IL PRODOTTO
In Italia la Sicilia è stata una delle prime regioni a produrlo grazie agli arabi, oggi però nell’Isola ci sono solo industrie di confezionamento o distributori. Il nutrizionista: meglio usare quello integrale di canna
Basta un poco
di zucchero
Nel caffè (per chi non lo prende amaro), nei dolci ma anche in tante altre ricette culinarie e persino nelle medicine. D’altronde come cantava Mary Poppins “basta un poco di zucchero e la pillola va giù”. Lo zucchero, dunque, almeno per chi non tende ad evitarlo per esigenze di linea o di salute, è un compagno quotidiano nella nostra alimentazione.
Un compagno che, però, spesso proviene da molto lontano poiché in Italia la produzione è scarsa. La Sicilia, per esempio, può essere considerata la culla italiana dello zucchero grazie agli arabi che introdussero la coltivazione di canna attorno al decimo secolo e a Federico II che la fece proseguire durante il suo dominio. Oggi però l’Isola si limita ad avere industrie di confezionamento o distributori che importano il prodotto.
“Basta un poco di zucchero?” a questo punto diventa una domanda per gli addetti ai lavori e la risposta è “no”. Giovanni Schiavo ha 70 anni ed è grossista a Marsala nella sua azienda, fondata nel 1878 dal bisnonno Leonardo Ricevuto Sandias. Acquista il prodotto già confezionato dalla Eridania e lo distribuisce nelle province di Palermo e Trapani.
“L’Unione europea – attacca – ha dato la mazzata definitiva al settore saccarifero tagliando i contributi e destinandoli ad altre coltivazioni. Adesso le zone che producono maggiormente zucchero da barbabietola sono il Ravennate e la Basilicata”. Si tratta di piante che hanno bisogno di molta acqua e la Sicilia, dunque, pare tagliata fuori dalla produzione. “Quarant’anni fa – racconta Schiavo – si fece un tentativo nella Piana di Catania che fallì dopo pochissimo tempo”. Schiavo stima la crisi del settore snocciolando cifre preoccupanti. “In due anni si è passati da una produzione di due milioni di quintali a 500 mila quintali”. Così ci si affida alle importazioni soprattutto da Francia e Germania per quanto riguarda lo zucchero di barbabietola e dal Brasile per quello di canna.
Per Schiavo non ci sono grosse differenze di gusto fra i vari tipi di zucchero anche se l’imprenditore saccarifero confessa un debole per quello inglese. “I britannici – spiega – hanno una produzione bassa ma di alta qualità. Importano zucchero di canna dalle loro ex colonie e nella lavorazione mantengono alte quantità di melassa che dà un gusto vicino a quello del miele”. Diversi invece possono essere i gradi di raffinazione. Così se alle industrie dolciarie viene fornito uno zucchero più grosso, le pasticcerie utilizzano quello più raffinato e quello a velo, alle industrie farmaceutiche, invece, serve uno zucchero dalla granulometria bassissima.
Dal punto di vista nutrizionale lo zucchero è sempre stato oggetto di discussioni. Il saccarosio è un disaccaride, è formato da due molecole: glucosio e fruttosio. La sua funzione è principalmente energetica, ma senza elementi vitaminici (gruppo B1) l’energia prodotta avviene in modo incompleto. Per Mimmo La Mantia, naturopata e nutrizionista, “lo zucchero bianco e quello scuro di canna hanno entrambi un indice glicemico altissimo che va a stimolare la produzione di insulina, l’elevato consumo quindi non fa altro che creare obesità. Tutte le merendine e anche alcuni biscotti per neonati contengono zuccheri, pertanto abusarne significa che i bambini di oggi saranno i diabetici adulti di domani”. C’è pero da fare una lieve differenza. “Lo zucchero integrale di canna – chiarisce La Mantia – contiene, rispetto a quello bianco, anche le vitamine e per questo fa meno male. Assumere zuccheri o alimenti a base di amidi in maniera eccessiva è dannoso per la salute, meglio inserirli nell’alimentazione attraverso la frutta, le verdure e i legumi che hanno invece un indice glicemico basso perché contengono zuccheri facilmente assimilabili e fibre che ne rallentano l’assorbimento”. “Basta un poco di zucchero?” è quindi ancora un’interrogativa ma in questo caso è la risposta è “sì”.
Aurora Rainieri
Francesco Sicilia