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Scenari

Agromafie, un giro d’affari da 4,3 miliardi

08 Giugno 2015
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La mafia a tavola: il business dell'illegalità gastronomica, che aggredisce il made in Italy, conta su un giro di affari che vale 4,3 miliardi di euro, registrando un incremento dell'840% rispetto allo scorso anno.

Questa la fotografia di un nuovo fronte della criminalità ambientale scattata da Legambiente che anticipa, in occasione di FestambientExpo all'Expo a Milano, i dati sulle ‘agromafie’ contenuti nel prossimo rapporto annuale Ecomafie 2015.

Uno scorcio di illegalità che nell'agroalimentare vede consumarsi più di 21 reati al giorno: in tutto 7.985 le infrazioni penali accertate nelle varie filiere agroalimentari, con 14.917 denunce penali e 126 arresti, a fronte di quasi 200 mila controlli effettuati dalle forze dell'ordine, e il sequestro di beni per un valore stimato di oltre 3,6 miliardi (cifra che schizza a più di 4,3 miliardi se si aggiungono anche il valore delle sanzioni e i contributi illeciti percepiti).

I dati di Legambiente sulla filiera illegale nell'agroalimentare nel 2014 fanno registrare “un'impennata d'affari” ‘sporchi’ pari a “otto volte (4,3 miliardi) la cifra dell'anno precedente, che oscillavano intorno ai 500 milioni di euro”. A spartirsi la torta ci sono “ben 30 clan mafiosi”; e seduto a tavola c'è “il gotha delle mafie: dai Gambino ai Casalesi, dai Mallardo alla mafia di Matteo Messina Denaro, dai Morabito ai Rinzivillo”. Una vera e propria “scalata mafiosa” che “spesso approda nella ristorazione, dove gli ingenti guadagni accumulati consentono ai clan di acquisire ristoranti, alberghi, pizzerie, bar”, trasformandoli in “posti ideali dove ‘lavare’ denaro e continuare a fare affari”.
Ma a ‘mangiare’ non ci sono solo i clan, spiega Legambiente: basti pensare allo “spaccato di un'imprenditoria truffaldina e pericolosa” pronta “a calpestare ogni legge” pur di lucrare.

Ed è così che la fila si allunga di “un vasto campionario di contraffazioni, adulterazioni, sofisticazioni, che colpiscono soprattutto i marchi a denominazione protetta, vanto dell'enogastronomia di qualità”. Tanti sono infatti anche i reati nel settore della commercializzazione e lavorazione dei prodotti ittici: sono stati 5.934 che hanno portato a 353 denunce penali e al sequestro di prodotti per 31,6 milioni, a 949 strutture chiuse e sequestrate, a più di 291 milioni di capi e confezioni sequestrate. Il numero più alto di denunce penali riguarda il settore carni e allevamenti (761), seguito dalla ristorazione (751), latte e derivati (447), farine, pane e pasta (393). Cresce anche l'illegalità derubricabile sotto la voce ‘frodi all'Unione europea’, con 65 infrazioni penali e 3 mila denunce penali (i controlli nel 2014 sono stati oltre 8 mila).

“Abbiamo il dovere di impegnarci per liberare il cibo dalla presa criminale e dal malaffare – ha dichiarato all’Ansa Rossella Muroni, direttrice nazionale Legambiente – Le organizzazioni criminali sono tornate forti e sono tornate alla terra. E spesso a pagare siamo noi, in termini di salute, ma anche di denaro. Occorre aprire una stagione nuova del cibo e dell'alimentazione”.

C.d.G.