L'emendamento arriverà tra i banchi di Montecitorio martedì per essere votato mercoledì, poi toccherà al Senato. I consorzi avrebbero sei mesi di tempo per modificare gli statuti, ma l'Aicig e FederDoc non ci stanno
(Colomba Mongiello e Giuseppe Liberatore)
Martedì sarà alla Camera, mercoledì si voterà, prima di ritornare in Senato per la terza lettura, Insomma, ormai ci siamo e, a meno di clamorosi dietrofront, dovrebbe essere approvato l’emendamento sulla parità di genere firmato dall’onorevole del Pd Colomba Mongiello.
Sarà, insomma una rivoluzione che coinvolgerà il mondo dei consigli di amministrazione dei consorzi di tutela che dovranno avere almeno il 20 per cento di presenza femminile all’interno, per poi arrivare, una volta a regime, al 30 per cento.
Ma l’emendamento della Mongiello si sta trascinando tante polemiche, che arrivano proprio dal mondo dei consorzi.
A parlare è Giuseppe Liberatore, presidente dell’Aicig, l’Associazione delle Dop e Igp Italiane: “Siamo rimasti sbalorditi dall'approvazione nella Commissione Agricoltura della Camera di un emendamento che obbligherebbe i Consorzi volontari di tutela a modificare entro sei mesi i loro statuti per garantire la parità dei generi nei loro Consigli di amministrazione – dice Liberatore -. Questa misura è stata presa senza la benché minima consultazione dei Consorzi ed esprime la totale non conoscenza circa la struttura, il ruolo, la rappresentatività che questi organismi di tutela dei prodotti italiani delle Denominazioni di Origine Protette, Indicazioni Geografiche Protette ed Attestazioni di Specificità rivestono, nonché sulla composizione dei Consigli di Amministrazione che li reggono. Questi infatti sono organismi eletti in base alla composizione della base sociale di ogni Consorzio, cioè delle diverse categorie degli utilizzatori delle Denominazioni, secondo all' entità della produzione rappresentata. Ci troviamo un provvedimento astruso ed incomprensibile che non ha nulla a che vedere con la finalità dei Consorzi di tutela e con la composizione dei loro CdA, inapplicabile perché mancano le persone che rappresentano in modo paritario i due generi. È un dato di fatto che la base sociale dei Consorzi è rappresentata da imprese i cui rappresentanti legali sono generalmente uomini. Di riflesso anche la composizione dei CdA del Consorzi riflette tale dato di fatto e non si capisce la ragione nel voler imporre una parità di genere che sarebbe nei fatti impossibile avere, perché non esiste alla base sociale”.
“Non si strumentalizzi il mio emendamento – dice la Mongiello – che è stato rivisto e alleggerito e che prevede una quota minima di donne all’interno dei consorzi. Ma vogliamo che le donne stiano solo a zappare la terra o a inscatolare pomodori, oppure che abbiano anche loro diritti e poteri decisionali? È un dato di fatto che le imprese gestite da donne viaggiano ad una velocità maggiore di quella degli uomini, così come è un dato di fatto che ci sono tantissime donne pronte ad entrare nei Cda. Liberatore cerchi bene”.
“Pur rilevando nel mondo del vino una presenza femminile maggiore rispetto ad altri comparti, non è accettabile un'imposizione del genere dall'alto senza un confronto con i Consorzi stessi rappresentativi della base – dice Liberatore -. Non è imponendo percentuali di genere nei CdA dei Consorzi che si afferma la presenza delle donne nel mondo dell'agricoltura e esprimiamo vivamente dubbio e stupore in merito alla ragione di tale provvedimento”.
La Mongiello replica: “Il testo dell’emendamento è stato depositato oltre una settimana fa e ci sarebbe stato tutto il tempo per poterne parlare. Adesso mi sembra una sterile polemica. Non mancano in Italia le donne imprenditrici, ma sono ancora pochissime quelle che si trovano all’interno delle stanze dei bottoni. Da Liberatore e da FederDoc mi sarei aspettata una reazione diversa: speravo che avessero promosso essi stessi la parità di genere. Le donne fanno parte del tessuto dell’imprenditoria, producono alcune delle eccellenze Made in Italy ed è giusto che entrino nei luoghi di comando. Ora mi appello al loro buonsenso”.
Dopo l'approvazione in Senato, i consorzi avranno sei mesi di tempo per modificare gli statuti.
G.V.