Negroamaro Igt Salento Rosso
di Gianni Paternò
Il nome già indica che è un vino ricavato da uve che sono state appassite sui graticci al sole della Puglia. Ma torniamo indietro fino alla fine dell’800 quando un ricco borghese Vincenzo di Marco col suo lavoro e la sua capacità dalle parti di San Pietro Vernotico possedeva 1.000 ettari con vigne di cui vendeva il vino che arrivava fino in Francia ed in Piemonte. Saltiamo agli anni '30 quando la figlia Maria sposa Donato Vallone riunendo così la sua eredità con il podere del marito. Dopo la guerra acquistano la tenuta di Castelserranova che assieme alle esistenti Flaminio e Iore portano ad una azienda da 600 ettari di cui 200 vitati, 100 di ulivi per la maggior parte ultra centenari, il resto seminativi a rotazione. Il centro aziendale è il Castello di Serranova, in ristrutturazione per diventare alla fine del prossimo anno una attrazione architettonica e di ospitalità.
(Il castello)
Ogni podere ha i suoi fabbricati. Le famiglie che vi abitano, lavorano con una agricoltura sostenibile che è già in conversione al biologico, niente diserbo e concime ricavato da un mix di vinacce, stallatico, sansa delle olive, polvere vulcanica, il tutto fermentato anaerobicamente da speciali batteri giapponesi. Il Negroamaro predomina e sono pure presenti due vitigni autoctoni, ormai quasi spariti e reietti, il Susumaniello e l’Ottavianello, quest’ultimo ancora in fase di studio e sperimentazione. Dal 2014 l’azienda è a tempo pieno nelle mani di Francesco, trentanovenne che inizialmente per anni si era dedicato ad altro, lavorando nel settore economico-finanziario aziendale dopo i suoi studi alla Bicocca. Francesco ha seguito l’impostazione data dalle zie che l’hanno preceduto: qualità massima, rispetto per la campagna, raccolta delle uve solo nelle annate buone e nell’attesa di farsi una grande esperienza si è immerso nella sapienza del loro agronomo Angelo Bagorda e della consulente enologa Graziana Grassini, Tenuta San Guido tra i suoi clienti, che seguendo i suoi principi, per esempio il legno deve servire a maturare il vino e non ad influenzarlo, ha saputo trasferire la sua conoscenza e la sua filosofia al cantiniere Dario Campilongo.
Una dozzina le etichette per 400 mila bottiglie, poca resa in vigneto e vendemmia solo se i canoni di qualità lo permettono, il 65% si vende all’estero. Degustiamo il top: il Graticciaia, un vino dove le uve, sceltissime, raccolte e trasportate in contenitori da un grappolo, sono stese al sole per circa 20 giorni su graticci di canne.
(I vecchi alberelli di Negroamaro)
Provengono da Castelserranova, da 7 ettari di alberelli di oltre 80 anni e da 3 ettari di spalliera, terreni sciolti, profondi, con poca argilla a 100 metri di quota. Sui graticci giornalmente vengono eliminati gli acini danneggiati e colpiti dalla muffa, in questo caso non nobile. La concentrazione di zucchero è tenuta bassa, non più di 16 grammi per litro e con l’appassimento si perde il 30% del peso.
In cantina la fermentazione a temperatura controllata e frequenti rimontaggi, per avere un continuo contatto con l’aria, dura fino a 30 giorni ed è innestata con lieviti prodotti in proprio. Anche la malolattica si svolge in acciaio quindi il vino per un anno riposa in serbatoi di cemento vetrificato quindi un altro anno in barrique usate. Niente chiarifica nè filtrazione e in bottiglia ancora un anno e mezzo. Degustiamo l’annata 2011 appena in commercio.
Colore rosso rubino denso. Al naso sensazioni da vino maturo, speziato, con frutta rossa in confettura, tabacco, fieno secco, elegante e signorile. Al palato cambia marcia, innesta la più alta con una beva concentrata, corposa, con un equilibrio eccelso, tannini presenti ma definirli vellutati è restrittivo, acidità quella che ci vuole, lungo tanto e se non fosse che sempre alcol è non si smetterebbe di berlo.
Abbiniamolo ad una pasta con pesto di basilico e pomodorini, ad una succulenta bistecca, ad un pecorino anche stagionato. Se ci riuscite lasciatene un poco così finirete col gustarlo in tutta la sua bontà davanti al televisore o leggendo un buon libro in salotto; se dovete dividerlo con gli amici una sola bottiglia non può bastare. Sono 13 mila bottiglie che allo scaffale vengono 50 euro, ma per trovarle mi sa che dovrete rivolgervi al produttore, vanno a ruba all’estero.
Rubrica a cura di Salvo Giusino
Agricole Vallone
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