Nero d’Avola Terre Siciliane Igt
di Gianni Paternò
In quel di Marsala era ed è praticamente impossibile trovare un agricoltore che non coltivi uve. A questa condizione non sfuggiva don Pino Laudicina che le uve le vendeva alle grandi cantine della zona. Contemporaneamente acquistava altri terreni da impiantare specialmente tra gli anni '50 e '70. Col tempo, sempre vigile don Pino, l’azienda di famiglia è passata nelle mani del figlio Michele e del genero Francesco Cottone che oggi sono affiancati dai rispettivi figli.
(Giuseppe, Francesco, Gianluca e Pino Laudicina, Michele e Giacomo Cottone)
Questo fino al 2007, quando i Laudicina-Cottone decidono che è finito il tempo che altri si godano le loro ottime uve, che devono realizzare una cantina ed un marchio proprio, Baglio Oro e, visto che ci sono, devono allestire una struttura atta all’accoglienza turistica, alle degustazioni, agli eventi. Mettono su anche un museo dell’arte contadina, molto frequentato specie in estate.
(Il museo dell'arte contadina)
I vigneti sono 100 ettari tra cui però ce ne sono costantemente alcuni in fase di rinnovo e l’attenzione è costantemente rivolta agli autoctoni della provincia: Grillo e Nero d’Avola in maggioranza, Cataratto, Inzolia, Grecanico, i 3 rossi internazionali tipici sono pochi e addirittura in procinto di essere tolti per far posto ai nostri. Il giovane enologo è Giuseppe Laudicina, laurea e specializzazione a Conegliano, 2 anni di esperienza in Australia.
(Giuseppe Laudicina)
Giuseppe racconta che nel futuro anche immediato sarà dato ampio spazio all’alberello, visti gli ottimi risultati che stanno avendo, che il principio base dell’azienda è rispettare il vigneto, facendo il meno possibile in cantina. Coltivazione con lotta integrata, praticamente in biologico, e in futuro anche qualche vino biodinamico. Nove le etichette, di cui 4 bianchi e 2 rossi monovarietali costituiscono il top, per 180 mila bottiglie. Oltre il 20% nei mercati esteri.
(La cantina)
Il Ceppineri è un Nero d’Avola proveniente da 2 vigneti, uno di 58 anni in alta collina e l’altro di 22 vicino al mare. Vendemmia a mano e le cassette sono messe in frigo per 24 ore ad 8° a raffreddarsi. Dopo la diraspatura un sofisticato meccanismo compie la selezione degli acini: uno scanner ad alta risoluzione individua su un tappeto rotante gli acini da scartare che vengono eliminati da un getto selettivo di aria compressa comandato dal computer, segue una criomacerazione di un altro giorno a 6°, quindi in circa 5 giorni parte la fermentazione con lieviti spontanei, come per tutti i rossi. Questa fase, che dura fino a 18 giorni, è effettuata in locali ed attrezzature riservate, poi la pressatura ed una decantazione statica che dura un mese; un travaso quindi il vino va in barriques, tonneaux e botti da 16 ettolitri dove avviene la fermentazione malolattica ed un affinamento fino ad 8 mesi, seguiti da altri 6 in bottiglia. Niente chiarifica nè filtrazione e solfiti totali di soli 80 milligrammi per litro.
Versato nel calice il colore è rosso rubino, intenso e brillante. Al naso sensazioni di frutti rossi: amarena, prugna, lampone, viola, spezie, cioccolato, un olfatto avvolgente e pulito. Al gusto una tessitura robusta, un’accoppiata acido-tannica in equilibrio, un’intensa ed armonica fragranza, un finale abbastanza lungo e piacevolmente amarognolo; un vino vispo, elegante, con una lunga vita davanti ma che è già pronto per dare grandi soddisfazioni.
Abbiniamolo con dei bucatini al pesto trapanese, con carni non troppo elaborate e, perchè no, con un dentice all’acqua pazza e se volete concludere con un formaggio la vastedda del Belice ci sta bene. Sono 35 mila bottiglie con un prezzo favorevolissimo: 10 euro.
Rubrica a cura di Salvo Giusino
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