivazione e vinificazione integrate ed ecosostenibili, rispettose dell’ecosistema, a basso impatto ambientale.
Recensiamo Amaluna, uno spumante extra dry millesimato, la più giovane etichetta presentata in occasione del Vinitaly 2016, che deriva da uve di Negroamaro salentine. Vigne a spalliera con abbondante produzione, in pianura, vendemmiate precocemente a fine agosto in modo da preservarne la freschezza.
All’arrivo in cantina, le uve sono diraspate in maniera soffice, il mosto fiore ottenuto dalla pressatura subisce una chiarifica statica, e successivamente vengono inoculati i lieviti. La fermentazione alcolica avviene in serbatoi d’acciaio ad una temperatura controllata di 13°C per 40 giorni quindi per 30 giorni in autoclave. Successivamente, il vino spumante viene sottoposto ad una refrigerazione di -4°C per consentire la precipitazione dei sali di tartrati in eccesso. Dopo 2/3 giorni si procede all’imbottigliamento isobarico.
Versato nel flute il colore è paglierino scarico e le bollicine sono mediamente fini e di lunga persistenza. Al naso meraviglia per la sua complessità tanto da poterlo confondere con un metodo classico, floreale, denso di frutta esotica, agrumi ed un pezzetto di crosta di pane. Elegante ed invitante. Al gusto è abbastanza secco, sicuramente con un’aggiunta di zucchero minima per la tipologia, la carbonatica diventa molto fine, è pieno, corposo, fresco e lungo con un retrogusto leggermente amarostico. Uno charmat di interessante e piacevolissima beva che va giù ch’è un piacere anche per il grado alcolico di soli 11,5°.
Spumante da aperitivo, da tutto pasto, capace di accompagnare anche piatti con una certa dolcezza. Sono 500 mila bottiglie che allo scaffale o nello shop online della cantina trovate a 4,5 euro.
Rubrica a cura di Salvo Giusino
Cantine Due Palme
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