Ultimo appuntamento dedicato ad alcuni dei terroir più interessanti d'Europa.
Dopo i focus dedicati alla Serbia (leggi qui) e alla Slovenia (leggi qui), oggi vi portiamo a degustare alcuni vini dell'Ungheria, un territorio che soprprende per l'evoluzione recente.
di Alma Torretta
Non solo Tokaj, il vitigno Furmint sta dimostrando di essere adatto anche per ottenere ottimi vini secchi e per la spumantizzazione. Lo ha dimostrato una degustazione intitolata “Il Furmint d’oro dell’Ungheria” organizzata da Vinitaly in collaborazione con la rivista ungherese di settore BORésPIAC che è stata un grande successo di partecipazione nella giornata inaugurale della fiera.
Il Furmint, dalle origini incerte, in Ungheria è coltivato almeno dal tredicesimo secolo e per secoli è stato il vitigno bianco tra i più coltivati in tutto il Paese. Dopo la devastazione della filossera era rimasto diffuso sopratutto nella zona del Tokaj ma negli ultimi decenni è ritornato anche nelle altre regioni vinicole ungheresi, con suoli e climi differenti, dando vita a vini diversi. E’ considerato uno dei migliori vitigni al mondo presentando la buona struttura dello Chardonnay, il fruttato dello Chenin Blanc e l’acidità del Riesling. Ha maturazione tardiva ed in Ungheria è spesso attaccato dalla botrytis.
Ecco i vini degustati
Garamvari, Furmint Sparkling Wine 2013
La spumantistica si sta sviluppando nelle aree nord dell’Ungheria e questo spumante metodo champenoise proviene dalle sponde del lago Balaton, nella zona di Budafok con forte presenza di gesso come nello Champagne, dove si producono bollicine ormai da oltre 150 anni ma dove il clima è più caldo in estate rispetto ala Francia e quindi il risultato è più simile ai Cava spagnoli. Al naso è agrumato e speziato dolce, con perlage fine e buona struttura.
Pajzos, “T” Furmint 2014
Da un’azienda creata nel 1991, con diversi soci francesi di Pomerol e Bordeaux, nella regione del Tokaj, dove si sta facendo molta sperimentazione sia in vigna che in cantina. Non è Furmint in purezza, si nota infatti subito l’aggiunta di un 5% di Moscato giallo, ma vi è anche il 9% della varietà Harslevelu. Le uve sono vendemmiate in due epoche per coniugare freschezza e toni più maturi sia al naso che all’assaggio.
Kikelet, Birtok Furmint 2013
Ancora dalla regione del Tokaj ma da suoli più decusamente vulcanici con forte presenza di basalto. Fermentato ed affinato in legno, utilizzando solo lieviti indigeni, di buona acidità, personalità, corpo e lunga perisistenza. Stèphanie, l’enologa, di Bordeaux ha sposato il proprietario.
Erzsébet, Kiraly-Dulo Furmint 2013
Da una cantina famosa, scavata nel Settecento proprio nel centro di Tokaj, che ha fornito la corte russa, con vigneti nelle aree più vocate a suolo giallo e roccia vulcanica classificati, come in Francia, di prima e seconda classe, un Furmint maturato in legno con sentori di pera, miele e vaniglia, con un residuo zuccherino di ben11,8 g/l ma perfettamente bilanciati dall’acidità che risulta quindi all’assaggio molto morbido e pieno.
Jàsdi, Csopaki Furmint 2011
I vigneti si trovano in questo caso nella zona nord del lago Balaton e la cantina è stata costruita alla fine del 18esimo secolo in un avecchia residenza vescovile. L’azienda è di proprietà della famiglia Jàsdi dal 1998 che l’ha fatta rivivere lavorando su un vecchio clone locale di Furmint. Il naso è agrumato-speziato-floreale, si sente l’affinamento sulle fecce fini, l’acidità è vibrante. Prodotto in poche centinaia di bottiglie.
RWZ, Pirkad 2013
Anche questa una piccolissima produzione, appena 750 bottiglie, che si caratterizza pe un residuo zuccherino molto al di sotto della media, solo 1,5 g/l, per questo definito in etichetta “rivoluzionario”. Si è voluto fare emergere il terroir, siamo nel Nord-Est della regione di Tokaj con suoli vulcanici profondi su cui poggia uno strato di argille. Acidità notevole, carattere spigoloso, mitigato solo un po’ dall’affinamnto in legno.
Szepsy, Szent Tamas 2013
Da un produttore considerato uno dei massimi esperti del Furmint , la famiglia lo coltiva dal 1500, ancora nella Tokaj Region, fermentato solo con lieviti indigeni in legno, non fa malolattica (al contrario della maggior parte della produzione nelle altre cantine) perché l’obiettivo, centrato, è quello di ottenerne un bianco di stile riesling renano.
St. Donat, Marga Furmint 2013
Dalle sponde del lago Balaton, dove il Furmint era anticamnete molto coltivato ma adesso, dopo la fillossera, è solo la terza varietà per diffusione. Anche questo “new style” per l’Ungheria, completamente senza zucchero residuo, lavorato con lieviti indigeni e affinato solo in barrique usate per preservarne il più possibile il profilo varietale e territoriale vulcanico complesso.
Tornai, Apatsagi Furmint 2011
Qui siamo nella piccola area del monte Somlò, una delle più rinomate per la viticoltura insieme a quella di Tokaj, dove però il suolo è più uniforme e sono le differenti esposizioni a fare la differenza. Il loro Furmint secco di top gamma è lungamente affinato sulle fecce e poi in legno, e si sente sia al naso che all’assaggio, stile di lavorazione già preannunciato anche dal colore oro carico.
Tokaj-Hetszolo, Hetszolo Tokaji Aszu 5 Puttonyos 2008
Per finire, un grande Tokaji Aszu 5 Puttonyos prodotto da una cantina fondata nel versante sud del monte Tokaj nel 1502 dalla nobile famiglia Garai e acquistata nel 2009 dal francese Michel Reybier che l’ha convertita in biologico. Da suoli vulcanici, da uve attaccate dalla botrytis e raccolte a mano acino per acino (non grappolo intero), è una versione moderna dell’Aszu perché affinato solo in acciaio e non nelle vecchie botti, che si fa amare per complessita di profumi e l’alto livello di zucchero perfettamente bilancito da una vivacissima acidità. Potenzialità di vita: almeno trent’anni.