Il mondo della finanza non sta reagendo bene all'uscita del Regno Unito dall'Unione europea. Ma gli esperti non si sbilanciano: “Fare previsioni adesso è impossibile. Un'unica certezza: l'export di cibo e vino italiano continuerà anche senza Ue”
(Eric Narioo, Riccardo Deserti e Silvana Ballotta)
di Giorgio Vaiana
Ci siamo addormentati con un Regno Unito in Europa. Ci svegliamo con un dato che appariva lontano, almeno fino a ieri sera: la Gran Bretagna non fa più parte della Comunità Europea.
La notizia ha sconvolto tutti. I mercati sono andati nel panico. Le Borse sono in caduta libera. La sterlina precipita. I titoli bancari sospesi per eccesso di ribasso. Ovviamente l’uscita di Londra e company dall’Europa avrà ripercussioni anche sul piano dell’export del food and wine con destinazione Gran Bretagna. “Ma è presto per parlarne – dice Eric Narioo fondatore de Le Caves de Pyréne – Certo, qualcosa succederà, è ovvio. Ma dobbiamo attendere le decisioni della politica. Vedremo come saranno ridiscussi i trattati commerciali”.
Anche Silvana Ballotta, ceo di Business Strategies mette un freno alle preoccupazione: “Adesso non è facile capire gli effetti a lungo termine di questa uscita e quali potranno essere le ricadute. Ma la questione non va assolutamente presa sottogamba. Il 2015 si è chiuso con numeri incredibili di export del vino italiano verso la Gran Bretagna”.
I numeri a cui fa riferimento la Ballotta sono quelli che riguardano l’aumento di export del vino italiano nel Regno Unito del 13,4 per cento, che ha pesato tantissimo sull’aumento globale dell’export italiano dei vini a livello mondiale. L’export del food and wine italiano in Gran Bretagna nel 2015 ha fatto registrare un + 9,5 per cento (oltre 2,8 miliardi il valore totale), “ma è un aumento costante che si registra da qualche anno a questa parte – spiega Emanuele Scarci, giornalista de Il Sole 24 ore – Il punto massimo è stato raggiunto nel 2007 quando le esportazioni italiane verso l’Inghilterra fecero registrare un + 70 per cento”.
Insomma un mercato importante, “il quarto per noi (50 milioni di euro in termini di produzione, 100 milioni in termini di vendite, ndr) – spiega Riccardo Deserti, direttore del consorzio del Parmigiano Reggiano – ma adesso non serve fare allarmismi, perché domani non cambierà nulla. Non sarà un po’ come le decisioni shock ed improvvise avvenute nel recente passato, come l’embargo in Russia. La brutta notizia semmai è per il progetto europeo”.
“Sicuramente i prezzi saranno destinati a salire – prosegue la Ballotta – e i consumatori inglesi ne avranno presto la certezza. Ma tutto dipenderà dal tipo di politiche che saranno attuate. Nei prodotti di fascia media questo aumento si noterà di più, in quelli di fascia alta non si avvertirà”.
“E’ una giornata tristemente storica per una decisione, che comunque rispettiamo, che muterà per sempre gli equilibri europei – dice Michela Giuffrida, eurodeputato del Pd – Ma è una giornata storica anche perché da oggi, e proprio da questa decisione, obbligatoriamente, dovrà partire il nuovo corso di una Unione Europea più forte, unita, e pronta a dare risposte ai cittadini d'Europa. Gli inglesi di oggi non hanno fatto niente di grande, piuttosto hanno fatto un grave danno agli inglesi di domani, quei giovani che – come dimostrano i risultati della notte scorsa – in maggioranza sono chiaramente Europeisti, che non si sono lasciati affascinare dal populismo e dalla paura diffusa a scopi elettoralistici da chi strumentalizza la sacrosanta e sana voglia di cambiamento che è anche nostra”.
“Si tratta di un salto indietro di 50 anni – dice Pietro Columba, docente di economia agraria presso l’università di Palermo – Si tratta di un ritorno a quei nazionalismi che sono estremamente pericolosi. Mi chiedo anche io cosa succederà nel mondo delle importazioni e delle esportazioni. Certo gli esordi finanziari ci lasciano immaginare che tutto sarà negativo. Ma è ancora troppo presto per dirlo. Bisogna vedere al termine dei negoziati in che rapporti rimarranno Europa ed Inghilterra”.
“Dobbiamo aspettare – dice la Ballotta – Ora credo che l’Unione europea debba capire cosa vuole fare da grande. Se c’è la necessità di avere accordi commerciali forti, non si possono far trascorrere anni. Bisogna che la politica riveda sé stessa e crei situazioni di miglioramento per tutti. Certo in questo momento non siamo contenti, non siamo europeisti convinti, vediamo Bruxelles più come una matrigna o un patrigno, la burocrazia ci sta sommergendo, ma dobbiamo sapere che l’Europa è una forza che arriva da lontano. Cosa avrei votato? Remain, ovvio”.
“Ora loro sono extracomunitari – prosegue Columba – I prodotti inglesi pagheranno dazio per entrare in Europa e viceversa. Insomma credo che non convenga a nessuno. Quindi mi aspetto che si trovino degli accordi pacifici per fare gli interessi di tutti”.
“Credo che alla fine prevarrà un po’ di senso della realtà quando inizieranno i negoziati – prosegue Scarci – Insomma cercheranno di non farsi male l’uno con l’altro. Dall’altra parte, però, credo che qualche problemino ci sarà lo stesso. Bisogna capire se la Gran Bretagna diventerà un po’ come la Svizzera con cui facciamo tranquillamente affari, oppure no. Ma è un problema anche loro, visto che sono un grande centro finanziario, ma producono poco a livello di agroalimentare e industriale”.
“Il rischio è che se ci sarà una crisi finanziaria e gli inglesi cominceranno a tirare un po’ la cinghia – spiega Deserti – probabilmente si avranno delle ripercussioni sul nostro mercato. Ma se la loro economia ne esce rafforzata, anche il nostro export ne trarrà dei sicuri benefici.
“Le dimissioni di Cameron mi sembrano un segnale molto chiaro – conclude Narioo – Ci sono troppe cose da sistemare e non sappiamo quanto tempo materialmente passerà. Per adesso, visto che la sterlina è precipitata, tutto costerà un po’ di più. Ma l’export di vini non cambierà. Credo che gli inglesi siano ben disposti a pagare qualcosina in più per bere del vino italiano. Ora attendiamo gli accordi commerciali per capirne di più. La scelta di lasciare l’Europa, però, in questo momento è da pazzi. Bisogna cambiare le cose non sbattendo e chiudendo la porta, ma discutendo, da dentro”.
“I fondi Ocm vino per i paesi terzi adesso serviranno anche per l’Inghilterra? – conclude la Ballotta – Si, è vero. E’ paradossale, ma è così. Ma in questo momento mi sembra di voler trovare una sorta di contentino. In realtà il mercato anglosassone è molto importante per l’Italia. Credo che lo scenario a medio e lungo termine sia molto pesante e mi aspetto un contraccolpo difficile da reggere”.