(Claudio Quarta)
di Francesca Landolina
Da biologo a vignaiolo. Sono passati dieci anni da quando Claudio Quarta, pugliese doc, ha scelto una nuova vita. Nel 2005 abbandona il camice e una brillante carriera da ricercatore e da imprenditore farmaceutico per indossare i panni del vignaiolo ed intraprendere una nuova strada, che egli stesso definisce “operazione verità”.
Altro non è che un ritorno alle origini. “Da bambino, aiutavo mio padre a fare il vino e sono stato sempre un appassionato bevitore – racconta-. Poi la carriera, il trasferimento in America, dove ti accorgi come le cose evolvono troppo in fretta, perdendo ogni legame con il passato e la tradizione. Quel vino autentico dei miei ricordi non c’era più. Stentavo a trovarlo. La cultura americana del resto ha inteso il vino per stupire. Ed ecco che sono nati i vini internazionali, quelli “hollywoodiani” per dirla alla Alessandro Baricco. La tendenza a internazionalizzare i vini ha coinvolto anche l’Italia e ci ha portato spesso a fare vini “marmellatosi”, che a volte stancano e che sempre sono privi di anima. Dal bisogno di cambiare la mia vita per tornare alla terra e alle origini, è iniziato un nuovo percorso per me e per la mia famiglia. Siamo tornati a Lecce e da lì è ripartito tutto”.
(Cantina Moros)
Ed in effetti, Claudio Quarta stravolge tutto. Non diventa solo un produttore ma dà vita a qualcosa di più. Le sue cantine incarnano una filosofia, un modo di essere e di ripensare la terra. Il nuovo percorso parte dalla Tenuta Emèra a Lizzano, dove di recente si è svolta una festa della vendemmia rievocata in vecchio stile, chiamata “Lu Capucanale”, con carretti e bambini a pigiare l’uva con i piedi, musica e buon bere.
Varcando la soglia delle cantine di Claudio Quarta, attualmente tre (una a Lizzano, Tenuta Emèra, una a Sanpaolo, a cavallo tra le province di Avellino e Benevento, e l’ultima a Guagnano, Cantina Moros, una masseria rurale dove il tempo sembra essersi fermato) si respira bellezza, arte, tradizione, rispetto per le cose e per il contesto circostante. La caratteristica del produttore è quella di aver scelto territori, per le sue cantine, storicamente vocati alla viticultura.
Sono le terre del Primitivo per Tenuta Emèra; quelle del Fiano di Avellino Docg, del Greco di Tufo Docg, della Falanghina e dell’Aglianico per cantina Sanpaolo; del Negroamaro e della Dop Salice Salentino per Cantina Moros. Proprio in questa cantina è stato appena presentato, giorni fa, il solo e unico vino a cui è destinata. La minuscola cantina, nel cuore di Guagnano, è nata dal recupero di un antico vigneto e di una cantina sociale degli anni ’50, oggi impreziosita dal fatto di essere una piccola galleria d’arte delle opere di Ercole Pignatelli e da un labirinto sotterraneo che custodisce reperti della Magna Grecia.
(Claudio Quarta con la figlia Alessandra)
Nel vigneto di poco più di un ettaro si coltivano solo uve di Negroamaro e Malvasia Nera da cui nasce il solo vino pensato per Cantina Moros: il Salice Salentino Riserva Dop 2012. Lo abbiamo degustato in anteprima. Profondo nel colore con riflessi amaranto, accattivante ed elegante, con spiccate note di vaniglia. Marcato nei sapori di frutta a bacca rossa con sfumature dolci provenienti dal legno. Un vino destinato ad evolvere. “Era il vino che volevo, quello dei miei ricordi. Oggi assaggio la prima annata. Il mio è un percorso che continua. E finalmente grazie anche alla presenza di mia figlia Alessandra in cantina, che segue gran parte delle cose, posso dedicarmi alle vigne e a fare il vignaiolo per vedere evolvere i miei vini e per offrire la verità di questo territorio”.