Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 90 del 04/12/2008

IL PRODOTTO/2 Pane per i nostri denti

04 Dicembre 2008
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IL PRODOTTO/2

Quello di Lentini è diventato presidio Slow Food. Prodotto da sette fornai, è famoso per la sua classica forma ad esse e il profumo di spezie

Pane per
i nostri denti

Dopo il pane tradizionale di Altamura e il pane nero di Castelvetrano, anche il pane di Lentini è entrato a far parte della cerchia ristrettissima dei prodotti promossi da Slow Food. Dopo un lavoro preparatorio durato diversi anni, questo pane prodotto nei comuni siciliani di Lentini e Carlentini (Siracusa) è da circa un mese tra i prodotti dell’eccellenza artigianale alimentare che il movimento internazionale si impegna a salvaguardare e promuovere.

Per capire cosa ha di speciale questo pane basta entrare in uno dei sette fornai dove viene prodotto. Non ci si deve aspettare un laboratorio dell’ultima generazione con forni all’avanguardia. Anzi, appena si entra si ha come l’impressione di tornare indietro di molti anni e di partecipare ad un vero e proprio “rito” come quello del “fare il pane in casa” di tanto tempo fa.
Innanzitutto niente forni elettrici. Per il pane di Lentini, come vuole il disciplinare, solo forni di pietra così come quelli antichi in cui il calore sprigionato dalla bruciatura di gusci di mandorle e, in misura minore, di rametti di olivo ed arancio, serviva a cuocere lentamente questo pane. Il profumo poi che si respira in questi forni artigianali è qualcosa di speciale. Appena sfornato il pane di Lentini, dalla classica forma ad esse (anche se può essere fatto anche a ciambella o a galletto), emana un profumo di spezie, frumento e legna, con note delicate di frutta secca. Se poi lo prendiamo in mano possiamo apprezzarne la crosta sottile e morbida, di colore bruno nocciola cosparsa in superficie di semi di sesamo. Aprendolo è possibile notare una mollica compatta di colore giallo paglierino, con alveoli di piccola dimensione, elastica e soffice. Al gusto infine si presenta sapido e particolarmente gustoso. Il segreto di tutto ciò? Gli ingredienti, di certo, ma anche la tecnica di lavorazione utilizzata, la stessa di quella che le donne del passato impiegavano quando lo facevano in casa e poi portavano l’impasto da cuocere nei forni comuni e ne lasciavano una parte al proprietario come pagamento: pane destinato poi a coloro i quali lavoravano lontano da casa e quindi necessitavano di un pane che doveva durare a lungo.
Le ricette sono state tramandate da madre in figlia con piccole variazioni fra una famiglia e l’altra. La sua produzione oggi prevede in pratica l’impiego di semola di grano duro di varietà regionali prodotte in Sicilia (un tempo invece si usava solo la timilìa), acqua, sale marino e lievito naturale (crescenti). Per velocizzare la lievitazione inoltre viene aggiunta anche una piccola quantità di lievito di birra (0,5 g su 1Kg di farina): percentuale di lievito utilizzato come starter che si spera di poter azzerare, al fine di poter ottenere grazie alla lenta lievitazione un pane ancora più ricco di sapori e profumi, più digeribile e conservabile più a lungo, migliorando ulteriormente le caratteristiche organolettiche di un prodotto molto apprezzato dai consumatori.
Coperte da teli di cotone, le forme del peso di mezzo chilo vengono messe a lievitare per circa due ore. La cottura a fuoco diretto infine per 45 minuti fa il resto regalandoci un pane ineguagliabile quanto a sapori, profumi e digeribilità, ottimo da gustare ancora caldo con un filo d’olio.
Esempio della tradizione artigianale alimentare italiana, il pane di Lentini a buon diritto rientra tra i prodotti da forno che ancora resistono all’omologazione della produzione industriale. Ed è per questo che Slow Food, insieme ad un gruppo di panificatori artigiani che hanno dato il via alla nascita di una associazione di produttori, si sta impegnando nella salvaguardia di questo prodotto a rischio estinzione lavorando ad un progetto, sostenuto dall’assessorato regionale all’Agricoltura, dal Comune di Lentini e dal Consorzio Ballatore, con la consulenza della Stazione Sperimentale di Granicoltura di Caltagirone, che mira a ritrovare la giusta miscela tra le varie qualità di grano siciliano che possano consentirne la produzione con il solo utilizzo del lievito madre, anche se si tratta di una tecnica particolarmente impegnativa e più costosa, ma l’unica in grado di conferire a questo pane caratteristiche impensabili con l’utilizzo del lievito di birra.

Gianna Bozzali