Chardonnay spumante
di Gianni Paternò
Cantine Ceci si identifica col Lambrusco, il vino più tipico dell’Emilia, di cui riesce a farne addirittura il 90% della loro intera produzione che arriva a 2,5 milioni di bottiglie annue. Lambrusco che Otello Ceci, il capostipite dell’azienda, come oste della bassa parmense, negli anni '30 mesceva nerissimo ai suoi clienti e che riscuoteva tanto successo da fargli venire l’idea di produrlo in proprio. Lo faceva talmente bene, almeno per quell’epoca, che ben 400 produttori sgomitavano per vendergli le loro uve. La svolta avviene negli anni '90 quando nell’azienda arrivano le terze e quarte generazioni che intuiscono che il vero successo deriva dalla sperimentazione, dalla ricerca e dalla voglia di creare vini di grande qualità che riescano a fare del Lambrusco non più un prodotto popolare e di massa, bensì di eccellenza.
Ceci non possiede vigneti e si approvvigiona in genere dagli stessi produttori, seguiti nelle varie fasi della coltivazione dai tecnici consulenti dell’azienda in maniera da garantire un’ottima qualità e la sanezza delle uve, elementi essenziali per l’eccellenza dei vini. Maria Paola Ceci Maghenzani amministra, Alessandro Ceci è l’enologo, attorniati dalle rispettive figlie Elisa, Chiara, Maria Teresa.
(Maria Teresa, Elisa, Maria Paola, Chiara e Alessandro Ceci)
Noi questa volta non parliamo dei Lambrusco bensì dell’ultimo vino nato in cantina con il millesimo 2014, uno Chardonnay che però vista l’esperienza e la vocazione della famiglia Ceci per le bollicine, è uno spumante metodo Martinotti o Charmat, che dir si voglia. In azienda molti dei nomi dei vini sono dedicati ai familiari, ai personaggi parmensi, al territorio. Infatti il vino che degustiamo si chiama Náni, che sarebbe il vezzeggiativo affettuoso con cui gli antenati chiamavano i bambini. Come consuetudine della maison particolare cura è posta all’immagine delle bottiglie, squisitamente originali, esclusive ed artistiche nonchè alle etichette. Per il Náni si è adottata un’elegante bottiglia trasparente, a base quadrata, lati morbidi e bombati, spigoli arrotondati, etichetta minimale con bordi dorati; bottiglia racchiusa in una confezione in cartone che forma 4 petali bianchi trattenuti da un collarino dorato che una volta tolto schiude il Náni come un fiore a primavera.
Le uve provengono dalle colline emiliane, portate in cantina a Torrile, vinificate in bianco a temperatura controllata. Il vino sosta fino a gennaio in acciaio per depositare le fecce fini, poi va in barrique usate dove affina quasi un anno, quindi viene posto in autoclave dove sono aggiunti i propri zuccheri prelevati anteriormente. Raggiunta la pressione voluta lo spumante è imbottigliato.
Versato nel flute il colore è paglierino e le bollicine diventano pressochè subito rade, ma estremamente fini, minuscole. Al naso rivela un bouquet non particolarmente intenso dove vengon fuori sentori erbacei, di mandorla lievemente tostata, di mela, un afflato agrumato. Elegante e perfettamente franco. In bocca spicca il volo: è secco, con una lievissima carbonatica che la avvolge, di ottima struttura, gradevole acidità e buona sapidità che comunque non coprono le note fragranti del frutto, buona la lunghezza. Uno spumante dalla goduriosa beva, che sarà particolarmente gradito da chi non ama l’eccessiva invadenza delle bollicine. Per chi lo preferisce meno secco c’è anche la versione Extra Dry.
Vino da aperitivo, ma anche e specialmente da tutto pasto capace di accompagnare dai piatti di pesce anche grassi fino ai formaggi pure stagionati, perfetto col culatello. Sono 10 mila bottiglie che allo scaffale trovate a 14 euro.
Rubrica a cura di Salvo Giusino
Cantine Ceci Spa
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