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L'evento

Enovitis ed il vino biologico: “Ma quale dopo lavoro. Un settore che vale 2,5 miliardi di euro”

05 Giugno 2015
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da Marsala, Francesca Landolina

Per la prima volte Enovitis, la manifestazione dedicata al mondo del vino, si è svolta in una regione del Sud Italia.

Per la kermesse è stata scelta la Sicilia. Scelta appropriata, visto che il tema di quest’anno è stato la produzione biologica e la Sicilia con i suoi 25.000 ettari destinati a biologico e una produzione di oltre un milione di quintali di uva rappresenta un vero punto di riferimento.

Al Baglio Biesina di Marsala, un angolo di verde circondato da filari di viti, il bio-palcoscenico dove si è parlato di vino biologico a 360 gradi.
Antonio Giuseppe Parrinello, capo di gabinetto dell’assessorato siciliano all’Agricoltura: “Come Regione abbiamo creduto subito in questa iniziativa. Questo era il luogo del vino più famoso al mondo, il Marsala. Ed è da qui che si riparte. Vogliamo che diventi il polo di eccellenza della viticoltura mediterranea. Faremo qui un'università del vino Mediterraneo”.

“Toglietevi dalla testa che il bio sia un dopo-lavoro – dice senza mezzi termini Roberto Pinton, Assobio ai viticoltori presenti -. Stiamo parlando di un settore da 2,5 miliardi in Italia. Con una crescita del più 16% nei primi 4 mesi del 2015. Soprattutto nel settore specializzato”.
Il vino biologico, però, non è tra i prodotti bio più venduti in Italia e le vendite rimangono concentrate prevalentemente al Nord Italia.
“Dal 2000 ad oggi la superficie vitata è diminuita ma non quella biologica, che è cresciuta – dice Pinton -. Però, le vendite sono in crescita ma nella Gdo non è un dato rilevante. Oggi sono solo i piccoli ad orientarsi al biologico e poche grandi come Frescobaldi e Ferrari. In questo caso si può ipotizzare un interesse non certo rivolto ai Programmi di sviluppo rurale”.

Secondo Pinton, la Sicilia, con i suoi 25.000 ettari dovrebbe riempire gli scaffali del mondo. “Sfruttate le vostre potenzialità – dice -, se non ambite solo a vendere vino sfuso o uve a pochi centesimi. Cercatevi i consumatori ed i paesi che vogliono biologico”.

Cristina Micheloni di Aiab, affronta la revisione del regolamento dell’Unione europea sulle vinificazioni bio. “Tra i motivi veri di questa revisione – dice Micheloni -, il compromesso perchè gli stati membri continuino a seguire i vini bio e la crescita continua anche in zone che scelgono il bio per motivi commerciali. Basta citare la Francia. Alcune limitazioni vanno tenute come il mosto concentrato rettificato e i trattamenti termici, senza limite della temperatura massima. Un male minore sono i solfiti, almeno per il momento. Sulla solforosa, si è chiesto di tenere una banca dati dei vini prodotti nei due anni passati e nei prossimi per poter fare una valutazione in un secondo momento. Ad oggi non ci sono indicatori per trarre conclusioni. Si va a spanne”.
Per Enzo Mescalchin, della fondazione E.Mach, “le motivazioni che spingono al bio sono tante. Chi sceglie di fare bio fa già vino di qualità, ha attenzione al suolo, e non pensa al business in primo luogo. Di solito chi comincia a produrre biologico non cambia strada”.

Ma Enovitis è stata l’occasione per dimostrare un nuovo concetto di territorialità legato al biologico. Due esempi: il primo toscano spiegato da Amelia Perego; il secondo siciliano, illustrato da Alfio Furnari, con due prove di bio distretto in Sicilia, Etna e Eolie.

Amalia Perego della Stazione Sperimentale Viticoltura Sostenibile di Panzano in Chianti, un ente che dalla sperimentazione alla consulenza tecnica fino alla divulgazione affianca produttori a sostegno del biologico, spiega quello che succede a Panzano in Chianti: “Ci sono 600 ettari di superficie vitata, il 90 per cento è bio. Dal 2005 al 2015 la qualità e migliorata e non è aumentato il costo rispetto al convenzionale. È aumentata l’imprenditorialità. Sono molti i benefici salutistici, ovviamente, apportati al territorio stesso. I produttori hanno cambiato il loro approccio di vendita e vendono territorio non singoli vini biologici. L’obiettivo è quello di allargare il bio-distretto per arrivare a coprire il Chianti”.

Mentre Alfio Furnari, di Aiab Sicilia coordina due nuovi distretti siciliani. “Sono nati nel 2000 per fare una agricoltura territoriale, che accorcia la filiera produttiva. Sull'Etna, Aiab ha creato una rete di trasformazione dei prodotti in mano ai produttori, per offrire al turista che viene in visita sia prodotti che turismo. Ora stiamo lavorando per creare una cooperativa di tecnici volti al biologico. Stiamo creando sviluppo sostenibile e fattorie sociali, per cibo buono che viene dalla terra buona”.