Nuovi stili di consumo spingono il mercato verso una spaccatura: da un lato i vini sopra i 10 dollari, che godono di buone prospettive, dall’altro quelli al di sotto, schiacciati da una concorrenza spietata. Una buona notizia per chi produce vini di qualità, anche se le sfide per i produttori non finiscono qui.
Ecco i i risultati dell’indagine annuale dell’Università di Davis condotta tra i top manager dell’industria vinicola a stelle e strisce. Quali sono le principali sfide che dovrà affrontare l’industria vinicola statunitense? Tutte le risposte si trovano nell’approfondita indagine Annual survey of wine executives, condotta dall’Università di Davis in California, cheIl Corriere Vinicolo pubblica grazie alla collaborazione con Wines and Vines, la più prestigiosa rivista dell’industria vitivinicola americana. I 24 Ceo della filiera vitivinicola americana intervistati hanno fornito diversi spunti di riflessione, tra i quali emerge lo spartiacque dei 10 dollari a bottiglia, fascia di prezzo al di sopra della quale ci sarebbero buoni margini, al contrario di quanto avviene al di sotto.
Le altre questioni importanti sono rappresentate dalla concentrazione tra reti di distribuzione e vendita al dettaglio e dalla delicata gestione idrica e ambientale in generale, che ha impatti sui costi – crescenti – dell’uva.
La buona notizia qual è? Come la maggior parte dei dirigenti interpellati ha osservato, c’è una netta tendenza da parte dei consumatori all’acquisto di vini di alta qualità, che significa che i produttori vinicoli possono seguire quella direzione, investendo più che mai su marchi premium.
Qui di seguito riportiamo le cinque domande poste ai partecipanti all’indagine. Le loro risposte si trovano nell’articolo integrale pubblicato sul numero 39 del Corriere vinicolo, di cui riportiamo una sintesi.
Siete preoccupati per il continuo processo di accorpamento a livello distributori/rivenditori al dettaglio e quale impatto avrà sulla vostra capacità di portare i vostri prodotti al cliente finale? La vendita diretta al consumatore (DtC) è un’alternativa praticabile?
Ci sono grosse preoccupazioni riguardo al costante spostamento degli equilibri di forza a favore del retailer. Di conseguenza, i produttori fanno sempre più fatica a raggiungere gli scaffali con tutti i loro marchi, soprattutto se di alta gamma. Questa situazione di squilibrio rende difficile lo sviluppo di brand da parte di alcune aziende vinicole, a causa della priorità concessa ai grandi fornitori, che sfruttano fino in fondo il loro ruolo di leader. L’effetto delle vendite dirette ai consumatori sulle aziende vinicole di media e grande dimensione è limitato, ma offre una crescente opportunità ai piccoli produttori per sviluppare i propri brand, specie se di nicchia, con prezzi anche sopra i 20 dollari, che non si trovano facilmente nella grande distribuzione.
Qual è l’impatto sul settore vinicolo generato dall’arrivo di grandi player con propensione all’acquisto, come fondi pensione, fondazioni universitarie, gruppi privati?
Le aziende agricole osservano l’arrivo di investimenti istituzionali in tutti i settori, dall’uva alle mandorle. Resta da vedere quale sarà l’evoluzione dei piccoli coltivatori statunitensi. Un investimento esterno rappresenta un forte indicatore della forza finanziaria dell’industria vinicola, parte di un ciclo di rivalutazione che in molti hanno già intravisto. Ma per quanto tempo questi investitori pianificano di restare attivi? Hanno programmato di investire nelle comunità locali? E tutto questo è sostenibile? O c’è una bolla speculativa sui prezzi dei vigneti?
La forza del dollaro Usa ha influenzato le vostre vendite di vino o rafforzato la concorrenza dei prodotti d’importazione?
Qui le risposte si diversificano, in base alle caratteristiche dei singoli produttori.
Chi esporta molto, risente ancora degli effetti dello sciopero nei porti della West Coast e risente dell’impatto della valuta, poiché la concorrenza internazionale sui prezzi ha continuato ad aumentare in Europa, Asia e Nord America. Inoltre, la debolezza del dollaro canadese ha avuto un effetto strategico su molte aziende vinicole Usa. Altri evidenziano i risparmi conseguiti sul costo di botti e altri beni importati, con i quali compensano gran parte delle diminuzioni registrate nelle vendite all’estero. Quanto più il dollaro si rafforza, tanto più i prodotti imbottigliati e di importazione incrementeranno la concorrenza interna.
La biforcazione del mercato tra vini sopra e sotto i 10 dollari a bottiglia sembra allargarsi. Questa tendenza continuerà? Come avete risposto?
Quasi tutti gli intervistati concordano sul fatto che il trend della “premiumization” continuerà, benché non tutti ne siano toccati direttamente. Spingere i propri marchi verso l’alta qualità (e a prezzo più alto) è insomma la direzione per avere margini più soddisfacenti.
I consumatori statunitensi cosiddetti “aspirational” sono sempre più disposti a investire in brand di qualità. Più esperti ed esigenti, aumentano la spesa in consumo di vino, ma non si fanno trarre in inganno, quindi non basterà fare operazioni di lifting del marchio, occorrerà produrre vini migliori, con investimenti veri. Ma oggi uve e terreni non sono mai stati così costosi…
Quali saranno i gli hot topics dei prossimi 5-10 anni?
Anche in questo caso, i singoli produttori hanno punti di vista diversi, se pur con temi ricorrenti: la scarsità idrica e la concorrenza di aziende agricole alternative, come quella delle mandorle, spingeranno i produttori a cercare altre fonti di approvvigionamento di uva e di terreno; le private label e l’accorpamento distributivo continueranno a minacciare i marchi a livello di vendita al dettaglio. Molti si aspettano che la vendita diretta al consumatore cresca; i consumatori, sempre più incostanti, diventeranno progressivamente più esperti e si vedranno orientati verso prodotti di prezzo e qualità superiori; I gusti mutevoli dei clienti e il continuo aumento del consumo di superalcolici e birra artigianali forse obbligherà le aziende vinicole a modificare la loro produzione e i loro marchi.
C.d.G.