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L'iniziativa

Pino Cuttaia: “Ma quale retrò e stantia, la cucina siciliana è contemporanea”

31 Luglio 2015
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di Daniela Corso

Storie vissute che diventano cibo, rielaborate attraverso la memoria ed utilizzando tecniche a volte innovative a volte intuitive, come i giochi di infanzia nella sua Licata. Quarantatré anni, siciliano di origini, ma piemontese per formazione, due stelle Michelin conquistate in men che non si dica nel suo paese natio, dove decide di fare ritorno, contro ogni logica migratoria tradizionale.

Nei piatti di Pino Cuttaia la tradizione assume la veste nuova di una creatività in continua evoluzione, mostrando una Sicilia nitidamente contemporanea, anche nei giochi di luce di quelle istantanee in bianco e nero a cui rimane affezionato.

“Sono fiero di fare conoscere la cucina siciliana fuori dai confini della mia isola – racconta – com’è avvenuto di recente ad Expo a Milano, ma avverto che persiste un pregiudizio legato ad un’idea stantia di trinacria sempre uguale a se stessa. Tutti sappiamo che la Sicilia è ricca di storia, arte, bellezza e stagionalità, ma tocca a noi artigiani sapere comunicare questi cambiamenti”. L’artigianalità e la sapienza dei gesti è un’altra caratteristica di Cuttaia, più disposto ad esaltare le soddisfazioni del suo lavoro che le fatiche, pur presenti nella quotidianità di uno chef bistellato. “Traggo gioia dall’energia, dalla stima e dall’affetto dei miei clienti. In fondo la mia è una cucina popolare, dove si possono ritrovare sapori familiari in una forma diversa o scoprirne di nuovi in piatti solo all’apparenza riconoscibili”. Come le rievocazioni di passatempi fanciulleschi del merluzzo all’affumicatura di pigna, la suggestione celata nella parmigiana del giorno dopo o l’illusione dell’“uovo” di seppia. “L’illusione e la memoria – continua – si sono evolute nella mia cucina in maniera naturale.

Col tempo ho imparato anche a semplificare e a cercare sapori sempre più nitidi, avendo sempre come punto di riferimento il rapporto con il mio territorio”. Legato maggiormente a sentimenti nostalgici piuttosto che ad iperboli avveniristiche, Pino Cuttaia appare pienamente a suo agio nella cornice di una fulgida Licata, anche se commenta: “A volte mi proietto nella dimensione di un locale in stile bistrot parigino, ma è ancora un pensiero immaturo che necessita di una dose di incoscienza e di un po’ di coraggio. Nella mia terra ho tutto ciò che mi occorre per vedere nitidamente il mio progetto: il tempo, l’energia e la libertà”.
 
Ristorante La Madia
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