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Scenari

Liberalizzazione dei nomi dei vitigni, De Castro: “Battaglia con Spagna e Portogallo”

07 Marzo 2016
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“Non c'è alcuna spinta da parte dell’Unione Europea a ridurre le tutele del nostro vino, anzi, con il ‘Pacchetto qualità’ le garanzie si sono rafforzate. Il problema legato alla cosiddetta semplificazione in materia di vitigni identitari è invece commerciale e di interpretazione del regolamento sul legame dei vitigni con il territorio”.

Lo ha detto il coordinatore S&D Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale dell'Europarlamento, Paolo De Castro intervenuto a Tipicità (Fermo Forum) nella tavola rotonda “Liberalizzazione Ue nomi dei vitigni: denominazioni italiane a rischio. Il no della filiera”, organizzata dall’Istituto Marchigiano di Tutela Vini – Imt, alla presenza delle organizzazioni di categoria. “L’Ue – ha aggiunto De Castro – non sta assolutamente cambiando direzione, il problema è di natura legata a logiche commerciali che vedono da una parte l'Italia e la Francia reclamare lo status quo, dall'altra Paesi come la Spagna e il Portogallo, che già producono vini identitari come ad esempio il Lambrusco, ma che in virtù di questa norma non possono dare il nome del vitigno. La promessa di ritiro dell'atto delegato da parte del Dg Agricoltura, Joost Korte – ha concluso – significa aver vinto una battaglia ma non la guerra”.

Prudente invece Alberto Mazzoni, direttore dell’Imt, il consorzio che tutela 16 denominazioni nelle Marche, tra cui il Verdicchio: “Sono fiducioso sul lavoro delle istituzioni italiane a Bruxelles ma se dovessimo perdere questa battaglia non è escluso che potremmo identificare una doc Marche. Non possiamo infatti permetterci di buttare all’aria l’importante lavoro di promozione e valorizzazione dei nostri vini fatto dalla Regione e dal nostro Istituto negli ultimi 15 anni”.

 

Per la coordinatrice del settore vitivinicolo dell’Alleanza delle Cooperative agroalimentari, Ruenza Santandrea: “La nostra è una battaglia senza se e senza ma. La partita delle liberalizzazioni non è ancora vinta ma ci conforta constatare che se un tempo l'Italia andava in ordine sparso oggi ci siamo compattati, sia in ambito istituzionale che di filiera. Ed è importante, perché le lobby si trovano a tutti i livelli, anche in Europa. Ora ci stiamo preparando per la riunione dell’Intergruppo vino con il commissario Hogan, in programma a Strasburgo il prossimo 8 marzo”.
 
“Oggi per le nostre denominazioni è in corso una battaglia epocale a Bruxelles – dice il presidente di Federdoc, Riccardo Ricci Curbastro. Occorre far capire all’Europa che per l’Italia ci sono delle esigenze e delle storie di cui tener conto. Gli stessi accordi bilaterali con gli Stati Uniti hanno mostrato dei meccanismi difficili. Oggi la regola del trade mark non è la soluzione a cui puntiamo, miriamo piuttosto al riconoscimento pubblico della denominazione e non alla registrazione privata”.

Per il vicepresidente e assessore all’Agricoltura della Regione Marche, Anna Casini: “Questa proposta di liberalizzazione rappresenta una minaccia non solo commerciale ma anche culturale, perchè mina il rispetto, le tipicità e le caratteristiche di territori dove i vitigni sono nati e cresciuti grazie al lavoro delle nostre aziende. Si va ben oltre quindi il concetto di vitigno in quanto tale. Forse dovremmo cominciare a pensare a un paniere di vini marchigiani che possa essere riconosciuto come unico e particolare”. 

C.d.G.