Lo sfogo di Günther Di Giovanna, vignaiolo a Sambuca. “Collegamenti viari sconnessi, assenza di segnaletica e troppa immondizia. Chi viene qui non ritorna”
(Günther Di Giovanna)
di Francesca Landolina
“Strade del Vino in Sicilia? Chiamiamo le cose con il giusto nome: trazzere o, meglio ancora, mulattiere”.
Sono le parole dure di Günther Di Giovanna, imprenditore dell’omonima azienda vitivinicola di Sambuca di Sicilia, in provincia di Agrigento. Potrebbero sembrare esagerate, ma, secondo l’esperienza dell’imprenditore, corrispondono alla realtà. “Da noi – racconta – arrivano mediamente 300 turisti l’anno, anche d’inverno. Di anno in anno, tuttavia, non vediamo mai gli stessi volti. E la ragione è comprensibile. Temo che si sentano presi in giro. Chi arriva per scoprire la Sicilia, rimane sconcertato. Non ci rendiamo conto del fatto che il loro passaparola negativo ci nuoce. Sappiamo bene che, finita l’esperienza di viaggio, racconteranno e pubblicheranno sui social gli orrori: cumuli di immondizia; strade sconquassate e il caso della Palermo-Catania ne è un clamoroso esempio; assenza di segnaletica che indichino cantine e territori del vino e così via. Alla fine avviseranno gli intenzionati a partire, mettendoli in guardia: ‘Volete andare in Sicilia? Bellissima, ma se vi venisse in mente di visitare le cantine, lungo le fantomatiche 'Strade del Vino', munitevi di fuoristrada e di tanta pazienza ”.
E come si reagisce? “Non si reagisce affatto”. Di Giovanna lancia critiche anche sulla gestione dei finanziamenti europei per il Sud perchè non si comprende se siano destinati ai reali bisogni da colmare o in quegli unici settori che ancora fanno registrare trend positivi per l’economia: turismo e agricoltura.
(Il ponte Scorciavacche sulla Palermo-Agrigento, crollato appena dopo l'inaugurazione)
Intanto dopo i dati del rapporto Svimez sul Sud Italia, ricordati dall’imprenditore, il governo non ha potuto fare altro che dare un segnale e si rincorrono ipotesi di intervento come il Piano di investimenti di 80 miliardi in quindici anni. “Se si continuerà come si è fatto fino ad oggi, non basterà la sola bellezza della Sicilia ad attrarre turisti. Senza una visione, senza orientare le vele, pensando che, comunque vada, tira sempre buon vento, si rischia di fallire. Mi è capitato di sentire proclamare la Sicilia come la California d’Europa – sorride Di Giovanna -. C’è da chiedersi se chi dice tali cose sia mai stato in California o a Bordeaux, se abbia mai attraversato quelle strade meravigliose, pulite, belle e c’è da chiedersi ancora se abbia poi fatto un confronto realista percorrendo le nostre strade del vino. Le differenze sono tangibili. Lì c’è il senso del bello, dell’ordinato, del pulito. Da noi esiste il brutto, il disordinato, lo sporco e il mal curato”.
(Il viadotto crollato a Scillato, sull'autostrada A19 Palermo-Catania)
Quali le soluzioni allora? L’imprenditore ironizza e suggerisce di chiederle a chi viaggia per lavoro e percorre quelle strade, al turista che, dopo essere giunto in Sicilia per scoprire le winery, implora esausto di restare in cantina, rinunciando alla visita dei vigneti di Contessa Entellina, o al camionista che è costretto a perdersi nella strada statale 118, tra i Monti Sicani, intransitabile e pericolosa in molti periodi dell’anno. “Servono investimenti su strade extraurbane, rurali e interpoderali. Strade che esistono già e che non bisogna ricostruire ex novo”.
Grande beffa dunque la storia di vendere l’immagine delle Strade del Vino. Non sono quelle che si aspetta di trovare il turista che ne ha fatto esperienza in altre parti del mondo. “La nostra politica sulla strada del vino fa ridere. Qui il turista viene per curiosità, magari spinto dall’appeal del nome Strada del Vino e poi non ha la possibilità concreta di raggiungere il vigneto”. Senza considerare un altro fatto importante. “A causa delle nostre vergognose lacune, il valore degli investimenti crolla. Chi investirebbe qui? Qualcuno lo ha fatto, ma c’è il rischio che se ne scappi. Del resto come diceva Napoleone senza strade non c’è civiltà”.
(Una frana sulla statale 120, nelle Madonie, uno dei territori più martoriati dall'emergenza strade)
E chi vive e lavora in questa terra? Ci si può organizzare tra privati o è un’utopia? “Inutile pensarlo o farsi illusioni – commenta Di Giovanna -. Qui l’associazionismo non funziona. Bisogna soltanto prendere coscienza e reimpostare tutto, puntando sul turismo, sull’agricoltura, sulle infrastrutture e sui collegamenti aerei con il Nord Europa. Cominciamo dalla denuncia. Rifiutiamoci per il nostro stesso futuro di ricevere risorse per acquistare botti e trattori. Siamo lungimiranti. Che a Bruxelles si tengano soldi destinati allo spreco”. Del resto, aggiunge: “Chi pensa di investire in Sicilia, date queste condizioni, se ne guarda bene. E dire che la Sicilia potrebbe essere ricchissima. Vi si potrebbe vivere e lavorare bene. E invece ci cuociamo nel nostro stesso olio. Mentre una città come New York per esempio è ricchissima e sapete perché? Ha lo stesso numero di turisti dell’Italia. Non può conoscere crisi”. E tornando poi alle problematiche delle Strade del Vino in Sicilia, ironico aggiunge: “Il mio discorso può essere anacronistico, tanto a breve ci muniremo di droni e a che servirà visitare i vigneti?”.