DA SAN VITO
Un’organizzazione di grande livello in un contesto che deve ancora crescere. Tra ristoranti e alberghi ancora pochi i “raggi di luce”. Il racconto di tre giorni da giurato
I miei giorni
al Cous cous fest
di Fabrizio Carrera
Vi confesso un mio limite: il cous cous non mi fa impazzire ma questo non mi ha impedito di vestire più volte i panni del giurato nel più importante evento sulla semola e le sue varianti. Me ne sono fatto una ragione. Il mio atteggiamento distaccato serve per valutare con obiettività i piatti da votare. E così eccoci al Cous cous fest. Anche quest’anno, dopo un periodo di assenza, a San Vito Lo Capo, in provincia di Trapani, a giudicare i piatti di otto nazioni in questa undicesima edizione che ha visto salire sul podio più alto la Costa d’Avorio. Nulla da dire sull’organizzazione: gli amici di Feed Back si sono rivelati come sempre all’altezza della situazione in un evento che necessita di un buon collaudo: la gestione dei giurati, la comunicazione sull’evento, gli spazi per il pubblico, la musica, il palco, il rapporto con gli sponsor (quest’anno Barilla, scusate se è poco), i contatti con i cuochi, le delegazioni. Insomma, davvero tanta…semola al fuoco.
E alla fine vince l’idea che San Vito Lo Capo oggi continua ad essere la località che organizza il più importante evento gastronomico in Sicilia, quanto meno quello che più di altri travalica i confini nazionali ed è così famoso da poter rivaleggiare con altre importanti manifestazioni a livello nazionale. Tuttavia qualche riflessione un po’ amara la voglio fare. Dopo 11 anni il livello della ristorazione a San Vito è cambiato poco: è vero, il proliferare dei locali c’è stato, basta fare una passeggiata sul corso principale per farsi un’idea. Ma ben altra cosa è la qualità. E per qualità non intendo solo un posto dove si mangi bene ma anche un posto dove ci sia un’adeguata carta dei vini, un servizio all’altezza di un commensale un po’ esigente, un locale che ami la cura dei dettagli. Forse piccole cose ma non guasterebbe che ci fossero in qualche angolo di questo piccolo centro che ha un mare splendido. Mi rassicura solo sentire che qualcosa sta cambiando, che c’è un gruppo di giovani che sta crescendo e sta puntando sulla ristorazione di qualità. Buon segno. Il tempo è galantuomo. E dunque incrociamo le dita per loro e per San Vito Lo Capo.
Altro capitolo, gli alberghi: anche qui dopo 11 anni tantissimi hotel spuntati come funghi ma manca l’eccellenza. E nei migliori, anche in questo caso, non splende l’attenzione per il servizio, per l’accoglienza: prime colazioni poverissime, alberghi senz’anima, personale distratto (più volte ho inutilmente cercato di segnalare la tavola del water completamente divelta). Ma anche in questo caso mi suggeriscono più pazienza: perché anche su questo versante tra un po’ di tempo si dovrebbe vedere qualche raggio di sole. Sui cous cous assaggiati nettamente superiori quelli della seconda serata (tra i quali quello vincente della Costa d’Avorio) piuttosto che quelli della prima. In ogni caso un po’ di attenzione in più alla materia prima utilizzata non guasterebbe. Anche la giuria sarebbe più contenta.
Altre considerazioni: il wine tasting organizzato da Cronache di gusto è stata una bella esperienza. Abbiamo radunato il gotha della vitivinicoltura siciliana e ci siamo divertiti ad assaggiare 10 vini del ’98. Abbiamo deciso di lanciare così un nuovo messaggio (ne parliamo in un altro articolo) affinché i consumatori bevano vini che abbiano una certa longevità. E speriamo che anche i produttori siano più attenti nel fare bianchi e rossi e nel concepirli perché possano durare. Singolare poi che alla fine del wine tasting ognuno diceva la sua sui vini assaggiati. C’è chi diceva buono quello, l’altro meno; poi sentivi un altro commento ed era totalmente opposto. Viva la dialettica. Ma anche, direi, la nostra scarsa educazione al gusto di vini che hanno un certo numero di anni. Insomma, c’è tempo per crescere, tutti.
Infine il Cous Cous fest è una grande occasione per fare pubbliche relazioni, per conoscere colleghi ed addetti ai lavori che hanno fatto del mondo agroalimentare una scelta di vita. Andar per ristoranti con loro, scoprire che li puoi stupire con una tagliata di tonno eccellente, una poesia di Erich Fried, una pizza poco decente. Così è bello ascoltare e parlare, di esperienze professionali e non, tra outing di vario genere, successi senza gloria, cuori in affanno e sogni, delusioni e speranze, Monte Cofano e dolcetti di Erice. Barilline e Farnesine. Ed è meglio fermarsi qui. Viva la vita.