Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Doc
di Gianni Paternò
Beatrice Lucangeli e il marito Stefano Aymerich, entrambi di antiche e nobili famiglie, avevano acquistato dai marchesi Castiglioni di Cingoli, papa Pio VIII Castiglioni in famiglia, una bella tenuta di oltre 220 ettari nelle campagne di Cingoli, in provincia di Macerata anche se nella realtà a pochi chilometri da Jesi, con seminativi, prati, olivi. All’inizio degli anni '90 gli Aymerich iniziarono ad impiantare vigneti specialmente di Verdicchio, il più tipico del territorio. Stefano, ingegnere con interessi romani, cominciò così a dedicarsi a tempo quasi pieno alla campagna che oggi vanta 29 ettari di uve, di cui 16 di Verdicchio, 3,5 di Sangiovese, altrettanti di Montepulciano, 2,5 di Lacrima di Morro d’Alba, che prende il nome dalla cittadina marchigiana non da quella piemontese ed è autoctono delle Marche, più poco altro d’internazionale.
Il Verdicchio nacque a cordone speronato, ma recentemente è convertito a Guyot perchè capace di produrre la giusta quantità, vigneti a quote da 270 a 320 metri. Agricoltura da sempre sostenibile, limitando qualche trattamento sistemico agli anni difficili. Da un anno sono in conversione biologica. Stefano è sempre più coadiuvato dalla nipote Ondine De La Feld, architetto e designer che mette a frutto la sua professionalità anche in azienda e che sta imparando il mestiere di produttore di vino per succedere in futuro allo zio, della cantina si occupa l’enologo Giulio Piazzini con la consulenza di Pierluigi Lorenzetti.
(Stefano Aymerich e Ondine De La Feld)
Le bottiglie sono 100 mila, il resto è venduto localmente, con il 70% che va all’estero. Le etichette 12 e degustiamo un Verdicchio nella denominazione Classico Superiore ed esattamente il Misco che prende il nome dai 3 ettari di vigna migliore, allevata a cordone speronato con una produzione di 60 quintali per ettaro. Terreno argilloso ricco di calcare a 300 metri di quota. La vendemmia nella seconda settimana di ottobre quando le uve sono ben mature, ma non tardivamente. In cantina pigiodiraspatura e negli ultimi millesimi non si effettua più la macerazione pellicolare; fermentazione lenta e lunga fino a 4 settimane in acciaio con lieviti selezionati e temperatura massima di 17°; dopo il travaso il vino riposa nelle fecce fini per 6 mesi; chiarifica con bentonite, filtrazione non sterile ed in bottiglia per almeno 3 mesi. Pochi i solfiti, al massimo troviamo un totale di 80 milligrammi per litro. Esiste anche il Classico Riserva che fa acciaio per un anno ed altrettanto in vetro.
Nel calice il colore è giallo quasi dorato. Appena versato l’olfatto è esplosivo di profumi, poi si calma un pò pur rimanendo intenso di rosa, viola, pesca bianca, papaya, qualche goccia di agrumi e di anice, briciole di mandorle secche, insomma un naso complesso, di rara eleganza ed efficacia. Al gusto si presenta di notevole equilibrio: mineralità, acidità, corpo che si inseguono festosamente; eccelsa piacevolezza che dura a lungo e splendida bevibilità. Un Verdicchio pietra miliare.
Abbiniamolo a piatti di mare, anche di gusto deciso, in questo periodo ad una pasta con le favette fresche e qualche ciuffo di finocchio selvatico, ad una cotoletta di pollo, ad una caciotta d’Urbino Dop. Le bottiglie sono 17 mila ed il prezzo allo scaffale 13 euro.
Rubrica a cura di Salvo Giusino
Tenuta di Tavignano
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